Portineria MilanoIl segreto dell’urna è l’ultima chance di Berlusconi

Il voto al Senato e la pena da scontare

E adesso? La giunta per le immunità del Senato ha votato per la decadenza di Silvio Berlusconi da senatore. Ora, affinché il Cavaliere abbandoni lo scranno, la palla passa all’aula di Palazzo Madama: non è detto che possano esserci sorprese. La perdita dell’immunità sarà decisa nel segreto dell’urna. Dove i senatori non dovranno dare conto a nessuno del proprio operato o della propria scelta. Certo, il 19 dovrebbe arrivare l’interdizione dai pubblici uffici dalla Corte d’Appello di Milano, su cui potrebbe poi esserci un ricorso in Cassazione, ma Berlusconi sembra non avere la minima intenzione di dimettersi. “Vuole fare il martire” dicono nel Pd. “Lotterà fino all’ultimo” ribattano dal PdL.

Il motivo è presto detto: c’è il voto segreto che potrebbe salvarlo. In pochi ci credono, ma a Montecitorio, dove ogni due per tre si ricorda il siluramento di Romano Prodi da Presidente della Repubblica, c’è chi invita a dare uno sguardo pure sulle ultime notizie di indagini e inchieste sul Pd, dal caso Lorenzetti fino a quello della segretaria di Bersani. In particolare a quest’ultimo che, come rivelato da Il Fatto Quotidiano, è arrivato sui tavoli procura di Roma. “Non è che un giorno i democratici si ritroveranno a chiedere anche loro il voto segreto?” si domanda un esponente di centrodestra. «Ricordo» dice l’ex presidente del Senato Renato Schifani «che in occasione del voto sul senatore Sergio De Gregorio è stato Zanda (attuale capogruppo del Pd, ndr) a ricordarmi che il voto è segreto. E segreto fu».

Non è un caso che appena terminata la camera di consiglio sia partito un fuoco di fila di dichiarazioni, da parte del Pdl e del Pd, tra chi nel centrodestra consiglia ai democratici di cambiare idea e chi invece, tra i democrat, sostiene di stare attenti al voto del Movimento 5 Stelle. I grillini e anche esponenti del Pd chiedono proprio per questo il voto palese. Schizzi di veleno. Antipasto di almeno una nuova settimana di dibattiti, prima che il provvedimento arrivi al voto. Il problema sono al solito i franchi tiratori. E c’è chi in queste ore a Montecitorio ricorda che Bettino Craxi alla fine fu salvato il 29 aprile del 1993 quando la camera respinse l’autorizzazione a procedere.

Altri tempi. C’è un motivo se in queste settimane in tanti, dal Presidente della Repubblica fino al segretario del Pdl Angelino Alfano hanno chiesto al Cavaliere di dimettersi: evitare nuove fibrillazioni o Vietnam parlamentari. Del resto dopo la fiducia raggiunta dal premier Enrico Letta, a livello di esecutivo c’è voglia di tranquillità. Ma Berlusconi non vuole sentirci. Vuole andare fino in fondo e giocarsela. Il comunicato di palazzo Grazioli parla chiaro: «La democrazia di un Paese si misura dal rispetto dalle norme fondamentali poste a tutela di ogni cittadino» scrive Berlusconi. «Violando i principi della Convenzione Europea e della Corte Costituzionale sulla imparzialità dell’organo decidente e sulla irretroattività delle norme penali oggi sono venuti meno i principi basilari di uno stato di diritto. Quando si viola lo stato di diritto si colpisce al cuore la democrazia».

E poi, ha sottolineato l’ex premier,

Questa indegna decisione è stata frutto non della corretta applicazione di una legge ma della precisa volontà di eliminare per via giudiziaria un avversario politico che non si è riusciti ad eliminare nelle urne attraverso i mezzi della democrazia.

La situazione è fluida. Ma il pallottoliere è nemico in questo momento di Berlusconi. Denis Verdini, coordinatore nazionale, si è però messo al solito a fare i calcoli sui numeri di palazzo Madama. In teoria, servirebbe il voto di 20 senatori tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle. Impensabile a detta di tutti. Non solo. Si dovrebbero calcolare come già acquisiti i voti di Scelta Civica, 21 considerando il presidente del Consiglio Mario Monti. Su questo punto, nel Pdl, c’è chi dice si possa lavorare. L’ex premier, professore della Bocconi, aveva aperto alla “grazia” per il Cavaliere nel caso avesse abbandonato la scena politica.

Non solo. Benedetto Della Vedova, che ha votato a favore della decadenza nella giunta per le autorizzazioni, ricorda che sul voto in aula “ne discuteremo”, lasciando intendere che ci possano essere spazi di trattativa. Del resto, gli scissionisti del Pdl, le colombe che stanno lottando con il Cavaliere per organizzare un gruppo alla Camera continuano a dialogare con i centristi. Le sorprese, in questo Vietnam parlamentare sono sempre dietro l’angolo.

Twitter: @ARoldering

LEGGI ANCHE:

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter