Si osservano e si studiano come due giocatori d’azzardo, ciascuno sicuro di aver in pugno la vittoria, che nel poker, spesso, consiste nello svelare il bluff dell’avversario. E dunque Silvio Berlusconi ed Enrico Letta si guardano negli occhi attraverso il tavolo della politica italiana alla ricerca di un dettaglio, l’uno nel volto e nelle azioni dell’altro, una sfumatura di nervosismo, anche solo uno spasmo muscolare, un errore tattico, un cedimento. Da un lato c’è il Cavaliere minaccioso, alla ricerca del suo lieto fine, pronto a mandare tutto a gambe per aria; dall’altro lato è seduto invece il presidente del Consiglio, posato, freddo, che non gli crede, che intravvede un bluff, che ritiene sia tutta una finzione (o almeno vuole scommettere che lo sia. I falchi, le colombe, la crisi di governo… fuffa. Letta è pronto a rischiare, vuole vedere tutte le carte del suo rivale. Così, mercoledì 28, riunito il Consiglio dei ministri, il giovane presidente del Consiglio concederà al Cavaliere e al suo partito in disordine la sospirata Imu, ma lo farà parzialmente, da giocatore accorto e pronto al rischio, proprio perché di partita a poker si tratta. Con tutta probabilità la cancellazione e la rimodulazione della tassa avverrà infatti in due tempi. A Palazzo Chigi, nei corridoi affollati dai consiglieri del premier, non vogliono offrire alibi al Pdl agitato, «senza l’Imu cade il governo», dicono i duri del berlusconismo, e dunque contro l’Imu il ministero dell’Economia non erigerà una diga di rigore. Ma a Palazzo Chigi nemmeno vogliono cedere adesso, del tutto, su un punto, questa tassa trasfigurata in bandiera elettorale, che diventa garanzia di durata per il governo delle larghe e fragili intese. «Se la ottiene, se Berlusconi conquista ciò che vuole, potrebbe usare la bandiera dell’Imu per cavalcare la campagna elettorale», dicono. D’altra parte Letta sa benissimo che l’Imu non è il punto, non è sull’Imu che si giocano i destini politici d’Italia. È solo un gioco collaterale. L’imposta sulla casa è solo uno dei tanti casus belli per Berlusconi, un grimaldello, uno strumento qualsiasi per divellere, se necessario, se il Cavaliere non dovesse ottenere ciò che davvero desidera, le larghe intese. Niente di più. E cosa vuole Berlusconi? L’oscuro oggetto del desiderio, la vera posta in gioco di questa estenuante partita è quel lieto fine politico, quel sogno di salvezza, che il Cavaliere insegue con affanno e persino con tormento alternando toni minacciosi, martellanti, a improvvise pause e aperture.
Il gioco di scommessa consiste nell’idea che il Cavaliere non sia davvero intenzionato ad abbattere il governo, che lui possa, malgrado tutto, accettare l’anomala condizione di leader politico espulso dal Parlamento. Anche Giorgio Napolitano sembra assecondare questa partita così rischiosa. Il presidente distribuisce le carte, le migliori che ha, le più rassicuranti, e anche lui resta a vedere convinto com’è che le larghe intese siano nate attorno a quel patto che lo ha rieletto presidente della Repubblica. Vive di alcune certezza, il presidente. Cadesse il governo, pensa Napolitano, sarebbe un tradimento delle garanzie che appena pochi mesi fa lo convinsero a tornare al Quirinale per il secondo mandato. E di fatti il capo dello stato, che di questa partita è croupier e al contempo giocatore, si riserva delle ritorsioni rivolte contro coloro i quali dovessero venire meno alla parola data: la fine del governo non implicherebbe affatto, non è detto, nuove elezioni. E il Cavaliere lo sa. Dunque Berlusconi è d’umor nero, si batte il petto come King Kong, fa sapere d’essere pronto a qualsiasi battaglia, ruggisce d’orgoglio. Ad Arcore, sabato, ha riunito i suoi uomini al gran completo, un vertice esteso come non se ne vedevano da tempo, larghissimo, fatto in modo che ogni singola parola pronunciata nei saloni di Villa San Martino potesse poi finire, fedelmente trascritta, sui taccuini dei giornalisti e sulle colonne piombate dei quotidiani. Il vertice di Arcore è servito dunque a confezionare un chiaro messaggio politico, proprio quello che Letta considera il grande bluff. E qualche indizio, per ritenere che Berlusconi non faccia sul serio, Letta (che è pur sempre nipote di zio Gianni Letta) lo ha raccolto. E difatti il Cavaliere è neghittoso, a tratti indecifrabile. In realtà Berlusconi non ha ancora deciso niente, anche lui sta giocando a carte, come dimostra la polifonia del suo partito così diviso, tra falchi e colombe, governisti e sfascisti. Se il Cavaliere avesse deciso qualcosa, il Pdl parlerebbe a una voce sola, quella del capo. Dunque Berlusconi gioca d’azzardo, pure lui. Aspetta soltanto di capire che effetto avranno le sue richieste e i suoi toni perentori, poi deciderà. Intanto sfoglia sondaggi, è conscio dei rischi che il crollo del governo porterebbe con sé, per il Pdl o Forza Italia che avrebbe la colpa di aver abbattuto la grande coalizione (e per le sue aziende). Cerca di capire, raccoglie elementi, Berlusconi. E come sempre, lui che più di tutti è abituato all’azzardo, è pronto a cambiare linea, e idea, anche all’ultimo istante possibile.
Twitter: @SalvatoreMerlo