Concluse le indagini a Torino da parte del pubblico ministero Raffaele Guariniello. Sarebbero 20 gli indagati, fra cui lo stesso Vannoni, in un’inchiesta portata avanti dalla procura piemontese. Altri 12 indagati avevano già ricevuto la notifica di chiusura delle indagini ad agosto del 2012. Oltre al presidente di Stamina Foundation, sarebbero indagati anche manager e medici che avrebbero aiutato il metodo Stamina ad essere applicato all’interno degli Spedali Civili di Brescia, ospedale pubblico d’eccellenza. Fra i manager lombardi, fra gli indagati ci sarebbe anche Luca Merlino, dirigente di Regione Lombardia e una delle prime persone a sperimentare il “metodo”, oltre a dirigenti degli Spedali Civili come Ermanna Derelli, direttrice sanitaria, Arnalda Lanfranchi, responsabile laboratorio, Carmen Terraroli, responsabile segreteria scientifica comitato etico, Gabriele Tomasoni, responsabile anestesia rianimazione, Fulvio Porta, oncologo pediatra, stando a quanto ha anticipato La Repubblica. Indagata anche la madre di una bambina malata, per la diffusione di un video che avrebbe violato la privacy della figlia.
Aggiornamento 19 gennaio 2014
Il 2 luglio 2013, la rivista Nature ha pubblicato un articolo in cui sostiene apertamente che il “metodo” Stamina sia basato su dati falsati, partendo dall’analisi della richiesta di brevetto depositata da Stamina negli Stati Uniti nel 2010. In particolare Nature si è concentrata su un allegato alla richiesta di brevetto, che sarebbe identico ad uno allegato in una ricerca pubblicata nel 2003 in una ricerca condotta da un team fra Russia e Ucraina.
La direttrice di un laboratorio di biotecnologia cellulare all’interno dell’università Karazin di Kharkov, Ucraina, Elena Shchegelskaya avrebbe confermato alla rivista scientifica che l’allegato in questione avrebbe avuto origine all’interno del suo team. Si tratta della stessa persona che, insieme al docente di biologia dell’Università Karazin di Kharkov Vyacheslav Klymenko, costituisce lo snodo dell’inchiesta portata avanti dal pubblico ministero di Torino Raffaele Guariniello sul “metodo” Stamina. Secondo il pm, i due si sono trovati «in uno scantinato di via Giolitti 41 (sede della fondazione ndr)» a Torino all’interno di un laboratorio abusivo e in un altro laboratorio, sempre abusivo secondo la Procura, nella Repubblica di San Marino.
Il fondatore di Stamina Foundation Davide Vannoni ha risposto all’articolo di Nature con un lungo post su Facebook in cui sostiene che
E siamo a tre. La grande rivista “madre della scienza” Nature dedica un altro pezzo a Stamina e questa volta rasenta il patetico (non che prima vi fosse tanto lontana). Si rifà alle solite domande di brevetto per dire che due foto su 5 sono state prese dagli articoli dei russi che hanno collaborato con noi e da cui nasce la radice della metodica Stamina.
E ancora:
A questo punto direi che se il ministro Lorenzin vuole dare seguito a quanto deciso dalle Camere dovrà fornire a Stamina garanzie maggiori di obiettività della sperimentazione.
Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha commentato l’articolo di Nature, sostenendo che si tratta di una denuncia «molto grave e [che] desta preoccupazione» e ha risposto al fondatore della Stamina Foundation ribadendo che
«a questo punto Vannoni ha una strada percorribile tracciata dal Parlamento: consegnare il protocollo ad un comitato composto da profili di altissimo livello senza fare trattative che nulla hanno a che fare con la costruzione di comitati scientifici».
(Aggiornamento 3 luglio 2013)
Il primo luglio, giorno in cui sarebbe dovuta partire la sperimentazione clinica del tanto discusso metodo Stamina sul trapianto di cellule staminali mesenchimali – che costerà allo Stato italiano tre milioni di euro – è arrivato invece un altro rinvio da parte di Davide Vannoni:
rinviamo l’incontro perché stiamo lavorando alla metodica per semplificarla, come ci hanno chiesto, e renderla applicabile in Gmp. Gli avvocati, i nostri e quelli dell’avvocatura di Stato non si sono messi d’accordo.
Il fondatore della Stamina Foundation, dopo aver fatto tanta pressione perché i suoi pazienti potessero continuare le cure inquadrate come “compassionevoli”, non si è ancora presentato all’Istituto superiore di sanità (Iss) per consegnare il protocollo del suo “metodo”, in assenza del quale la sperimentazione non può partire. Tutto sembrerebbe pronto, a eccezione del misterioso procedimento ideato da Vannoni, per la preparazione delle cellule staminali. Un elemento che non fa che confermare l’ipotesi sostenuta da molti scienziati italiani (e non), che il presunto metodo in realtà non esista. Il fondatore della Stamina Foundation, riporta l’agenzia ANSA, ha rinviato l’appuntamento di presentazione del proprio metodo all’Istituto Superiore di Sanità all’8 luglio:
«Proporrò due date, dall’8 luglio in poi, per incontrarci con i referenti della sperimentazione», ribadendo che, dal suo punto di vista «il lavoro sarà terminato entro questa settimana».
Un primo rinvio c’era stato il 21 giugno perché Mario Andolina, medico di Stamina, era in ferie proprio quella settimana. La riunione era stata quindi rimandata al 25 giugno, giorno in cui Vannoni si era presentato all’Iss ma senza consegnare nessun protocollo e rinviando la consegna al 2 luglio. Data ancora una volta posticipata. «Stiamo lavorando per semplificare il metodo, perché possa essere prodotto secondo le good manufacturing practice (Gmp), le buone norme di fabbricazione – ha fatto sapere Vannoni ad Adnkronos Salute – per questo abbiamo rinviato l’incontro». Inoltre il “neuroscienziato” sembrava attendere la rosa di nomi del comitato scientifico che guiderà la ricerca e valuterà il metodo. «Non perché vogliamo inserire dei medici di Stamina ma solo perché vogliamo essere sicuri che fra questi non ci siano scienziati che si sono già espressi contro di noi».
Il ministro della salute Beatrice Lorenzin ha già designato i componenti del comitato scientifico (clicca qui per la composizione completa del comitato ), pare senza aver prima consultato Vannoni. Tra questi le tre figure di riferimento degli enti che si occuperanno di gestire la sperimentazione: Fabrizio Oleari, presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss), Luca Pani, direttore dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti (Cnt). Più dieci esperti in materia di staminali (difficile però trovare qualcuno che non si sia espresso negativamente nei confronti della Stamina Foundation). Compito del comitato sarà individuare la cell factory dove dovrebbero essere prodotte le cellule staminali secondo le buone norme di fabbricazione; quali e quanti pazienti arruolare; quali ospedali coinvolgere; e per quali malattie testare il metodo (le malattie dovrebbero essere tre, fra cui anche l’atrofia muscolare spinale, Sma). «Ma – dice Paolo Bianco, docente dell’Università di Roma, Sapienza – la progettazione del protocollo con cui condurre lo studio sarà complicata, perché non vi è alcun resoconto scientifico pubblicato sul metodo utilizzato da Vannoni, e si deve supporre che non esista un “metodo Stamina”». Del trattamento usato dal professore di psicologia dell’Università di Udine – che, secondo lui, avrebbe curato molti pazienti affetti da malattie neurodegenerative – non vi è alcuna traccia su nessuna rivista scientifica. Nessun documento quindi che lo descriva in dettaglio e ne dimostri l’efficacia. Eppure la scienza si basa proprio su questo: condivisione e replicabilità di metodi e risultati. Altrimenti si parla di altro.
Secondo la rivista Science, l’unico documento disponibile sul metodo ideato da Vannoni è la richiesta di un brevetto depositato in Usa nel 2010, in cui gli scienziati di Stamina descrivono finalmente come trasformare le cellule mesenchimali adulte estratte dal midollo osseo in neuroni, usando un bagno di acido retinoico ed etanolo. Domanda che fu però respinta perché il metodo non era descritto in maniera sufficientemente chiara e soprattutto non si capiva con quali motivazioni scientifiche e in che modo, il bagno chimico potesse trasformare le cellule mesenchimali in neuroni.
