«È un costume diffuso, quando inizia un congresso c’è questa cattiva abitudine: si vince aumentando le tessere». Luisa Bossa, parlamentare del Pd di origine campana, lo dice senza mezzi termini. Il caos sulle tessere «gonfiate», che starebbe facendo tremare Largo del Nazareno, e che si ripete ogni volta che si celebra un congresso; è un mantra che ormai da diversi anni caratterizza le competizioni democratiche. Una storia che corre dritto dritto alla file dei cinesi per le primarie di Napoli, o al caos che si venne a creare più di un anno fa in occasione delle primarie per la corsa a sindaco di Palermo «Vinse Rita Borsellino, o Fabrizio Ferrandellii?», si domandano ancora oggi gli elettori democrat del capoluogo siciliano. Quella volta, per usare un’espressione sicula, «finì a schifiu». E questa volta?
Anche questa volta da Torino a Catania la storia si ripete: il «costume» non si differenzia per latitudine. I signori delle «tessere», sparsi su tutto il territorio nazionale, non vogliono sfigurare. Quelli che in gergo politichese vengono chiamati «capibastone» acquistano pacchetti di tessere, e in questo modo si pesano nei congressi di circolo, e nei congressi provinciali. «Perché è lì che un consigliere comunale, provinciale, o regionale, fa valere la propria forza elettorale», spiega chi conosce le dinamiche congressuali.
Nonostante sui giornali si parli delle performance di Matteo Renzi e del «cambia verso» della nuova Leopolda, nei congressi territoriali regna il caos. Il percorso congressuale è iniziato da circa una settimana, ma prosegue a singhiozzo. Le polemiche non mancano. Anzi. E il guinness dei primati si registra, manco a dirlo, nelle regioni del Sud. Anomalie sul tesseramento sono state rilevate nelle province siciliane. Punta dell’iceberg ciò che è successo nel capoluogo ai piedi dell’Etna. A Catania, nella città del renziano dell’ultima ora Enzo Bianco, i due candidati alla segreteria provinciale – Jacopo Torrisi e Mauro Mangano – «hanno deciso di comune accordo di ritirare le candidature». Una decisione che «scaturisce dalla necessità di evitare, in una fase convulsa, lo svolgimento di un congresso che si stava caratterizzando più per le polemiche e gli scontri che per un confronto utile alla crescita e al rilancio del partito», recita il comunicato del Commissione provinciale del Congresso Catania, Alessandro Tuccio.
Messa così sembrerebbe il risultato di un acceso scontro verbale, o di un accesso dibattito sulle mozioni. «Ma quando mai», si dice in città. Perché lì si sarebbe consumato uno scontro fra «potentati» del territorio all’insegna del numero delle tessere. Da una parte il sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Berretta, cuperliano di ferro, ma sostenitore del renziano Mauro Mangano.
Dall’altra il sindaco Enzo Bianco che insieme alla Cgil catanese spingeva per Jacopo Torrisi, figlio di Giacomo, dirigente del Pci. In questo contesto il numero di tessere sarebbe cresciuto in maniera esponenziale, e in alcuni circoli come quello di Misterbianco si sarebbe registrato «un aumento delle tessere pari al 200 per cento».
A Paternò invece, patria di Ignazio La Russa, le tessere sono aumentate del 400 per cento. Secondo alcuni dati rivelati a Linkiesta, «nella sola Catania il numero di iscritti è passato dai duemila del 2012 ai cinquemila del 2013». Il sospetto è che dietro queste «anomalie» si nascondano anche i «capibastone» del centrodestra catanese che avrebbero tentato di aiutare l’uno, o l’altro candidato. Su tutti l’ombra dell’ex governatore Regione siciliana Raffaele Lombardo. Del resto, rivela una fonte del settimanale Left, «so per certo che la segretaria del sindaco Enzo Bianco ha convocato i consigliere di maggioranza non appartenenti al Pd, per consegnare loro pacchetti di tessere già pagate, con l’obiettivo di sostenere il suo candidato alla segreteria. Tra loro anche il vicesindaco Marco Consoli, e il capogruppo della lista Bianco Sindaco Alessandro Proto, ex Mpa ed ex Udc».
Insomma polemiche e veleni che surriscaldano il clima, e costringono Largo del Nazareno ad intervenire, mandando il bersaniano Nico Stumpo in Sicilia per chetare gli animi e, sopratutto, per trovare una soluzione. La mediazione Stumpo, ormai da un paio di giorni nell’isola, la trova e verte su due punti: sospensione del congresso, e gestione collegiale del partito etneo fino alla prossima primavera. Ma non è l’unico caso.
