SESTO SAN GIOVANNI (MI) – Che Matteo Renzi abbia conquistato il Partito Democratico di Milano lo dimostra Francesco Laforgia, ex bersaniano doc, incaricato di introdurlo sul palco del Carroponte a Sesto San Giovanni e ormai, pure lui, renziano doc. «Sono diventati tutti renziani» spiega tra le righe dal palco il giornalista del Corriere della Sera Beppe Severgnini. E il rottamatore chiosa con una battuta. «Quando diventai sindaco di Firenze mi ritrovai dopo un mese otto nuovi cugini: io non sono una superstar nè un punto di riferimento. Sono qui per far vincere il centrosinistra. Chi vuole salire sul carro solo per convenienza, sappia che lo faremo scendere prima».
Scampoli di un’ora e mezza di Renzi in quel di Sesto San Giovanni, periferia di Milano, al Carroponte, ex fabbriche della Breda, storica città operaia detta la Stalingrado d’Italia. Più di duemila persone, anche se gli applausi arrivano con il contagocce. Di operai se ne vedono ormai pochi in giro. Ma gente normale, che ha votato Berlusconi o Grillo – alzano la mano quando Renzi glielo chiede – ce ne sono. Il battimani più fragororso è proprio su Grillo e il Movimento Cinque Stelle («Hanno gettato il biglietto della lotteria per cambiare l’Italia»), in particolare sulla Costituzione. «Salgono sul tetto» della Camera per difendere la Costituzione – dice il rottamatore rivolgendosi ai grillini – quando è al piano di sotto che la si deve difendere». Altra atmosfera a Milano.
L’ultima volta che Renzi arrivò fu in occasione della cena con il finanziere Davide Serra. «E chi se lo ricorda più» dice un vecchio democratico, ex bersaniano, pure lui ormai sul carro del primo cittadino fiorentino. Le Isole Cayman sono un lontano ricordo. Renzi gira per gli stand della festa. Sorride al «partito della salamella», come gli dice un cuoco. Scherza. I ragazzi del Pd lo accolgono con la colonna sonora di ‘Happy Days’ (per il giubbotto di pelle stile Fonzie indossato ad ‘Amici’). Gli regalano un giaguaro in peluche (celebre la battuta di Pier Luigi Bersani in campagna elettorale, ‘smacchiamo il giaguaro’, cioè il Cavaliere), ma Renzi rifiuta garbatamente il pupazzo: «Torno tra un anno», ha promesso, «e lo smacchiamo insieme».
Renzi lo ripete: «Io sto cercando di far vincere la sinistra, non di tradire la sinistra: dobbiamo cercare i voti dei delusi del centrodestra e non essere ‘schifiltosi’». Per questo motivo, se nel Pdl «prevale la linea di restare al governo «è perché a Silvio Berlusconi conviene» ma se si dovesse andare al voto «non succederebbe come l’altra volta: questa volta li asfalteremmo». Parla poco di Milano, Renzi. O meglio non dice nulla neppure di Lombardia e Lega Nord, se non la battuta che ama sempre più ripetere. «Quando sono andati giù a Roma i leghisti si sono trovati bene».
Della serata renziana a Sesto rimane soprattutto la svolta dell’apparato dirigente milanese. Ormai sul carro del rottamatore sono saliti i franceschiniani, ex mariniani, dalemiani di ferro come Luca Bernareggi, presidente di Legacoop Lombardia, o come Daniela Gasperini. Sono tutti in plate. Anche Lele Fiano, Vinicio Peluffo, Emilia De Biasi, Franco Mirabelli, chi bersaniano, chi franceschiniano, in tanti hanno scelto di stare con Renzi. E a pensarci bene, a salire sul carro, da queste parti c’è pure Patrizia Toia, che un tempo fu pure assessore per la Dc.
«Elimineremo le correnti» ripete per l’ennesima volta Renzi. E aggiunge: «Lo dico agli stessi renziani, guarite, è una malattia». E poi:«Sono pronto al confronto con Cuperlo, Civati e Pittella». E il congresso quando sarà? Guglielmo Epifani, attuale segretario, lo spiega da Firenze ricordando l’assemblea della prossima settimana. «Non è che io devo dare delucidazioni» dice Epifani «c’è un’assemblea nazionale che è la sede in cui si decide, c’è una commissione che ha avuto il compito di preparare il percorso, modalità e data».
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