Non meno misteriose sono le pratiche con cui venivano trattati i pazienti presso gli Spedali Civili di Brescia. Secondo il rapporto stillato dall’Aifa in seguito alle irregolarità riscontrate sul metodo di lavoro della Stamina Foundation, che ha dato il via all’inchiesta, neanche i medici che infondevano il trattamento ai pazienti, avrebbero saputo cosa stessero somministrando. Inoltre le cellule mesenchimali venivano prelevate, a volte dallo stesso paziente a volte dai parenti, senza seguire una procedura definita e senza razionale scientifico. Vannoni quindi, o chi per lui, al tempo avrebbe somministrato composti di natura non nota, prodotti senza seguire le norme di buona pratica clinica, a pazienti affetti da distrofia muscolare spinale, Parkinson e Alzheimer, senza che la terapia fosse stata vagliata e approvata da un comitato etico, come dovrebbe succedere in questi casi. Il fondatore della Stamina Foundation avrebbe riferito, sempre alla rivista scientifica Science, che il suo metodo si basa su studi in vitro e preclinici condotti con composti simili a quelli usati dalla sue equipe e pubblicati su riviste russe e cinesi nei primi anni 2000, e avrebbe fornito alla stessa rivista americana un lavoro scientifico a conferma di ciò, a condizione che i dettagli non fossero rivelati.
Il metodo usato da Vannoni, tra metodica di preparazione, efficacia clinica e razionale scientifico, appare sempre più criptico e misterioso. Inoltre secondo il decreto legge che dà il via alla sperimentazione di terapie avanzate a base di cellule staminali mesenchimali è chiaro e indiscutibile che il metodo Stamina debba essere preparato secondo le Gmp, necessarie per garantire «qualità, sicurezza ed efficacia dei farmaci», e tutelare di fatto i pazienti.
Altro punto su cui Vannoni prende tempo e mostra disappunto. Come afferma sulla pagina Facebook della Stamina Foundation ci sono infatti ben sette motivi per cui non sarebbe possibile produrre il metodo Stamina secondo le Gmp. Motivazioni controbattute una per una da Michele De Luca, professore di Biochimica e direttore del Centro di medicina rigenerativa “Stefano Ferrari” dell’università di Modena e Reggio Emilia, in una lettera al Corriere Salute.
Per funzionare la misteriosa metodica della Stamina Foundation non deve essere modificata, anche a costo di non seguire le Gmp e andare contro la sicurezza dei pazienti, e deve essere prodotta dai soli medici di Stamina, come più volte ha sottolineato Vannoni. Una maniera come un’altra per dire che il metodo non può essere rivelato. O che forse non esiste.
Su Vannoni e il dottor Marino Andolina, fino al 2011 direttore del Dipartimento trapianti dell’ospedale Burlo Garofalo, di Trieste, incombe anche un’indagine penale aperta dal pubblico ministero di Torino Raffaele Guariniello, lo stesso pm della vicenda Eternit. La vicenda giudiziaria per Vannoni e altri undici persone inizia nel 2009, quando a Torino Raffaele Guariniello apre un fascicolo contestando i reati di associazione a delinquere, commercio e somministrazione di “medicinali guasti”, come definiti dalla legge, e truffa. La terapia (non autorizzata) è stata praticata a 68 persone, tra cui 3 minori tra il 2007 e il 2009. Le indagini preliminari si chiudono nel 2011, ed è possibile che si arrivi a una decisione per andare a processo o meno per la fine dell’estate, anche se il legale di Davide Vannoni e del medico Marino Andolina fa sapere a Linkiesta che «a quanto ci risulta non ci sono particolari notizie sullo stato di avanzamento dell’indagine. Sul resto non posso dire altro».
