Il nuovo Segretario di Stato non è un cardinale e ha 58 anni. Monsignor Pietro Parolin, nunzio in Venezuela, è infatti il nuovo braccio destro scelto da papa Bergoglio al posto di Tarcisio Bertone. È il ritorno della scuola diplomatica ai piani alti del Vaticano. In questi mesi il nome di Parolin è più volte entrato e uscito nel novero dei candidati maggiormente favoriti, fra l’altro vista l’età piuttosto giovane – bisogna considerare i parametri vaticani – si era ventilata l’ipotesi che assumesse l’incarico di Sostituto per i rapporti con gli Stati, vale a dire il ministro degli Esteri vaticano, cioè uno dei più stretti collaboratori del Segretario di Stato. Poi la sua candidatura è ulteriormente cresciuta.
Parolin, sacerdote dal 1980, è veneto, è nato a Schiavon in provincia di Vicenza, ed è cresciuto a quella che fino a un recente passato è stato la grande scuola diplomatica vaticana e oggi vive una stagione di crisi. La caduta del mito della diplomazia pontifica non è dovuta solo a una certa distanza da essa per formazione e stile del cardinale Tarcisio Bertone – oggettivamente più attento agli affari interni italiani che alla Chiesa universale – ma anche ad alcuni fattori più generali. Intanto molte nomine non proprio eccellenti negli ultimi anni (il famoso carrierismo denunciato con tanto vigore da Bergoglio), quindi una crisi delle vocazioni che ha investito anche il settore diplomatico, infine – e forse in modo determinante – una generale riduzione del peso strategico del Vaticano sulla scena internazionale.
L’ultima volta che la Santa Sede ha esercitato un forte ruolo a livello mondiale è stato all’epoca della seconda guerra dell’Iraq, nel 2003, quando Giovanni Paolo II tuonò contro il conflitto ma allo stesso tempo fu assecondato da molti dei suoi collaboratori più stretti in un’azione di pressing diplomatico a tutto campo sui governi coinvolti nella vicenda. Forse non è un caso che oggi la nomina di un Segretario di Stato dal forte profilo internazionale arriva nel cuore di una crisi che ha sconvolto il Medio Oriente e mentre soffiano i venti di guerra intorno alla Siria.
Nei giorni scorsi poi il Papa ha incontrato il predecessore di Bertone, il cardinale Angelo Sodano, personaggio al centro di molte polemiche in passato ma comunque appartenente alla scuola diplomatica; quindi ha visto il cardinale francese Jean Louis Tauran. Quest’ultimo, che ha sostenuto Bergoglio in conclave è anche l’uomo che ha annunciato al mondo l’elezione di Francesco. Tauran, malato da tempo, è stato ministro degli esteri di Wojtyla e oggi è presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Sembra insomma che Francesco si sia consultato con i suoi maggiori esperti in materia sia per compiere una scelta che avesse un segno preciso.
Parolin che in passato ha collaborato anche con il cardinale Attilio Nicora – uno degli uomini chiave nelle riforme finanziarie della Santa Sede entrato anche in attrito con il cardinale Bertone – rappresenta però anche un segno di discontinuità, anche perché la Santa Sede oggi ha disperato bisogno di un ritorno autorevole sulla scena internazionale. D’altro canto l’esperienza Oltretevere non gli manca: l’ex nunzio in Venezuela è stato infatti, dal 2002 al 2009, sottosegretario agli esteri prima con Sodano poi con Bertone. Quindi mandato a Caracas, una sede non proprio di primo piano. Lì ha atteso ma non perso il suo tempo e alla fine ha avuto ragione. Negli anni trascorsi in Vaticano aveva gestito il delicato e complesso dossier dei rapporti fra Santa Sede e Vietnam riuscendo ad aprire la strada alle relazione bilaterali fra i due Stati. Un fatto di non poco conto se si considera che il Vietnam è forse l’unico Paese asiatico dove il cattolicesimo è in forte ascesa.
Ma certo Parolin troverà ad attenderlo diverse questioni scottanti: dovrà gestire i rapporti con gli organismi antiriciclaggio internazionali (Moneyval) che stanno monitorando la Santa Sede; avrà fra le mani tutto il dossier mediorientale sconvolto da Primavere e da guerre e dove i cristiani sono ormai a un passo dalla scomparsa; nella stessa area c’è il tema Israele-Terra Santa, poi il dialogo interreligioso, i grandi temi della governance internazionale sui quali già si è espresso Bergoglio chiedendo profondi cambiamenti alla finanza internazionale e un rovesciamento delle priorità: dall’accumulo di ricchezza alla condivisione, alla solidarietà. Una bella agenda, insomma, sulla quale Parolin si dovrà misurare. Nel frattempo l’arcivescovo ha gestito da nunzio il dopo Chavez con un certo successo: il presidente venezuelano Nicolas Maduro è stato dal Papa lo scorso 17 giugno e la Chiesa ha aperto un dialogo con il governo.
Twitter: @FrancePeloso