Jet privati, la razza padrona smette di volare

Dodicimila gli addetti solo in Italia

Jet privati che atterranno negli annunci di vendita, compagnie di aerotaxi in liquidazione, drastico calo del traffico. E l’aeroporto privato più grande d’Europa, quello di Milano Linate, che finisce in mano argentine. La crisi dei capitani coraggiosi del Made in Italy vista dall’oblò dei voli executive.

Tra gli hangar e gli uffici dell’aviazione generale di Milano Linate e di Roma Ciampino, i ricordi brillano ancora vivi negli occhi di piloti, tecnici e impiegati. Ecco che arriva Don Luigi Verzè, accompagnato dalla sua accolita di amici, pronto a salire a bordo del suo Challenger 604 per un volo diretto in Brasile, nella fazenda di manghi del Pernambuco. E poi Matteo Cambi, il milionario ragazzino delle magliette con la margherita Guru, che fa diventare matti i piloti a zonzo per il jet set del Mediterraneo, salvo poi dimenticarsi di pagare il conto. E ancora Luigi Zunino, Ricucci, Coppola, attori, faccendieri, vip e meno vip, poco importa.

Lo status symbol del potere e del lusso, il jet privato, un tempo riservato a magnati di rango e a grand commis di stato, sembrava a portata di mano di quel successo che poi non era così difficile da agguantare. All’epoca industriali e imprenditori di lungo corso facevano “l’upgrade” dell’aeromobile prediligendo marche francesi o americane al Made in Italy di Piaggio, pur tra i primi tre produttori europei di aerei executive. C’era chi passava al Falcon 2000 (della Dassault) come Natuzzi, Merloni, Benetton, Renzo Rosso. Chi come Della Valle o Gabriele Volpi (l’Abramovic ligure”), inseguivano nel club dei superjet Berlusconi e Del Vecchio acquistando il Gulfstream V, un giocattolo da 55 milioni di dollari, capace di viaggiare da Milano a Tokyo senza soste. Erano gli anni tra il 2005 e il 2007. Sembra un secolo fa. Eppure all’Ata di Milano, che gestisce anche gli scali privati di Ciampino, Venezia e Catania, si respirava un clima da Re Mida.

Oggi che l’Ali Trasporti Aerei, tra i più grandi aeroporti privati d’Europa, con 15mila decolli l’anno solo a Milano, passa di mano, dal gruppo Caltagirone (Acqua Marcia) agli argentini di Corporacion America del miliardario Eduardo Eurnekian (già socio della compagnia Volare, poi fallita), sembra davvero che i nostri capitani coraggiosi siano rimasti a terra.

Nei due grafici lo stato del mercato e l’andamento di ordini e consegne 

Vendesi jet (prezzo trattabile)

«Cinque anni fa un Falcon 2000 usato non lo trovavi neanche a pagarlo quasi come nuovo. Oggi ce ne saranno in vendita una dozzina. Ma chi compra? Si tratta di velivoli che valgono milioni di dollari, a seconda del modello». Un funzionario dell’Enac la sbatte così, addosso, la nuda verità. La famiglia Pesenti, Italcementi, ha ceduto uno dei due aeromobili di proprietà, il Beechcraft. Il velivolo Falcon 2000 dei Benetton, dicono voci di corridoio, sarebbe in vendita. E così quello dei Merloni-Indesit, e pure il Piaggio di Finmeccanica. Per il Falcon 2000 di Natuzzi, come è noto nei guai più dei colleghi, si procede quasi al porta a porta. Gli ultimi contattati sono i Loro Piana, freschi di cessione dell’80% della ditta ai francesi di LVMH, supponendo che abbiano sufficiente liquidità da investire in un nuovo jet.

Super-vip in crisi, o solo gesti d’immagine nei giorni in cui le ristrutturazioni aziendali colpiscono famiglie di lavoratori? Difficile dirlo. «Ma se gli affari non vanno bene, si usa meno l’aereo per fare business e i costi fissi di manutenzione rimangono gli stessi. Qualcuno pensa di alienarlo». Non va meglio in casa della “Berlusconi Airlines”, l’Alba Aerotrasporti che ha chiuso il 2012 con 13 milioni di ricavi e l’ennesimo buco in bilancio da far ripianare agli azionisti, 6,5 milioni di euro. La società del gruppo Fininvest ha posto in vendita l’Hawker 800 (2 mln di valore) «in considerazione della perdurante riduzione del volato», con l’unica consolazione che la flotta – chiuso il contratto di fornitura con Mediaset – aumenta la quota di ricavi (al 55% del totale) da trasporto terzi.

In realtà il mondo dell’aerotaxi è in crisi nera. Colpa della concorrenza di operatori come Net Jet, che vende ore di volo, e si accolla i costi dell’aeromobile, di servizi come Flight Pooling, il volare executive nell’era della sharing economy, ma soprattutto dell’economia in affanno che lascia a terra top manager e vip in genere. L’Air Four della Equinox di Salvatore Mancuso ha abbassato le saracinesche sugli hangar, società in liquidazione, a casa piloti e impiegati. E altri operatori del settore non se la passano meglio. «Siamo tornati indietro di vent’anni. Negli anni Novanta, prima di tangentopoli, l’Italia era il primo mercato d’Europa per jet privati. Ora scendiamo in picchiata», racconta un pilota.

