Il Papa argentino che va in Brasile sembra quasi la rappresentazione di un mega derby religioso considerata la storica rivalità – non solo calcistica – che da sempre contrappone i due grandi Paesi dell’America Latina. Eppure l’arrivo di Francesco a Rio de Janeiro nella serata di lunedì 22 luglio per la Giornata mondiale della gioventù (Gmg) che si svolgerà fino al 28 nella metropoli carioca, è atteso come un grande evento di festa e partecipazione popolare. Bergoglio ha indubbiamente conquistato il cuore e le menti dei cattolici latinoamericani mai particolarmente vicini al suo predecessore, se non altro per lo stile e la sensibilità, inoltre non c’è dubbio che l’incontro fra uno de più grandi Paesi cattolici del mondo e il primo Papa del Sud America ha suscitato un entusiasmo generalizzato.
D’altro canto dietro i numeri ancora confortanti – più del 60% dei brasiliani si definisce cattolico – la Chiesa di Roma anche in questa parte del mondo vive una lunga stagione di crisi. Nelle città la fede arretra velocemente senza contare la concorrenza delle chiese e delle sette evangeliche che hanno contribuito a una lunga ritirata del cattolicesimo. Per questo gli episcopati del ‘cono sud’ hanno vissuto come una svolta positiva, tale da rimettere in moto l’evangelizzazione del continente, l’elezione del papa argentino nel marzo scorso. Senza dimenticare che Francesco incontrerà ragazzi e giovani provenienti da 58 Paesi. Tutto bene dunque? Non esattamente.
Questioni diverse s’incrociano fra loro in questa intensa trasferta brasiliana di Bergoglio. Da ultimo è scoppiata la rivolta sociale che ha messo in crisi il modello del Brasile vincente, del Paese che esce dal terzo mondo per avviarsi sulla strada del progresso economico e sociale. Mentre sui campi di calcio con la confederations cup disputata nel giugno scorso si svolgevano le prove generali dei prossimi Mondiali (2014), per le strade centinaia di migliaia di giovani protestavano contro gli sperperi economici dovuti proprio alla grande kermesse calcistica. E che in Brasile la contestazione chiamasse in discussione quell’altra religione laica, il calcio, cui il Paese è pure ‘devoto’, è stato certamente un segnale di cambiamento dei tempi e di crescita civile. Il sommovimento ha scoperto alcuni lati deboli dell’esperienza brasiliana da Ignacio Lula da Silva a Dilma Rousseff. Corruzione, burocrazie insuperabili, ingiustizie sociali ancora forti e forse un messaggio più generale: vogliamo contare di più, non c’è una delega assoluta neanche ai governi progressisti degli ultimi anni. Se del resto è vero che l’esperienza di Lula ha mutato fortemente le condizioni sociali del Paese, molta strada – come si dice – resta ancora da fare e il gigantismo dei super eventi – in Brasile si terranno anche le Olimpiadi nel 2016 – non è stato accettato. Un rallentamento della crescita accanto alle spese enormi per mettere in mostra il nuovo Brasile, sono infine fra i fattori che hanno acceso la miccia della rivolta.
È per questo che c’è stato qualche dubbio anche sull’opportunità del viaggio di Francesco, e del resto il timore che sorgano problemi c’è ancora. La domanda che tutti si pongono è: i giovani scesi in piazza poche settimana fa torneranno a farsi sentire durante la visita del Papa approfittando di una visibilità straordinaria? Tutto è possibile anche se la Rousseff con una serie di misure sociali tampone a favore delle classi più povere è riuscita abilmente a fermare l’ondata di piena della rivolta. E’ assai probabile, poi, che Francesco toccherà durante i suoi interventi i temi del disagio sociale, della partecipazione democratica, della povertà, di un nuovo ordine mondiale non fondato solo sulla finanza globale. I vescovi brasiliani, da parte loro, si erano schierati a favore dei giovani scesi in piazza pur chiedendo la fine delle violenze, e il cardinale di Curia Joao Braz de Aviz, fra i più stretti collaboratori del Papa ha affermato: «non si può ricercare la soluzione dei problemi sociali al di fuori della visione della fede come non può esserci un rapporto con Dio senza un impegno sociale profondo».
Un’altra mossa della Rousseff è stata poi gradita dalla Santa Sede: la presidente brasiliana ha convocato a Rio de Janeiro nei giorni della Gmg tutti i capi di Stato dell’America Latina; forse non tutti potranno rispondere all’invito, ma comunque si tratterà di un super summit continentale, un incontro diplomatico informale di altissimo livello intorno al Papa dell’America Latina. Il tutto per la Chiesa cattolica in tutta l’area si tradurrà in un eccezionale momento di centralità e di leadership dopo lunghi decenni di arretramento.
Il viaggio segnerà probabilmente anche la fine dell’emarginazione per la teologia della liberazione in nome di una ricomposizione, sia pure tardiva, delle diverse componenti che hanno contribuito a costituire la Chiesa latinoamericana nei decenni del post-Concilio. Il Papa visiterà anche una piccola favela di Rio, è del resto in queste realtà che, da tempo, i movimenti evangelici hanno cominciato a sostituire la Chiesa cattolica. La fine delle dittature e l’avvio nell’ultimo ventennio della democrazia in tutta l’area latinoamericana ha in effetti posto nuove sfide anche alla Chiesa di Roma che fino ad ora non sono state del tutto raccolte. Ancora, secondo le voci della vigilia, si ipotizza che il Papa nella cornice degli incontri in programma nella metropoli carioca, annuncerà il grande meeting delle religioni che si dovrebbe tenere a Roma nel corso del prossimo anno. Ha fatto infine scalpore la decisione di Bergoglio di non usufruire dell’auto blindata, fatto che ha suscitato qualche preoccupazione nella sicurezza vaticana e in quella del Brasile.
Dietro di sé Francesco lascia però una curia romana sempre più nella tormenta. La vicenda dello Ior ha mostrato quanto fossero gravi i problemi legati all’abuso di potere e all’illegalità; e se i cascami delle mille lotte interne al mondo ecclesiale e cattolico italiano, con i suoi veleni e la sua autoreferenzialità, proseguono, tutto questo è anche la conferma più evidente di quanto fosse diventata urgente la rottura dello status quo operata dai cardinali con l’elezione di Bergoglio.