Nadia Jelassi, artista di Tunisi nel mirino dell’estremismo e del potere giudiziario tunisino, parla pacata e misura le parole. L’anno scorso una sua controversa opera sollevò un polverone. Quelle teste velate circondate da pietre durante un’esposizione avevano attirato l’attenzione di alcuni gruppi di salafiti. Un uomo aveva scattato una foto all’opera e aveva chiesto venisse rimossa. Poi era tornato con altre persone a dargli manforte. Le proteste per quell’opera si erano diffuse, poi trasformate in disordini e scontri. E c’era stato pure un morto. Nadia Jelassi fu accusata di aver provocato i tumulti. Rischia fino a 5 anni di carcere. Dopo una lunga pausa è tornata nel suo atelier per lavorare e creare.
Nadia, iniziamo dalla odissea giudiziaria a cui lei è sottoposta.
Ha ragione a chiamarla “odissea” perché è veramente lunga. Dalla fine di agosto dell’anno scorso nulla è cambiato: sono sempre sotto istruttoria, il giudice non ha chiuso il caso, e io non so assolutamente che cosa succederà. Quindi sono in attesa, e tutto ciò è molto inquietante perché da un momento all’altro può accadere di tutto, possono convocarmi domani, o tra un mese. Io francamente spero che finisca presto perché ho veramente bisogno di avere una agenda chiara, devo sapere se dovrò sottopormi ad un processo o no. Non voglio più essere a disposizione della giustizia. Dunque, il giudice deve assolutamente prendere una decisione, sia se dovrò essere processata, e in quel caso saprei cosa fare, cioè mi difenderò, sia se chiuderà il dossier.
Ha ricominciato a lavorare?
Sì, fortunatamente. Dopo lo shock e il lavoro di esposizione mediatica quasi obbligatorio, ho fatto fatica a rimettermi, ma ora va meglio mi sono reinstallata nel mio atelier, ho cominciato una nuova tappa nel mio lavoro, e questo mi ha permesso di tenere botta, perché con quello che succede nel mio Paese, senza il mio lavoro, non so se sarei riuscita a resistere.
Questa odissea giudiziaria in qualche modo condiziona il suo lavoro ora? Dopo la sua opera, con le teste velate circondate da pietre, ora si sente condizionata nel processo creativo?
Nel processo creativo quella storia è una piccola parentesi nella mia vita. Prima di lavorare sul velo e le questioni relative al velo ho lavorato su altre cose e ho sempre dato il massimo. ora sono passata ad altre cose: ora sto lavorando sulle finestre, sulle aperture, per il bisogno di aprirsi ad altre cose, eccetera. Questa storia del velo non vorrei che mi restasse incollata per sempre. Io sono prima di tutto un’artista, e non ho bisogno di etichette per la vita, quindi ho bisogno di passare ad altre cose…
Ha parlato di “finestra”: la società tunisina ha bisogno di finestre, o magari di porte? Mi spiego: ha bisogno di essere più aperta? O che qualcuno possa entrare da quelle porte, da quelle finestre, per aiutare, o solo per interessarsi alla situazione tunisina: che cos’è “la finestra” adesso per la Tunisia?
Posso dire che la Tunisia in generale ha sempre avuto delle finestre aperte su di sé e su quello che succede nel mondo. La storia è lì per dirlo. Non siamo mai stati nella nostra storia un popolo chiuso agli altri, dunque possiamo avere delle finestre, e abbiamo ugualmente aperto molte porte per quelli che sono venuti da fuori, compresi gli italiani nel 19° secolo venuti dalla Sicilia. La finestra è uno spazio molto interessante: può essere aperta o chiusa e poi è uno spazio che dà accesso all’altro e può essere uno spazio per sognare: posso mettermi ad osservare chi passa dalla finestra, posso pensare ad altre cose e dunque è molto importante. E’ un oggetto aperto e chiuso, molto ambiguo, ma allo stesso tempo aperto su qualsiasi cosa possibile. Simbolicamente, riassume anche la situazione contemporanea: siamo ancora in un tempo in cui nulla è precluso definitivamente, niente è aperto definitivamente, dunque noi siamo in attesa di qualcosa. Anche se noi stessi siamo anche attori, non ci accontentiamo solo di aprire le finestre. Io agisco nel mio quotidiano, nel mio lavoro, quando devo manifestare, io manifesto per esprimermi. Ma l’oggetto-finestra a mio avviso traduce simbolicamente la situazione attuale.
In attesa di una nuova Costituzione, adesso si può aprire o chiudere delle grandi finestre nel paese: che cosa pensa di questo progetto di Costituzione?
Dopo aver letto la versione in arabo e poi la versione in francese, e dopo averne discusso con qualche amico e ascoltato l’opinione di politici e giuristi, penso che esista ancora qualche articolo abbastanza ambiguo, troppo ambiguo per una Costituzione. Per esempio l’articolo 6, che afferma una cosa e il suo contrario: cioè lo stato non può essere allo stesso tempo garante di libertà di coscienza e di espressione, e allo stesso tempo protettore di ciò che si chiamo “il sacro”. “Il sacro” che cos’è: è qualcosa di molto ambiguo a sua volta. Nessuno può dire: ecco, questo è sacro, al contrario posso dire questo è un posacenere di tal forma e tal colore . Non è una cosa che si può definitivamente individuare e conoscere, dunque l’articolo numero 6 è molto ambiguo, non so come possa essere votato e come possa essere tradotto successivamente per la legge. Stessa cosa per l’articolo 145: l’articolo definisce cosa accadrà dopo l’accettazione della Costituzione. Sarà ancora un periodo di transizione, riguardo alla Costituzione e ai testi che verranno creati in seguito per concretizzare gli elementi della Costituzione. Questo articolo definisce anche la creazione di una Corte Costituzionale, ma le proibisce di dichiararsi sull’uniformità della legge alla Costituzione e questo è completamente aberrante. Questa ambiguità mi fa molta paura. Spero che il passaggio di questo progetto e la discussione pubblica di questa Costituzione porti a nuove modifiche.
