Tra Renzi e Cinque Stelle è guerra all’ultimo voto

Lo scontro elettorale per il dopo-Letta

«Andiamo a vincere!». L’impennata della crisi governativa riaccende gli entusiasmi in casa Cinque Stelle dove già ci si arma per la campagna elettorale, questa volta con le spalle coperte dai mesi di attività a Palazzo. Se saranno elezioni a breve l’avversario più temibile ha le sembianze di Matteo Renzi: uno che ai grillini contende temi, elettorato e la voglia di tornare alle urne al più presto. Da parte sua il Movimento prepara il post-Letta con il vento in poppa: gli errori della premiata ditta Pd-Pdl spianano la strada alla creatura di Beppe Grillo che cresce ben oltre il 20% nei sondaggi e intende prenotarsi un posto al governo.

Il rapporto tra Renzi e il Movimento è all’insegna della guerriglia continua, un campo minato di frecciatine che si alternano a bordate. Il sindaco non ha mai fatto mistero di voler lanciare l’Opa sul consenso dei grillini e ora assurge a nemico numero uno del Movimento. Il destino dei duellanti pare lo stesso delle rette parallele, che corrono vicine ma non s’incontrano mai nonostante le battaglie “comuni”: dall’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti al taglio dei costi della politica. Sul piatto della discordia balla una fetta di elettorato deluso: un esercito di scontenti, astenuti e indecisi che oscilla tra il Movimento dell’ex comico e l’avanguardia del fu rottamatore. Tanto in piazza quanto sul web, Beppe Grillo e Matteo Renzi si sono confermati veri e propri fenomeni mediatici in controtendenza con la crisi di rappresentanza nostrana e adesso apparecchiano il ring elettorale. «Il Pd deve mirare a recuperare uno ad uno tutti gli elettori del Movimento 5 Stelle», ripete il sindaco indispettendo non poco i colleghi grillini.

Gli attacchi stellati decollano nel 2012 con una lettera di un dipendente comunale di Firenze pubblicata sul blog di Grillo per denunciare «le folli spese di Renzi» quando era a capo della Provincia. Ora lo stesso impiegato interviene alla web tv di Salvo Mandarà e annuncia di voler pubblicare le ricevute incriminate supportato da parlamentari ed ex comico. Intanto con l’ascesa al Nazareno aumenta il livello di allerta tra i ranghi del Movimento perché il sindaco vive e lotta anche su temi e terreni cari ai Cinque Stelle, in un duello continuo con reciproche accuse di plagio. Le scudisciate più forti arrivano però da Beppe Grillo, che in tempi non sospetti accusava «l’ebetino di Firenze» di «soffrire di invidia penis perché vorrebbe essere come il M5s, ma deve accontentarsi di essere del Pdmenoelle». Nelle ultime settimane il leader è tornato all’attacco: «Renzi non dice mai una cosa vicina alla gente comune, non ci riesce. È l’uomo delle banche e dei capitali». Segue una lista di dichiarazioni del sindaco su Marchionne, matrimoni gay, Tav e articolo 18.

Dopo il capo sfilano i parlamentari. «Renzi è di destra», ripetono molti tra deputati e senatori stellati senza il timore di dover chiedere l’anonimato. «Non capisco cosa ci faccia nel Pd – chiosa Giulia Sarti – e comunque ci studia da tempo, ha scimmiottato molte delle nostre posizioni». Incalza Roberto Fico: «Prima si riempie la bocca di paroloni e poi va a fare le riunioni coi finanzieri a porte chiuse». Anche Alessandro Di Battista spinge sulla trasparenza: «Durante le campagne elettorali Renzi ha ricevuto soldi da industriali e sponsor importanti, temo non sia una persona libera». Per poi raccontare su Facebook il suo recente incontro con il sindaco, «educato ma ruffiano, si muove tipo Gianni Morandi». Lungi dal trincerarsi dietro al no comment, Renzi cannoneggia il Movimento: «Si occupa solo di scontrini e diaria», «Dite al M5s che li paghiamo per risolvere problemi e non per fare sceneggiate». Gli risponde a tono il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio: «Noi paghiamo Renzi per fare il sindaco di Firenze, non lo showman in giro per l’Italia».

Tempo qualche giorno e l’orbita grillina torna all’attacco per contestare il faccia a faccia tv tra Lilli Gruber e Matteo Renzi a Otto e Mezzo. La denuncia, rilanciata dal blog di Grillo, punta il dito contro il fatto che «la sera prima è andato in onda un interrogatorio con domande a raffica alla senatrice del Movimento 5 Stelle Paola Taverna, mentre con il sindaco di Firenze il clima della trasmissione cambia. La Gruber ha preferito non partecipare alla trasmissione, e quindi ha parlato sempre Renzi. Nessuna domanda scomoda». A stretto giro di posta ecco un’altra strigliata: il blog di area grillina “ControCorrente” pubblica cinque domande che «nessun giornalista tv farà mai a Renzi». Tra le questioni scomode svettano le accuse per le irregolarità nelle assunzioni e l’assenteismo a Palazzo Vecchio, tema su cui i grillini battono da tempo. Infine la domanda regina sui contenuti della proposta politica dell’ex rottamatore: «Non abbiamo capito, per fare solo due esempi, in che modo intende aumentare l’occupazione dei giovani e rendere più efficiente la pubblica amministrazione. Potrebbe cortesemente spiegarcelo, visto che ai giornalisti televisivi non interessa?».

La guerra sale d’intensità ora che Renzi si appresta a lanciare l’assalto a Palazzo Chigi. Non bastano i voti del centrodestra, il sindaco vuole anche quelli del M5s per sminare il terreno comune. «La stragrande maggioranza di chi ha votato Cinque Stelle – scandisce – non ne poteva più della vecchia classe politica quindi quei milioni di elettori vanno ripresi uno per uno con i fatti, dobbiamo andare all’attacco e non avere paura del M5s». A rinfrancarlo si aggiunge il sondaggio commissionato da La Repubblica a Demos, secondo cui il 40,9% degli elettori M5s preferirebbe Matteo Renzi come prossimo presidente del Consiglio, dieci punti in meno rispetto agli intervistati di area Pd dove invece il gradimento si assesta al 51,4%. Il dato eclatante è che in terra stellata il sindaco batterebbe addirittura Beppe Grillo, scelto solo dal 21,4% di chi ha votato Cinque Stelle. Eppure a sentire Andrea Cecconi, deputato M5s pesarese, le cose stanno diversamente: «Trovo che Renzi non abbia questo gran futuro nel Pd, si sta rendendo conto che più vanno avanti le cose, più perde mordente. Non sarà scelto nè come premier nè come segretario». E allora non ne resterà nemmeno uno.

Twitter: @MarcoFattorini

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