Come fanno i blogger a fare soldi? Si potrebbe obiettare che i blogger tipicamente mettono tempo denari e fatica nella cura del loro sito senza aspettarsi una remunerazione. Ma il fatto di non avere introiti ora non significa che non ve ne saranno in futuro: anzi, una strategia che consiste nel diffondere contenuti gratis ora potrebbe anche servire per creare una base consistente di lettori affezionati, che in futuro potranno pagare o costituire una platea sufficientemente attrattiva per gli inserzionisti pubblicitari.
La questione principale è però un’altra: che la vita è crudele, e quasi automaticamente crea vertiginose disuguaglianze. La maggior parte della ricchezza è in mano a pochi individui, la maggior parte della popolazione vive in poche grandi cittò, la maggior parte dello spazio in valigia è occupato da pochi grandi oggetti. Si chiamano leggi di potenza e – per i più martelloni – qui trovate un interessante paper di Xavier Gabaix sull’argomento.
Le leggi di potenza si applicano anche alla distribuzione delle cliccate sui diversi blog, anche per quelli che stanno sotto lo stesso cappello. Qualcuno potrebbe ricordare che i blogger che scrivevano gratuitamente per l’Huffington Post chiesero un risarcimento di circa 100 milioni di dollari quando Arianna Huffington vendette il sito ad America OnLine (AOL): i blogger volevano farsi pagare ex post per le cliccate create dal loro gratuito lavoro di blogger. Si dà però il caso che un giudice dello stato di New York ha recentemente rigettato la loro causa: i blogger sapevano di scrivere gratis.
Supponiamo pure che i blogger debbano essere pagati per il loro contributo al valore dell’Huffington Post. Qui entrano esattamente in gioco le leggi di potenza di cui dicevo sopra: il famoso Nate Silver, che ha previsto con esattezza l’esito delle ultime elezioni presidenziali USA stato per stato, in questo pezzo mostra come innanzi tutto la maggior parte delle cliccate vada sugli articoli pagati e non sui blog. Quindi il contributo percentuale dei blogger al successo complessivo dell’Huffington Post è relativamente piccolo. Non solo: la distribuzione delle cliccate tra i diversi blog è molto diseguale, per cui la maggior parte dei blog ha pochissime cliccate e dunque vale poco.
La torta di ricavi a disposizione di blogger competenti è dunque piccola? Il dato fondamentale non è la piccolezza della torta, ma il fatto che la maggior parte dei ricavi vanno o andranno alle superstar del mercato, ad esempio i blog economici come Freakonomics di Levitt e Dubner e Marginal Revolution di Cowen e Tabarrok. Che dire del caso italiano? Mi sembra importante l’elemento della carriera futura dei blogger, che si innesta con il tema per me nevralgico della gerontocrazia imperante a casa nostra. I blogger più bravi – ad esempio in tema economico – a mio parere sono molto più informati e scrivono molto meglio degli editorialisti della carta stampata, che sono comunque pagati di più e tipicamente sono più vecchi.
Ecco i ricavi aggiuntivi per i blogger più bravi: i direttori dei giornali potrebbero tranquillamente rottamare editorialisti vecchi e spompi e sostituirli con blogger svegli, meno cari degli editorialisti di cui sopra e capaci di scrivere con estrema naturalezza sia per il web che per la carta. Ho il tremendo sospetto che ciò, oltre a giusti ricavi aggiuntivi per i blogger, porterebbe profitti positivi per i giornali.
Twitter: @ricpuglisi