«State sempre in maggioranza», ripeteva a squarciagola il democristiano Toni Bisaglia. E in queste giornate così complesse per la tenuta del governo di Enrico Letta, appeso alla sorte di Silvio Berlusconi, pare che il primo comandamento del doroteismo stia tornando di moda anche tra i senatori del Popolo della Libertà. Il punto è sempre lo stesso: in caso di decadenza di Berlusconi dal Senato cosa farà il Pdl? I ministri si dimetteranno? Il Cavaliere farà mancare la fiducia al governo?
Letta in questi giorni ha dato uno sguardo ai numeri al Senato, il famoso pallottoliere, nel caso in cui la situazione nella giunta per le immunità parlamentari dovesse precipitare. Si guarda al Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, anche se l’ex comico genovese continua a chiudere le porte, ci si interroga sul Gal, il gruppo Grandi Autonomie e Libertà, che conta 10 senatori. Potrebbero arrivare da questo gruppo i voti necessari per un Letta bis? Forse anche il partito di «governo» potrebbe dare una mano.
Del resto, Angelino Alfano, ministro dell’Interno, continua a chiedere al Partito democratico di votare contro la decadenza. I falchi come Daniela Santanchè minacciano l’esecutivo e in mezzo si muovono i pontieri, per tentare di trovare una soluzione e salvare la sorte al Cavaliere. Ma a palazzo Madama intanto c’è chi invita a monitorare l’area della Democrazia Cristiana, ancora viva e vegeta nei partiti della Seconda Repubblica. In particolare proprio nel partito di Silvio Berlusconi. Se le cose dovessero mettersi male, infatti, il salvagente di Letta potrebbe essere proprio la vecchia Balena Bianca.
Saranno in dodici-quindici, ma quanti siano con esattezza non è dato sapere con certezza. Resta il fatto che un drappello di senatori del Pdl, con storia democristiana alle spalle, sarebbero disposti a sostenere un Letta Bis anche senza il Cavaliere di Arcore. Ma un “Letta-bis” «che non si fermi al cambiamento della legge elettorale e alla legge di stabilità». Ma «un Letta-bis che duri almeno 3 anni», dicono. E c’è persino chi dice che dietro tutto questo «movimento» ci sia proprio Alfano, che da un lato minaccia il Pd, ma dall’altro vorrebbe continuare a tenere in vita l’esecutivo sostenuto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Tessera del 1962 della Democrazia Cristiana
Secondo quanto risulta a Linkiesta, in testa alla lista dei voltagabbana dell’ex premier Silvio Berlusconi ci sarebbero alcuni senatori siciliani. Fra questi si annovera Salvatore Torrisi detto “Salvo”: un catanese «da sempre democristiano», figlio di un ex democristiano che è stato anche Presidente della Provincia di Catania. Torrisi ha fatto tutta la gavetta negli enti locali della provincia di appartenenza.
Oggi “Salvo” risponde soltanto a ciò che ordina l’ex senatore Pino Firrarello, democristiano da sempre, e plenipotenziario di Catania e dintorni. Insomma il filo conduttore è sempre lo scudo crociato. Stesso discorso vale per il senatore Pippo Pagano. Ex sindaco di Giarre, ex Presidente del consiglio provinciale di Catania, anche lui prima di approdare al Pdl ha sempre militato in partitini di centro. Chi lo conosce, riferisce «che il sogno di Pippo è sempre stato quello di far rinascere la Balena Bianca». Chiaro.
Ma la lista sicula non si ferma di certo a due nomi. Perché uno come Giuseppe Ruvolo, formazione cattolica, e oggi senatore fra le fila del Pdl – apparteneva alla sinistra Dc – fece l’ingresso ai piani alti della politica, manco a dirlo, proprio dal centrosinistra. Nel 1998 viene nominato responsabile provinciale del Ppi, che proprio in quegli anni sosteneva il governo di Romano Prodi e poi i due mini-mandati di Massimo D’Alema.
Spostandoci nel capoluogo di Trinacria, c’è chi assicura che il senatore Francesco Scoma, figlio di un ex sindaco di Palermo, non sarebbe fra quelli disposti a staccare la spina al governo Letta. Il giovane Scoma è un democristiano convinto, ma in virtù dell’età non ha potuto militare nella Dc, da mesi soffre all’interno del Pdl. In primis perché lo scorso anno non è stato candidato sindaco di Palermo. In secondo luogo perché «non sarebbe per lui semplice essere rieletto».
Salendo più un Nord, sempre al di sotto della Capitale, un’altra regione dal forte imprinting doroteo è la Campania. Qui è facile imbattersi in un senatore come l’ex Pd Riccardo Villari. È “noto” perché nel 2008 fu eletto dal centrodestra (che allora governava) presidente della Commissione di Vigilanza RAI «a sua insaputa», essendo a quel tempo un senatore del centrosinistra. Voltagabbana della prima ora, nel 1996 gravita nel partito di Rocco Buttiglione che a quel tempo si chiamava Cdu.
Insomma faceva parte della coalizione di centrodestra. Ma fu eletto per la prima volta come parlamentare nel 2001 nel centrosinistra in un collegio «blindato», quello di Pomigliano d’Arco, riservatogli dal “padrino” Clemente Mastella. Uomo scaltro e «per tutte le stagioni», in queste settimane starebbe lavorando sotto traccia per una super poltrona, quella di «responsabile dell’autorità portuale di Napoli».
Un altro pezzo da novanta del voltagabbanismo è certamente il senatore Pdl Antonio Milo. Uno che non ha mai avuto rivali quando si è trattato di cambiare casacca: dal grado di vicesindaco di Agerola nella Dc degli anni ’90, fu eletto in Regione nel ‘95 con Cdu, poi passò al Ccd, poi nell’ Udc, ancora nell’ Mpa di Lombardo, infine nel gruppo “Popolo e Territorio” e poi “Noi Sud” con Enzo Scotti. Oggi con Berlusconi, e domani? Chissà.
Fra gli altri campani di rito democristiano si ricorda il senatore Pdl Pietro Langella, già Udc, ed eletto in quest’ultima tornata elettorale grazie al premio maggioranza conquistato dal centrodestra. E sempre in orbita “Balena bianca” vale la pena ricordare anche Ciro Falanga, un avvocato civilista, eletto per la prima volta parlamenta fra le file Forza Italia il 13 maggio del 2001.
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