«Grande compattezza del Pdl: il 99% ha firmato». Gongola Roberto Formigoni, senatore ed ex-Presidente della Lombardia, che continua a sostenere la linea dei falchi che hanno presentato le dimissioni in vista della decadenza di Silvio Berlusconi da palazzo Madama. «Tutta scena» commentano alcuni esponenti di centrodestra a Montecitorio, dal momento che è ormai palese come la minaccia sia solo polvere negli occhi. Perché sotto questa «apparente e massiccia» solidarietà ad un Cavaliere prossimo alla caduta, rinchiuso nel suo bunker di palazzo Grazioli, cova infatti la congiura di palazzo. «Il golpe» contro Berlusconi, lo definisce un centrista.
In queste ore sta prendendo forma la strategia per scongiurare il voto a novembre e salvare il governo di Enrico Letta, benedetto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Sono le «Idi di marzo» di Berlusconi. Fino adesso a non firmare la lettera di dimissioni sarebbero stati in cinque tra deputati e senatori: Gaetano Quagliariello, Carlo Giovanardi, Giuseppe Castiglione, Salvatore Torrisi e Pippo Pagano. Sono tutti espressioni di aree ben definite, tra centrismo e riformismo.
A quanto pare sarebbe il primo, il ministro per le Riforme Costituzionali, a dare le carte al tavolo della grande partita di poker che si sta svolgendo tra Quirinale e palazzo Grazioli. E che nell’ultima mano, se la situazione dovesse precipitare, potrebbe calare il poker d’assi, ovvero la nascita un nuovo gruppo parlamentare al Senato formato da fuoriusciti del Pdl, del Misto e del Gal (Gruppo Autonomie e Libertà). Il nome ci sarebbe già: “Italia Popolare”.
Del resto, se c’è un esponente politico pidiellino che nell’ultimo anno ha avuto un filo diretto con Napolitano questo è proprio Quagliariello. È stato uno dei saggi. È quello che ha gestito insieme con Luciano Violante la delicata trattativa tra Berlusconi e Napolitano sulla grazia. Ed è quello che si sta occupando della riforma più delicata e importante per il Capo dello Stato, ovvero la nuova legge elettorale. Anche per questo motivo, per non turbare il rapporto con Napolitano, Quagliariello ha deciso di non firmare la lettera di dimissioni. E a chi lo ha sentito nelle ultime ore continua a ripetere la stessa frase: «Se lo lasciassero lavorare in pace questo governo sarebbe in grado di portare a casa grandi risultati».
Da quel trapela, Quagliariello non sarebbe dell’idea di spaccare al momento, ma nel caso in cui «la congiura si estendesse magari anche ad Angelino Alfano» spiega una voce a Palazzo Madama «allora potrebbe prenderne parte». Al gruppo potrebbero associarsi diversi senatori centristi, quali, per esempio Maurizio Sacconi o forse, chissà, lo stesso Formigoni, perché si racconta che il gruppo ciellino, in particolare l’altro ministro Maurizio Lupi, sia particolarmente «in agitazione» in questa fase così delicata per l’esecutivo.
Di certo, di questa nuova squadra a sostegno di Letta faranno sicuramente parte il gruppo sudista di Castiglione, deputato, fedelissimo appunto del vicepremier Alfano, ma uomo «importantissimo» per gli equilibri di Montecitorio e palazzo Madama. E sarebbero infatti già una dozzina i senatori eletti nelle regioni di centrosud grazie al premio di maggioranza, convinti che non potrebbero essere più ricandidati alle prossime elezioni, a decidere di non rompere e non seguire i falchi come Renato Schifani e Daniela Santanchè.
Si tratta della famosa «pattuglia di ex Dc» del sud di cui si parla da più di un mese. Tra questi ce ne sono molti che hanno smentito possibili tradimenti, ma in realtà ci sarebbe già un’intesa di massima per votare la fiducia a Letta. Tra questi si segnalano: Pippo Pagano, Giuseppe Ruvolo, Francesco Scoma, Pietro Langella, Antonio Milo. E poi ci sono i peones, come Domenico Scilipoti o Antonio Razzi. Quindi gli esponenti del Gal, un gruppo di 10 berlusconiani e no, dove svetta Paolo Naccarato, ex fidatissimo di Francesco Cossiga, che a più riprese in questi giorni lancia messaggi al Cavaliere su possibili tradimenti di «suoi» fedelissimi.
E poi si potrebbe ancora pescare nel gruppo misto, tra qualche ex Movimento Cinque Stelle cacciato. A questo punto, contando pure sui quattro senatori a vita nominati a fine agosto da Napolitano, Letta potrebbe ottenere una fiducia tonda al Senato, contando su numeri abbastanza stabili.
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