Sempre nell’isola si sono registrate «anomalie» a Palermo, Siracusa e Ragusa. Nel capoluogo di regione si sarebbero riscontrate dei vizi di forma nella scelta dei candidati. Secondo i civatiani, il cuperliano Antonio Rubino e il renziano Carmelo Miceli, avrebbero violato il «principio di candidabilità» non dimettendosi in tempo dalle cariche ricoperte in seno al partito. Sempre a Palermo Gandolfo Librizzi, renziano componente del comitato per il congresso regionale, ha sottolineato che «non riusciamo a calcolare la platea degli iscritti nei vari circoli e quindi il numero dei delegati che ogni sede deve eleggere al congresso provinciale. Il motivo? Alcuni responsabili dei circoli hanno portato centinaia di tessere senza affiancare i versamenti in denaro». Infatti anche nel capoluogo segnalano un «boom» anomalo di tessere nell’ultima settimana con un aumento, anche qui, del 200% degli iscritti rispetto al 2012. A Siracusa avrebbero potuto votare soltanto i tesserati del 2012 perché le iscrizioni del 2013 non ci sono ancora. E in due comuni, Lentini e Carlentini, «fino a qualche giorno non possedevano neanche le tessere». Insomma anche ricorsi a valaga, ed assise provinciale a rischio. Discorso analogo a Ragusa, dove i civatiani hanno presentato un ricorso a Roma contro la delibera della commissione regionale che ha escluso dalla conta dei delegati i due nuovi circoli del Pd, «ammettendo solo le tessere del 2011 e del 2012».
Meritano un discorso a parte le due province dell’entroterra siciliano. Ad Enna non c’è stata partita. Vladimiro Crisafulli, il «re della città più alta d’Italia», l’aveva detto: «Qui vinco con il proporzionale, col maggioritario e con il sorteggio». Escluso dalle liste per elezioni politiche 2013 «per opportunità politica» – scrisse la commissione nazionale di garanzia – Crisafulli è il primo segretario provinciale del congresso 2013 con il 90% dei consensi, staccando gli altri candidati di un migliaio di voti. Chapeau. L’altra provincia dell’entroterra, Caltanissetta, si distingue perché ha un solo candidato alla segreteria del Pd, l’uscente Giuseppe Gallé, che sarà sostenuto praticamente da tutti: renziani, cuperliani, bersaniani, franceschiniani. E nel segno del «rinnovamento» i renziani avrebbero preferito sfilarsi. Curiosità: anche nella Messina di Francantonio Genovese – recentemente coninvolto in uno scandalo sulla formazione professionale, e re delle «tessere» e dei consensi – c’è solo un candidato Basilio Ridolfo, che, guarda un po’, sarebbe legato a Genovese.
La Sicilia è solo la punta dell’iceberg. Ma «anomalie» si riscontrano anche nel tesseramento calabrese. Ad Acri e Rossano, recita il documento redatto della commissione di garanzia Cosenza, «il tesseramento si sta svolgendo senza alcuna verifica da parte degli organi regionali e provinciali, con dirigenti locali che arbitrariamente stanno procedendo alla compilazione di tessere operando con evidente squilibrio in favore di una delle componenti che concorre alla guida del partito».
In Campania, manco a dirlo, Napoli registra un incremento di 3mila di tessere soltanto negli ultimi tre giorni. Al Vomero, raccontano a Linkiesta, «c’erano 27 tesserati, stamane il delegato ha consegnato un elenco di tesserati di 200». «È la normalità», riferisce chi conosce il territorio. Stesso discorso vale per Giugliano, da 27 tessere a 864 nel giro di 24 ore, oppure per Castellamare di Stabia che in un giorno raddoppia i tesserati (da 600 a 1050). Addirittura ad Avellino tre candidati su quattro alla segreteria provinciale chiedono a gran voce lo slittamento dell’assise. Mentre i civatiani non si schierano «per caos procedurale e per poco chiara gestione del tesseramento».
Spostandoci nella Puglia del neo-renziano Nicola Latorre, a Lecce si sarebbe andati oltre, cambiando le regole in corsa: il segretario provinciale sarà eletto dalla maggioranza dei delegati e non dei tesserati. E anche qui, come nel caso siciliano, Largo del Nazareno ha mandato un deputato, il veltroniano Roberto Mourassut, a vigilare sullo svolgimento del congresso.
Ma le «anomalie» sopra riportate non riguardano soltanto il sud del Paese. Non possiamo affermare che il Nord sia esente dalla «compravendita delle tessere». Anzi. A Torino, dalle 12mila tessere dello scorso anno si è passati alle 26mila del 2013. C’è chi dice che dietro questo ingrossamento delle tessere si nasconda uno scontro fra il blocco socialista, e la Cgil di Torino. In realtà si ritiene sia «semplicemente» stato un errore «romano». «È stato quasi certamente un problema di invii di tessere», spiega Giovanni Lunardon, inviato dal Nazareno a Torino. Tuttavia , avverte la commissione congresso Pd, «a garanzia del regolare svolgimento dei congressi verranno inviati garanti a vigilare sul tesseramento». Saranno sufficienti?