Cabina di pilotaggio di un Falcon 2000s

Piaggio P180-Avanti II in volo

Tutti giù per terra

In Italia non esistono persone fisiche proprietarie di aeromobili. Di norma si intesta un veicolo a una società ad hoc, che entra nel perimetro aziendale, come la Aeradriatica (ex Aermarche) di Indesit, 20 milioni di capitale sociale e 5 addetti. E poi lo si lascia in esercenza a società di servizi di aerotrasporto. Così si scarica l’Iva e si acquista il carburante a prezzi più vantaggiosi. E chi vuole può lasciare a nolo il proprio velivolo quando non lo si usa, tanto per ammortizzare i costi.

La flotta italiana è composta da circa 150 jet privati, gestita da una decina di operatori, Sirio, Eurofly, Alba, Aliven. In Europa la business aviation vale qualcosa come 20 miliardi di euro l’anno, 800 società di gestione e 140 mila posti di lavoro. L’Italia, seppure in declino, stando a un report di Pricewater Cooperhouse, è il quarto mercato del continente, con un giro d’affari di circa un miliardo, 12 mila dipendenti coinvolti e con tratte, come Milano-Roma tra le più trafficate d’Europa.

Milano, da pochi giorni in livrea argentina, mantiene il 23% del totale del traffico, perlopiù destinato a scopo di business e marginalmente al turismo. Ma l’epoca dei superjet sembra in fase di stallo. Nel 2012 il traffico da Milano è calato dell’11%, a Roma Ciampino del 7%. Nei primi sei mesi del 2013 si arriva picchi del 15%. Colpa della crisi? Non solo. Per Fabio Gamba, ceo di Business Aviation, la lobby che fa pressione a Bruxelles sulle istanze di settore «l’Italia è l’unico paese che non ha recuperato terreno, anzi sta addirittura peggiorando i livelli pre-crisi 2007. Questo anche per causa dell’effetto moltiplicatore della tassa sui jet privati».

Slacciare le cinture di sicurezza

“Anche i ricchi piangano”. Nel 2007 Rifondazione Comunista incollava ai muri poster minacciosi: un superyacht sullo sfondo e una richiesta secca al governo: far pagare lacrime e sangue anche i paperoni d’Italia. La tassa è arrivata. Ma 5 anni più tardi e per mano del governo dei tecnici di Mario Monti. L’imposta erariale prevede diverse aliquote, seconda del peso al decollo, ed è estesa anche ad alianti, motogiri e aerostati. «Ecco, i proprietari di mongolfiera hanno pagato 450 euro di tassa. E così anche i piccoli proprietari, quelli degli aerei da turismo». Il presidente dell’Aopa, l’ associazione piloti e proprietari di aerei, Rinaldo Gaspari sceglie la strada dell’ironia amara per descrivere una tassa che avrebbe dovuto racimolare 200 milioni di euro e invece ha portato nelle casse dello Stato appena due milioni. «Non so se la tassa sia la causa dei super jet fermi agli hangar o addirittura messa in vendita. So di certo che ha colpito duramente i piccoli proprietari. Con il risultato che molti si sono tolti dal registro italiano e altri hanno smesso di pilotare la domenica». 

In proposito Gaspari ha presentato un emendamento al ministro dei Trasporti Maurizio Lupi per adottare un modello di tassa simile a quello della nautica. Qualcuno ha provato a sgusciare via scegliere la strada di trust di proprietà esteri. Ma l’operazione non è andata bene. La Guardia di Finanza ha posto le ganasce su 9 aeromobili, fabbricati dalla Cirrus Aircraft, i cui proprietari, accusati di frode fiscale, avrebbero «fatto figurare l’importazione ed il successivo acquisto dell’aeromobile in Danimarca, paese a regime IVA pari zero». Tra gli indagati vi sarebbe anche l’editore milanese Raffaello Cortina. «Ma si tratta di una piccola operazione che colpisce pesci piccoli – spiega un operatore – Gli aerei in questione non valgono nemmeno 4 milioni di euro. E questi escamotage fiscali sono quasi la prassi nel settore».

Nel grafico la variazione del numero di partenze 2010-2011 e il raffronto con il 2012 e la classifica dei primi 10 aeroporti business (2012 su 2011)

Volere Volare

Chi continua a volare senza sosta è Sergio Marchionne, un super-manager che ha più ore di volo di un pilota impiegato su tratte intercontinentali. Fiat dispone di due aeromobili in gestione a Eurofly, Falcon 2000 e Falcon 7X, e anche un elicottero. Sull’autostrada Torino-Detroit si arriva anche a macinare 100 ore di volo al mese, per circa un milione di euro di spese. In casa Eurofly Service, tra gli aeroporti di Torino, Milano, Roma, Ancona e Treviso, sono parcheggiati anche i velivoli di Renzo Rosso, della famiglia Arvedi, Giorgio Squinzi, Giancarlo Giraudi di Kelemata, Maurizio Zamparini, mentre a Milano sostano gli aerei di Pirelli, Moratti, Tronchetti Provera, mentre Patrizio Bertelli di Prada si è accasata negli hangar di Alba di Berlusconi. E in barba alla crisi è tornato sulle nuvole anche Carlo Toto. Nel salvataggio Livingston che ha fatto arrabbiare non poco i vertici di Alitalia, il figlio dell’ex patron di AirOne, Riccardo, ha inaugurato due mesi fa una nuova compagnia executive.

Twitter: @christianbenna

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