Nelle ultime settimane ci sono stati due casi di personaggi pubblici che sono stati arrestati: abbiamo un rapper, El 15, e una giovane femminista: Amina e il rapper sono il segno di un passato che ritorna?
Io faccio una differenza tra Amina e Weld el Quinze, perché Amina è stata arrestata per aver “profanato” un cimitero, questa è anch’essa un’interpretazione; lei ha solo scritto con una bomboletta nera il nome “Femen” sul muro di un cimitero abbandonato,dunque si può parlare di profanazione? Non ha violato una tomba, non ha quindi “giocato” con quel simbolo. E’ stata subito arrestata dopo questo e poi è ancora in prigione, ad oggi deve affrontare un processo, quindi vedremo cosa succederà. Spero che venga rilasciata perché francamente tutto ciò lo trovo ingiusto. Di contro, il rapper è già stata giudicato e rapidamente. Dunque, è stato già giudicato perché, perché ha diffuso tramite YouTube una canzone che parla della polizia e li paragona a dei cani e per questo è stato condannato a due anni di prigione. E’ una condanna chiara e netta, per me non a norma di legge, è più che altro una condanna esemplare per zittire i giovani e altri rapper e tutti coloro che vogliono criticare la polizia. E qual è il problema della polizia in Tunisia? Che a quel livello non ci sono più state riforme. La polizia è stata al servizio di Ben Ali, ha esercitato molte ingiustizie, è molto odiata dai giovani, e non c’è stata nessuna riforma. Mentre la situazione del Paese è cambiata: c’è tutta questa aspirazione alla libertà di espressione, e allo stesso tempo tutto un apparato giuridico a livello di articoli, di strutture che spingono indietro. Dunque io non posso che condannare questa condanna di due anni. Certi sostengono che se lo merita perché è stato provocatorio, eccetera. Ma è comunque molto grave perché anche in Francia si diceva della Polizia che erano nazisti, si urlava “poliziotti SS” negli slogan ed era una cosa grave. Spero che in sede di appello si ricredano su questa condanna veramente ingiusta. Si può criticare lo slogan, si può condannare simbolicamente a dei lavori per la collettività pubblica, ma due anni, per due anni sarà insieme a criminali, veri criminali. Un giovane che non ha fatto altro che esprimere la sua idea e la sua paura, vera, per la polizia, perché la polizia in Tunisia non è mai stata tenera, né con i giovani né con gli oppositori, e non è mai stata riformata. Si vorrebbe fosse riformata, ma il problema è anche politico: sono sempre le stesse persone, gli stessi regolamenti, gli stessi strumenti senza controllo eccetera… Sono molto dispiaciuta per lui e spero anche per Amina che sarà rilasciato. Quindi io dico: free Amina e free Weld el 15. Ad alta voce.
Le donne tunisine hanno bisogno di Amina?
Sinceramente non lo so. Quello che so è che adesso c’è una grande parte di giovani che
hanno dei comportamenti e una cultura molto differenti dai miei. I politici al governo e quelli all’opposizione non riescono a capirlo, non riescono a comprendere questa nuova gioventù che sta cambiando, che ha delle idee e dei comportamenti diversi. La Tunisia è un Paese molto eterogeneo e quella gioventù è talmente varia che non si sa come si comporti. Non ci sono studi sociologici sull’esasperazione di questi giovani. Tra i tunisini, si possono trovare delinquenti, assassini, rapper lesbiche, degli omosessuali, di tutto. Ma ci si rifiuta di vedere tutto ciò. Dunque per lei me rappresenta perfettamente una parte della gioventù tunisina attuale, e ha il diritto a vivere come tutti. anche se lei rappresentasse solo 500 tunisini, avrebbe diritto di espressione. E poi, si ha sempre diritto di criticare, come hanno criticato le Femen all’estero. In ogni caso lei non ha fatto “azioni” come a Parigi o altrove: ha fatto delle fotografie a seno nudo e le ha pubblicate su Facebook, ma immagini di quel tipo – e sta qui l’ipocrisia – vengono viste a migliaia ogni giorno. Lei non ha fatto altro che scrivere la parola “Femen” su un muro, quindi non si è denudata, non ha fatto nessun tipo di azione in pubblico come le altre, dunque non si è attivata come le tre Femen davanti al tribunale. Quindi c’è realmente differenza: se deve essere giudicata, lo deve essere per ciò che ha fatto. Non ci deve essere un processo alle intenzioni.
Forse un processo contro il mondo che lei rappresenta o vorrebbe rappresentare?
Si un processo contro questa gioventù un po’ turbolenta, ma è così… Io ho la fortuna di lavorare in un posto dove ci sono molti giovani, alla Scuola di Belle Arti, e ci sono ragazzi che sono veramente anarchici, e fino a che non sono violenti non incitano all’odio hanno lo stesso diritto di esistere come tutti gli altri. E’ questo il limite che pongo per le libertà: la non incitazione all’odio, contro il razzismo, sono pochi principi. Anche se “scollegata” da ciò che accade qui, lo dico tra virgolette, Amina ha il diritto di esistere anche lei. Se si guarda la storia di tutti i Paesi, sono le persone che sono un po’ scollegate le più creative, i più produttivi, e che hanno fatto avanzare le cose. Se Einstein avesse applicato le regole della fisica a menadito, non avrebbe scoperto la relatività. E’ questo il punto.