Così Trento vuol diventare la Silicon Valley delle Alpi

Un fiume di soldi pubblici

TRENTO – L’obiettivo è ambizioso: trasformarsi nella Silicon Valley delle Alpi. Per vincere una doppia sfida: diventare uno dei poli tecnologi mondiali di eccellenza e dimostrare che lo si può fare, anche grazie a un buon utilizzo dei finanziamenti pubblici. Ricorrendo a una dose (massiccia) di filosofia keynesiana. Seppur scettica davanti alla rilevante iniezione di capitali pubblici della Provincia autonoma di Trento, che sostiene vecchie e nuove aziende, ricerche, istituzioni, associazioni (che a loro volta sostengono formazione, ricerca e start up) ed eliminano il rischio di impresa alla base di ogni circuito virtuoso, mi arrendo all’evidenza. O almeno concedo ai miei interlocutori il beneficio del dubbio. Infatti sulla collina di Povo, che divide la provincia addormentata dalla vivacità culturale di Trento, si trovano le facoltà scientifiche dell’Università, il CosBi, (Centre for Computational and Systems Biology, joint venture fra l’Università e Microsoft Research), la fondazione Bruno Kessler, Fbk, con i suoi 350 ricercatori dediti allo studio dell’informazione tecnologica e Trento Rise, un’associazione creata dalla Provincia per promuovere ricerca, educazione, innovazione e finanziamento di start up (un altro tesoretto della Provincia di 76 milioni di euro).

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All’interno di un contesto vivace, con ricercatori che provengono dai cinque continenti, dentro i laboratori di ricerca, sono sorte nuove aziende, agili e snelle, che stanno cercando (si spera) di camminare da sole. Un esempio edificante del laboratorio trentino è la Point Grey. Multinazionale canadese che progetta e produce telecamere intelligenti (e vende metà della sua produzione in Cina), ha investito a Trento su una piccola squadra di ricercatori. Guidati da Alvise Sartori, senior manager dello sviluppo tecnologico della minuscola filiale trentina, progettano telecamere di terza generazione: «Ossia tridimensionali, capaci di visualizzare immagini con maggior profondità, registrare la direzione della sagoma ripresa. E anche di calcolare i numero dei passi», mi spiega uno dei giovani ricercatori, Todor Petkov, bulgaro, mentre mi mostra un minuscolo parallelepipedo, che è stato chiamato dai canadesi Bumble Bee (calabrone) in omaggio al proprio spirito ambientalista (tutte le telecamere hanno nomi di animali) e contiene i segreti delle loro ultime scoperte. La joint venture canadese-trentina è un esempio positivo di ciò che si vorrebbe fare nel polo tecnologico di Trento: attirare talenti informatici e investitori privati. «Valorizzando l’inventiva italiana», sottolinea Alvise Sartori, imprenditore che si è formato nei laboratori della Fbk, la Fondazione Bruno Kessler.

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In un altro laboratorio ospitato dalla fondazione Bruno Kessler, invece, un piccolo team di toscani ha creato un’azienda che applica la semantica al web: Spazio Dati. Con il sostegno di Trento Rise e della Camera di Commercio di Pisa, sette giovani informatici stanno cercando di creare un supermercato globale di parole e concetti. «Stiamo lavorando alla rivoluzione del Web.3», mi spiega l’Ad Michele Barbera, con un proclama che mi fa rizzare le antenne. «La semantica applicata al web è la scommessa del futuro: creare big data che servano ai motori di ricerca con criteri più complessi, basati su analogie, sillogismi, parallelismi fra nomi, luoghi, concetti. Ora i motori di ricerca brancolano ancora nel buio, non sanno fare connessioni ampie fra le diverse parole. Le faccio un esempio: «Se io scrivo che Nerone ha in mano una lira», il motore di ricerca non sa distinguere lo strumento musicale della lira dal nome della moneta. In futuro i risultati potrebbero essere più precisi e le aziende, ne sono certo, faranno a gara per avere a disposizione motori di ricerca più intelligenti. Per creare big data specializzati ci vogliono molte competenze: economisti, medici, giornalisti, ingegneri, editori… Non esiste un campo in cui il web semantico non possa essere utilizzato. Insomma, i link devono saper parlare!». E va detto, a onor del vero, che in Europa i due poli di eccellenza della ricerca semantica applicata al web si trovano a Trento e in Irlanda. «Sulla tecnologia web si è scoperto quasi tutto, ma la semantica è la nuova rivelazione», conclude  Michele Barbera, «e posso dire con certezza che qui siamo più avanti che nella Silicon Valley», annuncia con enfasi.

In ogni caso a Trento, dove la crisi ha morso meno grazie alle protezioni istituzionali (che alimentano la polemica sui fondi pubblici), si percepisce un clima dinamico, effervescente. Ora è in corso un altro progetto ambizioso (e assai finanziato): Trento Rise, in collaborazione con l’agenzia della Provincia autonoma Trentino Sviluppo, ha investito 13 milioni di euro per creare un acceleratore di talenti con l’obiettivo di creare 100 start up, le quali, superato il vaglio di una giuria, di cui fanno parte anche degli investitori, hanno ottenuto una prima tranche di finanziamento (di 25mila euro) per mettere le ali ai loro progetti. E oltre a partecipare a un workshop permanente con i guru mondiali delle aziende web per imparare a fare impresa, interagiscono con talenti arrivati da tutto il globo, che creano altri progetti di start up. Se 30 di loro, quelli che per ora hanno ottenuto la prima tranche di finanziamento, troveranno investitori privati, la Provincia finanzierà un’altra somma, pari a quella ottenuta dai privati fino alla soglia di 200mila euro. A patto che la società sia costituita in Trentino e vi rimanga per tre anni. «Dopo un’indagine sulle realtà imprenditoriali locali nel campo tecnologico (Trento ha una vocazione tecnologica iniziata 30 anni fa, ndr), abbiamo capito che c’era l’urgenza di un ricambio per sostituire le aziende che hanno perso la propria spinta propulsiva», spiega il responsabile del progetto, chiamato TechPeaks, Paolo Lombardi, esperto di start up. «Io spero che, dopo aver attratto tanti talenti, molti si fermino a Trento per seminare le loro conoscenze da cui chissà un giorno potrà davvero nascere la Silicon Valley delle Alpi, frutto di una felice unione fra ricerca e impresa. Ora a Trento si trovano giovani di 54 nazionalità diverse e 72 giovani che hanno meno di trent’anni, selezionati da una gamma di 619 domande: un tesoro immenso da non disperdere». Insomma a Trento, sulla collina di Povo che fa venire in mente più la mela della Valle di Non che quella della Apple, si sta giocando una partita molto importante: Creare la Silicon Valley alpina del terzo millennio con un’iniezione di capitali pubblici che servono da tramite per far incontrare l’offerta di pionieri del web con investitori privati. E quindi, come si augura Lombardi, ci auguriamo anche noi che la lodevole iniziativa della Provincia autonoma di Trento sappia agevolare il ricambio delle imprese high-tech della prima generazione, che stanno perdendo il passo, e non finisca nella centrifuga del solito dibattito italiano sull’uso dei soldi pubblici utilizzati per difendere lo status quo della burocrazia.

Twitter: @GiudiciCristina

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