I reati ipotizzati dalla Procura di Torino non sono tra i più leggeri del codice penale, e anche il racconto tratteggiato nelle carte prodotte a conclusione delle indagini preliminari sugli indagati sembra incardinare responsabilità di non poco conto. Coinvolte sono quattro società, di cui due con sede nella Repubblica di San Marino che, come si vedrà, sarà approdo frequente dei pazienti che decidono di sottoporsi al trattamento a base di infusioni di staminali mesenchimali. Il prologo di una querelle giudiziaria, mediatica e politica. Ai tempi dell’avvio dell’inchiesta della magistratura non si discuteva di cura compassionevole, e Guariniello nel 2011 metterà nero su bianco che gli indagati «agivano nell’esercizio di un’attività dichiarata “senza fini di lucro”, “umanitaria” e “compassionevole”, ma di fatto volta a pretendere e ottenere da ciascun paziente e/o familiare elevate somme di denaro (di vario importo sino anche a 50mila euro).
«Se avessi potuto dare le cure gratuitamente» si è difeso Vannoni nel corso di una intervista al Corriere della Sera«fin da allora l’avrei fatto. Chiaramente adesso lo posso fare. Eravamo in emergenza continua. I finanziamenti deliberati dalla Regione Piemonte per il progetto di un laboratorio all’avanguardia non arrivavano e sei pazienti erano già in trattamento. E lì c’è stato, se vuole, il “peccato originale” di dire: abbiamo bisogno di sopravvivere. Alla fine da questa attività ho avuto grandi perdite, ma non perché ci ha bloccato Guariniello. Il motivo vero è che i pazienti trattati a mille euro quando preparare le loro cellule ne costava 15mila, quelli che non pagavano un euro e quelli che pagavano giusto il costo, erano più di quelli che pagavano le cifre che sono state scritte (fino a 50 mila euro secondo l’indagine della Procura di Torino, ndr). Con loro però compensavamo quelli che venivano curati gratis. I pazienti che potevano permetterselo donarono intorno ai 20mila euro a testa». In precedenza era stata presentata anche alla Regione Piemonte una richiesta di finanziamento, che fu prima concesso e poi revocato in extremis in quanto la documentazione presentata si è poi rivelata scarsa. Secondo le indagini le cellule staminali trattate «erano sprovviste delle caratteristiche di efficacia, sicurezza e qualità».
Cominciarono a comparire anche depliant divulgativi e un video (acquisito dalla procura) dove si vede un ballerino russo affetto da Parkinson sulla carrozzella che a seguito del trattamento con le cellule staminali ballava e danzava. Secondo la procura le promesse di Vannoni e degli altri indagati prospettavano ai pazienti«la guarigione o quantomeno il miglioramento della qualità della vita a pazienti e/o familiari disperati per le condizione di salute dei pazienti stessi», asserendo che «si trattava di una terapia vincente e che il paziente avrebbe potuto recuperare la propria funzionalità fisiologica anche in misura elevata».
La procedura però in Italia era vietata e nei bonifici richiesti per la cura la causale veniva fatta passare in sostanza come una donazione, e i pazienti invitati a non fare pubblicità. Per non parlare poi delle procedure di prelievo e conservazione dei prelievi effettuati sui pazienti: tra le carte dell’inchiesta finisce anche il caso di un paziente sentitosi male in seguito a una puntura lombare, praticata dallo specialista Luciano Ettore Fungi. Il paziente in seguito era stato invitato a firmare una dichiarazione con la quale, secondo i pm, «avrebbe dovuto ritrattare quanto aveva riferito ai medici dell’Ospedale di Stato di San Marino, negare di essere stato sottoposto a una terapia cellulare e affermare di essersi sbagliato nel parlare con tali medici di terapia cellulare in quanto in stato confusionale».
L’inchiesta dei magistrati sabaudi arriva a coinvolgere i due dominus di Stamina Foundation Onlus: Davide Vannoni, laureato in lettere e filosofia e presidente della Onlus e Marino Andolina, medico chirurgo e coordinatore del dipartimento trapianti pazienti adulti e pediatrici presso l’ospedale Burlo Garofalo di Trieste. Guariniello non usa mezze misure nel provvedimento di conclusione delle indagini preliminari: «animato dall’intento di trarre guadagni da pazienti con malattie degenerative senza speranza» Vannoni avrebbe utilizzato le quattro società citate nel provvedimento per organizzare «le procedure di biopsia midollare, manipolazione, lavorazione, espansione, criopreservazione delle cellule staminali estratte dai pazienti e reintroduzione di tali cellule staminali», il tutto senza che tali attività fossero autorizzate e, in alcuni casi in ambienti non adibiti a tali attività.
