Se Renzi non fa Renzi tanto vale tenersi i “rottamati”

Metamorfosi al contrario

Matteo Renzi è in quella fase in cui deve guardarsi più dagli amici (veri o presunti, vecchi e soprattutto nuovi adulatori) che da coloro che gli riconoscono la stoffa ma lo pungolano perchè non basta il talento politico per farsi leader moderno e riformista. Noi siamo decisamente in questo secondo mazzo. Siamo dell’idea che con lui in campo, lo scorso febbraio, la politica italiana sarebbe definitivamente cambiata: Silvio Berlusconi non avrebbe nemmeno corso, aprendo alla successione a destra, e il centrosinistra avrebbe sbaragliato il campo, risparmiandoci mesi e mesi di pantano, fibrillazioni istituzionali, l’elezione bis di Napolitano e un teatrino infinito. Certo governare era tutta un’altra musica e non è affatto detto che Renzi sarebbe stato all’altezza, ma almeno schieramenti e responsabilità sarebbero state chiare. Senza alibi, alleanze riluttanti Pd-Pdl e governi tecnico-politici. Sappiamo invece com’è andata e ora a Renzi tocca ripartire da zero o quasi, schivando la trappola dell’adulazione, degli amici posticci, del risucchio su posizioni vetero e del consenso facile lisciando il pelo al senso comune di una sinistra perdente da troppi anni. È questa risacca che deve evitare Renzi se vuole davvero farsi leader innovativo.

Non parliamo tanto del carro renziano su cui stanno salendo velocemente personaggi i più svariati e diversi in cerca di posti e sopravvivenza: questa in fondo è commedia umana, succede fin dalla notte dei tempi. Parliamo della linea politica che sta prendendo ultimamente il sindaco di Firenze. Qualche settimana fa Salvatore Merlo su Linkiesta lo ha stanato da par suo: Renzi ha talento ma deve studiare, costruirsi una vera squadra intorno, non scimmiottare le mode del momento, novello uozzamerica… Critiche dure ma secondo noi giuste e costruttive. Sulle policy vale lo stesso. Quando Renzi faceva il rottamatore, pur senza entrare (giustamente) nel dettaglio di un programma politico, descriveva un’idea di società chiara e moderna: liberare risorse, rompere i corporativismi della società italiana, tagliare tasse e sprechi, riformare la pubblica amministrazione e la giustizia, la scuola e il mercato del lavoro superando la cultura pansindacalista e concertativa che ammorba la nostra economia. Era la visione di una sinistra riformista sulla scia di Clinton e Blair.

Invece ultimamente Renzi sembra essersi incartato. Piu si avvicina la partita per il congresso Pd più si accuccia nel recinto classico della sinistra perdente: non dice una parola sui conservatorismi Cgil, non parla più di tasse e spesa pubblica, di riforme della scuola e del mercato del lavoro. Capiamo bene l’esigenza di prendere i voti dentro al partito e tra i suoi miltanti, ma la forza del sindaco di Firenze, la sua vera rottura a sinistra, è stata quella di parlare direttamente all’opinione pubblica, senza blandire o farsi blandire dal mainstream corrente e dalle lusinghe dei giornaloni di area. Se Renzi non fa più Renzi, se è solo una versione pop dello status quo, tanto vale tenersi i vecchi leader. Perdenti e rottamati. E noi che gli riconosciamo la stoffa giusta, abbiamo il dovere di dirglielo… 

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