Il governo del rinvio a settembre, l’esecutivo di larghe intese che scansa i problemi dell’Imu e dell’Iva, che rimanda la questione dei conti pubblici e delle grandi riforme, sta rianimando le opposizioni.
Mentre Enrico Letta galleggia inerte, gli avversari delle larghe intese, pur senza troppa fantasia, cominciano a colpire nel segno. Adesso sorridono, e respirano sia il Movimento cinque Stelle sia Sel, i due partiti che dall’incoronazione di Letta al soglio di Palazzo Chigi sembravano invece boccheggiare. Così oggi sul Corriere della Sera persino Giorgio Napolitano, il presidente della Repubblica regista e contrafforte della grande coalizione, si è fatto trascinare in una risposta a Fausto Bertinotti, il vecchio leader di Rifondazione comunista che martedì lo accusava di aver congelato il sistema democratico, bloccato il quadro politico, sfidato niente meno che la Costituzione e financo le regole della fisiologia parlamentare. “Lei non può congelare d’autorità una delle possibili soluzioni al problema del governo del Paese, quella in atto, come se fosse l’unica possibile”, ha scritto Bertinotti, “come se fosse prescritta da una volontà superiore o come se fosse oggettivata dalla realtà storica. Lei non può, perché altrimenti la democrazia verrebbe sospesa”.
Nella sua replica, non obbligata da nessuna particolare regola d’etichetta istituzionale (nemmeno nei confronti di un ex presidente della Camera come Bertinotti), Napolitano ha sostenuto che l’alternativa non esiste, che «il voto anticipato è una patologia italiana», e ha dipinto scenari inquietanti, rafforzati da un editoriale di Ferruccio de Bortoli, nel caso in cui il governo dovesse crollare sotto il peso delle tante contraddizioni che nella stanca estate del 2013 sfibrano un’Italia sempre più povera.
Ma, con la sua risposta, il Capo dello stato ha pure confermato una debolezza, la stessa che ormai da qualche settimana ha ringalluzzito le forze che si oppongono alle larghe intese. Bertinotti è riuscito a stanare Napolitano, a portarlo sul suo terreno dialettico, ha spinto il capo dello stato, contrafforte e gran consigliere di Enrico Letta, a difendersi, a giustificarsi persino. Nelle ultime settimane, più per l’irresolutezza altrui che per proprie virtù, ai grillini e a Sel è ormai riuscito d’imporre l’agenda politica alla stranissima maggioranza e all’Italia intera. I due gruppi parlamentari, in mancanza di proposte di legge e di azione politica veramente alternativa al governo, hanno avuto la capacità di condizionare e d’inclinare a proprio (tattico) vantaggio, il dibattito pubblico.
Due esempi: la mozione di sfiducia che venerdì non ha travolto Angelino Alfano, ma lo ha evidentemente azzoppato con l’effetto collaterale d’aver anche fatto esplodere ancora le polemiche dentro il Pd, è stata una mossa delle opposizioni. E Il colpo è andato a segno, oggi Alfano, il vicepremier di Letta, è debolissimo, mentre anche Emma Bonino, il ministro degli Esteri, traballa. Così com’è stata una mossa delle opposizioni – adesso impegnate in un meccanica di ostruzionismo parlamentare – il dibattito sull’omofobia che in queste ore divide al loro interno tanto il Pd quanto il Pdl. Con effetti destabilizzanti, che confermano la confusione e la neghittosità del governo e della stranissima maggioranza che lo sostiene.
Su Il Giornale diretto da Alessandro Sallusti oggi campeggia in rosso un inquietante conto alla rovescia: – 6. Meno sei giorni alla sentenza che deciderà del destino di Silvio Berlusconi nel processo Mediaset. E s’intuisce dunque che questo di Enrico Letta è ormai un governo in attesa di giudizio, un esecutivo che galleggia in balia di un opposizione incapace di esprimere contenuti e proposte, ma che pure è resa fortissima dall’inazione di una maggioranza che non dà più alcun segno d’attivismo riformista, ma sembra soltanto attendere in surplace l’esplosione della fatale sentenza, con tutto quello che ne potrebbe conseguire.
Sarà un caso, ma anche no: Ezio Mauro, il direttore de la Repubblica, che oltre a essere un gran giornale è anche un grande e solido partito di centrosinistra, oggi evoca la riforma della legge elettorale, e quindi le elezioni anticipate.
Twitter: @salvatoremerlo