Dallo strappo clamoroso di Gabriele Muccino alla sofisticata strategia comunicativa del superministro francese: se unite due notizie apparentemente casuali di questi giorni avrete un’altra prova della sempre più crescente influenza di Twitter sul potere. Era nato come un gioco ameno, come un social network goliardico, sta diventando sempre di più un media dominante, strategico, e capace di orientare tutti gli altri.
Partiamo dalla politica. In Francia si discute dei tweet con cui Marie Charline Pacquot, la 26enne fidanzata del compassato e serioso superministro socialista Pierre Moscovici, sta di fatto ristrutturando l’immagine troppo austera del suo 55enne, e potentissimo fidanzato. In Italia abbiamo discusso degli sms con cui il 55enne Dario Franceschini invitava a votare la sua fidanzata Michela De Biase per le amministrative di Roma, subito inseguito dall’invettiva di Beppe Grillo che accusava il ministro del Pd di declinare per via elettorale l’eterna malattia italiana del tengo famiglia.
In questo diverso scenario c’è la differenza mediatica fra la Francia e l’Italia. E non certo perché Marie Charline sia meglio della coriacea Michela (che grazie alla sua grinta alla fine è stata eletta), ma perché nel passaggio dall’età dell’sms a quella del tweet c’è un enorme salto di qualità comunicativa. Il tweet, per certi versi è insieme molto più pervasivo dell’sms, sta alla comunicazione come le armi a scoppio alle armi bianche in guerra. Il messaggino è uno scambio relazionale tra due soggetti che può essere diffuso a terzi per errore o per calcolo, ma che nasce in questa forma, con questa finalità e con questi limiti. Il tweet, invece, sta diventando sempre più visibile, personalissimo e universale insieme.
L’esempio del Corriere della sera rende benissimo l’idea: fino a ieri i francesi conoscevano pochissimo del privato di Moscovici. Adesso grazie alla sua fidanzata Marie Charline sappiamo persino che il suo gatto si chiama Hamlet, conosciamo i suoi turni di veglia alla vigilia dei vertici europei. Galeotto, ovviamente, fu il cinguettio di Marie Charline: «Due notti in bianco in cinque giorni. fatto. @pierremoscovici. E se l’Ue imparasse a prendere le sue decisioni prima che faccia notte?».
E chi si dimentica del tweet al veleno di Valerie Trierweiler, giornalista e premiere dame di Francia che con un cinguettio aveva suscitato uno scandalo presidenziale? La moglie di Francois Hollande aveva consegnato all’uccellino un messaggio di sostegno per il socialista Olivier Falorni: non un candiato qualsiasi alle elezioni legislative, ma nientemeno che l’avversario di Ségolène Royal, l’ex compagna del presidente francese: «Buona fortuna a Falorni, che se la merita, per essersi battuto al fianco dei Rochelais per tanti anni con un impegno disinteressato». Il caso della première dame dovrebbe invitar alla prudenza anche gli entusiasmi per la tweet coppia Moscovici-Pacquot.
Ha detto, con un geniale paragone Selvaggia Lucarelli: «Ve lo immaginate cosa accadrebbe se Saccomanni si fidanzasse con Flavia Vento e noi apprendessimo quello che fa lui, dai tweet di lei?». È una provocazione, ma rende bene l’idea di cosa può combinare Twitter quando certifica l’unione tra due contrari. Dal suo canto Marie Charlie, che è ingenua su Twitter ma non certo nella vita, spiega che da quando lei rivela i suoi cinguettii sono diminuiti gli insulti che abitualmente riceveva. Mentre in Italia, per ora, sono molti i casi in cui Twitter logora chi lo ha.
Fiorello ha raccontato di aver cancellato il suo account, e di essere tornato solo più tardi con altri avatar meno esposti, come @edicolafiore, dopo una violentissima guerra di troll contro di lui, per un innocentissimo messaggio di gioia per la liberazione di Rossella Urru. Enrico Mentana, dal canto suo, è finito sulle prime pagine di tutti i giornali per aver pubblicamente annunciato di ritardi dopo aver ricevuto decine di insulti.
L’ultimo di quelli che ha gettato la spugna è il regista Gabriele Muccino, che ieri, con un clamoroso post su Facebook, ha spiegato i motivi del suo strappo con una prosa a metà tra il risentito e l’involontariamente comico: «Sono stato realmente su Twitter – ha spiegato il regista – a patire dal gennaio di quest’anno fino ad oggi. Non mi ci ero mai avvicinato prima per ignoranza del mezzo e perché non ne sentivo la necessità». Poi, dopo questa premessa, il clamoroso sfogo: «Ho realizzato che Twitter assomiglia sì ad una piazza, ma medievale dove si celebravano le esecuzioni e torture col plauso della piazza urlante ed eccitata piuttosto che ad una agorà ateniese». E ancora: «La maggioranza di coloro che ti ‘seguono’ su Twitter non hanno a cuore il tuo percorso umano. Non sanno spesso nemmeno chi sei a parte il nome che ti porti. Ti seguono per spiarti, per vederti inciampare e deriderti. Forse Twitter – aggiunge ancora il regista – è allora lo specchio di un’Italia che continua a fare sarcasmo e finta di niente mentre la nave affonda». Io invece traggo dallo sfogo di Muccino e da tutte queste storie un’altra morale: Twitter logora chi non ce l’ha. E distrugge chi non lo sa usare.