A Nazarbayev, il presidente padre-padrone del Kazakistan, non poteva andare meglio che un governo di larghe intese in Italia, con l’unione «virtuosa» tra centrodestra e centrosinistra, tra Popolo della Libertà e Partito Democratico con a capo un ex Dc come Enrico Letta. Perché i rapporti di« amicizia» del presidente kazako, che viene in Sardegna a passare le vacanze, spaziano dal Pdl di Silvio Berlusconi al Pd di Romano Prodi, fino a Sel di Nichi Vendola, governatore della Puglia che in questi giorni accusa il governo di essere stato complice di un «dittatore» nell’espulsione di Alma Shalabayeva e la figlia di 6 anni: peccato che Vendola nel dicembre del 2011 festeggiasse proprio l’indipendenza del Kazakistan a Bari con l’ambasciatore Almaz Khamzayev e il solito codazzo di imprese al seguito.
In mezzo, appunto, c’è un’intensa attività economica – culturale, dalle grandi e piccole aziende impegnate nell’ex repubblica sovietica, da Eni e Finmeccanica fino a Italcementi o alla Bonatti di Paolo Ghirelli, presidente della Camera di Commercio Italo-Kazaka. E poi ci sono i cantanti come I Ricchi e Poveri o Albano Carrisi o Toto Cotugno, che si è spesso augurato che il Kazakistan entrasse nell’Unione Europea, o come Pasquale Caprino, in arte Sol Pascal, cantautore napoletano tra i più venduti ad Astana e che Mtv ha celebrato con la trasmissione Pascalistan. Persino nel calcio esistono rapporti, con il 17enne Adil Balgabayev che nel febbraio di quest anno è stato in prova nell’Hellas Verona.
Che questa intesa o rapporto proficuo possa aver favorito la «rapida» deportazione dall’Italia della Shalabayeva, moglie del dissidente Ablyazov, non è dato saperlo. Di certo Nazarbayev – sotto controllo del parlamento europeo e dell’associazioni internazionali per presunte violazioni di diritti umani da decenni – il risultato l’ha ottenuto. Anche perché il dittatore kazako pare far valere i suoi diritti in maniera molto convincente.
Chissà se la scorsa settimana, durante l’incontro per celebrare Beniamino Andreatta, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano o il premier Enrico Letta non abbiano scambiato anche due parole sul Kazakistan con Tiziano Treu, giuslavorista di fama, ex ministro del Lavoro e dei Trasporti dei governi Dini e D’Alema. Perché proprio Treu? Perché l’amico di una vita di Romano Prodi (erano insieme al collegio Augustinianum, ndr) è da circa 7 anni a capo del consiglio di cooperazione tra Italia e Kazakistan: nel gennaio del 2013 ha inaugurato insieme all’allora presidente della Confindustria Veneta, Andrea Tomat, il consolato onorario kazako a Venezia.
«Un brutto affare» commenta Treu a Linkiesta in merito all’espatrio poi annullato di Alma Shalabayeva. «Sono rimasto scioccato, ma non ho elementi per commentare. Il Comitato si riunisce poco e si è sempre dedicato a favorire l’inserimento delle piccole e medie imprese in Kazakistan: tutto qui». Persino Pier Luigi Bersani, ex segretario del Pd, ha avuto rapporti con il paese di Nazarbayev. Mentre era europarlamentare, dal 2004, fu componente della delegazione alle commissioni di cooperazione parlamentare tra Unione Europea e Kazakistan. Berlusconi ha un rapporto molto stretto con il dittatore kazako, i due si sono spesso fatti fotografare assieme, ma Lamberto Dini prima, Massimo D’Alema poi e Romano Prodi non sono stati da meno.
Il primo presidente della Repubblica italiana a fare visita a Nazarbayev è stato Oscar Luigi Scalfaro, nel maggio del 1997. Lo stesso Nazarbayev è stato diverse volte in Italia: governi di centrodestra e centrosinistra non hanno mai cambiato di molto i protocolli. Prodi ha effettuato ben due visite ufficiali, una sempre nel 1997, l’altra dieci anni dopo, quando nell’ottobre del 2007 sbarcò ad Astana insieme, oltre che con l’allora ministro del Commercio Estero Emma Bonino, insieme con Luca Cordero di Montezemolo, all’epoca presidente di Confindustria, Alessandro Profumo, all’epoca ad di Unicredit. E poi con Carlo Pesenti di Italcementi, Pierfrancesco Gurguaglini ex presidente di Finmeccanica fino ad Alessandro Garrone con la sua Erg.
Del resto, basta guardare chi sono i sostenitori della Camera di Commercio Italo Kazaka per capire che i rapporti commerciali e istituzionali di Roma e Astana spaziano a tutti i livelli, tra soci sostenitori e soci ordinari, da Banche Popolari Cooperative fino a ad Assolombarda. (leggi qui) La visita del 2007 fece da preambolo per le trattative fra Eni e la Kazaka KazMunaiGas per i giacimenti di Kashagan, con tutto il codazzo di polemiche che ci portiamo dietro da allora per i nostri interessi nel settore energetico e petrolifero. Durante quell’incontro era presente anche il compianto Angelo Rovati che, da poco travolto dallo scandalo Telecom, fu appunto nominato esperto di Kazakistan: aveva lì un azienda di catering. Celebre la frase con cui Prodi commentò quella spedizione: «Caldi rapporti con il Kazakistan, anche perché l’Italia stia al caldo».
Anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che non ha ancora commentato la vicenda kazaka, è (stato) un estimatore di Nazarbaev. Lo ha ricevuto nel novembre del 2009 elogiando l’allora presidenza dell’Ocse e spiegando che il Kazakistan «è un Paese esempio e specchio di tolleranza, di moderazione e di convivenza pacifica». L’ultimo ministro a fare visita a Nazarbaev è stato quello della Difesa Giampaolo di Paola nel febbraio del 2013. Ma nel 2012 Mario Monti ci andò sia in marzo sia in aprile ad Astana, per un duplice incontro con primo ministro Karim Massimov. Insomma come ha cantato spesso Toto Cotugno, spesso proprio di fronte a Nazarbayev, «sono un italiano, un italiano vero».
«Le autorità italiane devono assicurare che vi sarà un pieno accertamento dei fatti, inclusa ove necessario l’apertura di procedimenti penali, per ogni violazione dei diritti umani delle due persone espulse – dichiara intanto John Dalhuisen, direttore del Programma Europa e Asia centrale di Amnesty International – Solo in questo modo potrà essere messa da parte ogni accusa di collusione con le autorità del Kazakistan. L’annullamento dell’ordine di espulsione è un piccolo passo avanti in una vicenda che richiede trasparenza e assunzione di responsabilità a ogni livello da parte delle autorita’ di polizia e di governo – sottolinea Dalhuisen – È grottesco che una donna e sua figlia siano state portate in tutta fretta su un aereo privato, senza un giusto processo, e inviate in un Paese dove sarebbero state a rischio di persecuzione».