Il Papa: “Essere gay è una tendenza, non una malattia”

L’apertura di Francesco agli omosessuali

Sull’aereo che lo riporta a Roma il Papa lancia il suo nuovo affondo, e questa volta tocca una materia particolarmente delicata per la Chiesa: l’omosessualità. Da comunicatore abile a gestire i rapporti con i media, Bergoglio decide lui quando parlare con la stampa; così ha atteso che il viaggio in Brasile fosse terminato, che i contenuti della sua trasferta in America Latina emergessero nell’opinione pubblica, per poi tornare sulle questioni interne alla Chiesa, quelle che aprono contraddizioni e creano problemi.

In un passaggio significativo del suo dialogo coni giornalisti il Papa ha affermato: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Il catechismo della Chiesa cattolica dice che queste persone non devono essere discriminate ma accolte». «Il problema – ha insistito – non è avere queste tendenze, sono fratelli, il problema è fare lobby: d’affari, dei politici, l dei massoni, tante lobby, questo è il problema più grave, non è essere gay il problema ma fare lobby». Si mescolano nelle parole del Papa diversi temi. In primo luogo Francesco evita di emettere giudizi, condanne o fatwe sugli omosessuali, in questo senso le sue parole costituiscono una novità nell’impostazione del problema, aprono lo spazio a una nuova comprensione da parte della fede cattolica dell’omosessualità e quindi di un aspetto della sessualità umana. Inoltre essere gay, per Bergoglio, è una “tendenza”, cioè fa parte delle possibilità dell’individuo, non è una malattia da curare. Per quanto assurdo possa sembrare bisogna considerare che in settori conservatori e tradizionalisti del mondo ecclesiale questa era una tesi sostenuta. Infine c’è la parola “fratelli”, non è nuova, ma in questo contesto sembra rompere definitivamente alcune barriere ideologiche e culturali.

C’è dietro la risposta di Francesco il famoso tema della “lobby gay” in Vaticano, di cui si è parlato speso negli ultimi mesi. La distinzione che fa il Papa è netta, anche perché la critica viene estesa a tutte le “lobby”, cioè ad organizzazioni legate da vincoli più o meno segreti o inconfessabili, che operano per gestire il potere o per approfittarsi di determinate situazioni. C’è da osservare che questa accezione del termine lobby è molto latina, nel mondo anglosassone “lobby” non ha per forza una valenza negativa, e però è chiaro che nel caso Vaticano era stata usata per indicare un sistema di potere più o meno segreto che operava anche attraverso ricatti e vincoli ti tipo sessuale.

Sull’essere o meno gay c’è un altro aspetto interessante e fondamentale perché faceva parte della domanda che provoca la risposta del Papa. Nelle settimane scorse su diversi media in Italia e in Europa, erano stati pubblicati diversi articoli circa il passato di monsignor Battista Ricca da poco nominato “Prelato dello Ior” dal Papa. Secondo tali versioni Ricca aveva alla spalle diversi episodi di rapporti omosessuali ripetuti quando anni fa svolse servizio diplomatico in Urugay. Sotto questo aspetto specifico il Papa ha spiegato che erano state condotte delle indagini preventive per assicurarsi che la nomina di Ricca non costituisse un problema ma non era emerso niente.

E tuttavia sembra che la vera difesa del monsignore si trovi in un altro passaggio del discorso del Papa che rappresenta un’altra novità importante: «Io vedo – ha spiegato Bergoglio – che tante volte nella Chiesa, fuori di questo caso e anche in questo caso, si vanno a cercare i peccati, di gioventù per esempio, e questo si pubblica». Quindi ha aggiunto: «Non i delitti, eh, i delitti sono un’altra cosa. L’abuso di minori per esempio è un delitto, non è un peccato. Ma se una persona, laica prete o suora, commette un peccato e poi si converte, il Signore perdona». «E quando il Signore perdona – ha affermato Francesco – il Signore dimentica. E questo per la nostra vita è importante: quando noi andiamo a confessarci, e diciamo ‘ho peccato in questo’, il Signore dimentica». «Tante volte – ha detto – penso a San Pietro: ha commesso uno dei peccati peggiori, rinnegare Cristo, e dopo questo peccato lo hanno fatto Papa!».

In sostanza Francesco ammette la possibilità del peccato, implicitamente anche quello di monsignor Ricca, e spiega che però il pentimento e la capacità di cambiare i propri comportamenti sono decisivi. Il paragone è addirittura con San Pietro. Insomma qui viene messa ai margini una visione integralista dell’essere umano, dei suoi comportamenti, e quindi anche dell’omosessualità. Ancora da sottolineare quel riferimento alla differenza fra pedofilia e omosessualità. Potrà anche in questo caso apparire come cosa scontata, ma nella Chiesa fino a poco tempo fa non lo è stato. Anzi, per giustificare in qualche modo il dilagare dello scandalo pedofilia della Chiesa universale, diverse autorevoli voci hanno cercato di mettere in relazione omosessualità e abuso sui minori. Il Papa precisa che questa interpretazione è scorretta. 

Ancora Francesco ha ribadito che monsignor Scarano (il monsignore agli arresti accusato di riciclaggio attraverso lo Ior) non è uno stinco di santo, il che apare come un’ulteriore conferma che il Vaticano, come è stato ripetuto, questa volta sta collaborando con la magistratura. Infine da mettere in luce anche il passaggio su Vatileaks nel quale Bergoglio spiega come Benedetto XVI gli abbia passato per intero le consegne sul caso: «Quando sono andato a trovare Benedetto XVI a Castel Gandolfo, mi diceva: in quella scatola grande ci sono tutte le dichiarazioni e le cose che hanno detto le persone ascoltate dalla commissione di tre cardinali su Vatileaks. Ma il riassunto e le conclusioni, spiegava, sono in questa busta. E qui lui comincia a dire c’è questo, questo, questo…Aveva tutto in testa! Non mi sono spaventato, mai. E un problema grosso eh? Ma non mi sono spaventato». 

Twitter: @FrancePeloso

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