Lo snodo principale nell’inchiesta, ma anche nell’intera vicenda Stamina riguarda due biologi russi che lavoravano in Ucraina: Vyacheslav Klymenko, ed Elena Shchegelskaya, di fatto coloro che sarebbero i “padri” del cosiddetto metodo. Gli scienziati, stando all’inchiesta di Guariniello, si sono trovati «in uno scantinato di via Giolitti 41» a Torino all’interno di un laboratorio abusivo e in un altro laboratorio, sempre abusivo secondo la Procura, nella Repubblica di San Marino. Entrambi lavoravano all’Università Karazin di Kharkov, dove Klymenko era docente di biologia, mentre Shchegelskaya dirigeva un laboratorio di biotecnologia cellulare. I due secondo Vannoni avrebbero avuto circa 150 pubblicazioni, mentre sul motore di ricerca scientifico Pubmed (database bibliografico sulla letteratura scientifica biomedica dal 1949 a oggi) ne risultano meno della metà. La storia dei biologi russi appare “misteriosa” fin dall’inizio. I due sono personaggi chiave nella vicenda perché sarebbero loro l’appoggio scientifico e i detentori del metodo originale di trattamento delle staminali mesenchimali, da cui poi, secondo Vannoni, sarebbe derivato il metodo italiano, che lo stesso avrebbe dovuto presentare il 2 luglio davanti all’Istituto Superiore della Sanità.
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Vannoni racconta di aver avuto i primi contatti con gli scienziati nel 2005 proprio in Ucraina, e nel 2006 i due arrivano in Italia per costituire la società Re-Gene srl. Tornano in Italia nel 2007 e si ritrovano negli scantinati a lavorare al progetto, che però non incontra il favore del mondo scientifico e imprenditoriale. Nel 2009 fanno ritorno in Ucraina, e dopo l’avvio dell’inchiesta della procura di Torino rimangono irreperibili. I pm non riescono a raggiungerli e così anche i legali. Spiega a Linkiesta l’avvocato Alessandro Lamacchia, difensore d’ufficio di Klimenko «tra me e Klimenko c’è stato uno scambio di mail iniziale, appena ricevuto l’incarico sulla difesa d’ufficio. Purtroppo della vicenda e di dove possa trovarsi Klimenko ne so molto poco, anche perché alla terza mail non ho più avuto risposta e non siamo più riusciti a contattarlo».
Dall’avvio dell’inchiesta giudiziaria predisposta dal pm Guariniello e dal capitano del Nas Michele Tamponi il caso è diventato anche e soprattutto mediatico, e di certo i ritardi e i rinvii nella presentazione del metodo da parte di Vannoni non hanno aiutato a far rientrare il caso. Il programma TV “Le Iene” ha rilanciato il caso per tre mesi dedicando al tema 11 servizi, in parte schierandosi dalla parte di Stamina Foundation, attirando le polemiche del mondo della ricerca, a questo punto sempre più convinti che il metodo Vannoni «non esiste, altrimenti i continui ritardi nella presentazione della documentazione per avviare la sperimentazione non si spiegano». Intanto l’inchiesta si è spostata anche allo Spedale Civile di Brescia, e numerosi tribunali civili si sono trovati a dover dare risposte ai pazienti che chiedono allo stesso nosocomio le cure a base di cellule staminali trattate col metodo elaborato dalla Stamina Foundation.
Twitter: @lucarinaldi @cristinatogna
Immagini: Documento di convocazione di Davide Vannoni da parte dell’Istituto Superiore di Sanità (fonte: Stamina foundation, Facebook; clicca per ingrandire); Manifestazione pro “metodo” Stamina; claim della Stamina Foundation (fonte: Stamina foundation, Facebook); Uno degli edifici dell’Università Karazin di Kharkov, Ucraina (fonte: sito Università Karazin); Via Giolitti, 41 Torino – Sede della Stamina Foundation (fonte: Google Street View).