Avrà pure pianto il “falco” Denis Verdini, come raccontano i retroscena, quando Silvio Berlusconi ha deciso di rinnovare la fiducia al governo Letta. Ma il fatto che la legislatura prosegua non può che far sorridere il senatore e attuale coordinatore del Popolo della Libertà. La scorsa settimana, infatti, la giunta per le autorizzazioni della Camera dei Deputati presieduta dal Ignazio La Russa (assente, ndr) ha rinviato per l’ennesima volta il parere sull’uso di intercettazioni telefoniche del processo sulla P3 (vedi documento), richiesto dalla procura di Roma, dove oltre a Verdini sono coinvolti Nicola Cosentino e Marcello Dell’Utri. La posizione dei tre è stata stralciata e secondo ambienti della procura c’è il rischio che alla fine, tutti insieme, possano sfuggire al processo.
La richiesta di autorizzazione riguarda 123 conversazioni telefoniche registrate nel corso del 2009. Verdini è intercettato in 53 telefonate, mentre nelle altre 70 compare l’ex senatore Marcello Dell’Utri. Nei dialoghi è spesso citato il nome di Silvio Berlusconi, l’ex premier e leader del centrodestra che a breve potrebbe scontare una condanna per frode fiscale già passata in giudicato. E in quei faldoni di migliaia di pagine c’è «molto di giustizia» legata al Cavaliere, dalle presunte pressioni sul Csm fino al famoso Lodo Alfano del 2008, che -secondo il pubblico ministero – evidenzierebbero «i tentativi, compiuti da alcuni coimputati, di avvicinamento dei giudici della Corte costituzionale in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato».
Secondo il pm gli imputati, tra cui Verdini e Dell’Utri, avrebbero agito «come un vero e proprio gruppo di potere occulto, volto a interferire nel funzionamento di organi costituzionali e della pubblica amministrazione, avvalendosi di una rete di rapporti diffusi negli ambienti della politica, della magistratura, della pubblica amministrazione e dell’imprenditoria, in un complesso intreccio di interessi condivisi, minacce, benefici procurati o promessi, che sarebbe andato oltre un’azione di semplici “raccomandazioni” neutre sotto un profilo penale, generando un potere che di fatto avrebbe consentito ai componenti del gruppo di proporsi quali efficaci elementi di pressione e di intervento presso i più diversi organi dello Stato».
Il motivo dell’ennesimo rinvio? Secondo Ignazio La Russa, ora di Fratelli d’Italia «gli atti vanno restituiti all’Autorità giudiziaria in quanto inidonei a radicare una competenza della Giunta e della Camera dei deputati». Verdini all’epoca dei fatti, correva l’anno 2009, era deputato, ora è senatore. Cosentino invece era deputato, mentre Dell’Utri senatore: un rimpallo di competenze tra palazzo Madama e Montecitorio che non fa che rimandare ogni possibile decisione: la richiesta è stata avanzata il 12 aprile 2013 dal giudice per le indagini preliminari. Non è un caso che il deputato del Movimento 5 Stelle Giulia Grillo abbia fatto mettere agli atti della giunta questa considerazione: «Il paventato rischio di perdere del tempo appare concreto, considerando che è la quarta volta che l’argomento in esame viene trattato ripetendo cose già dette: è un comportamento poco serio».
Detto in soldoni: si chiude tutto in un nulla di fatto. Un rinvio che risulta determinante ai fini del procedimento che stenta a decollare per la lentezza dei lavori parlamentari, dal momento che il giudice dell’udienza preliminare Elvira Tamburelli si è trovata costretta dividere in due parti l’inchiesta, stralciando la posizione dei 3, separandola dagli altri 17. A questo punto il trio – accusato a vario titolo dai pm di aver violato la legge Anselmi sulle società segrete, associazione a delinquere, abuso d’ufficio, illecito finanziamento dei partiti – potrebbe sfangarla, evitando il processo. «Abbiamo chiesto da tempo un commissione interparlamentare di camera e senato per capire come muoverci – denuncia il deputato e membro M5s Alessio Tacconi – non è successo niente, continuiamo parlare su come affrontare la questione invece che entrare nel merito»
Tra le maglie dell’inchiesta, va ricordato, oltre alle pressioni sugli organi di giustizia, si ritroverebbe traccia pure degli scandali sul piano eolico in Sardegna; la campagna di diffamazione in danno i Caldoro, candidato a Presidente della regione Campania, al fine di favorire la candidatura di Cosentino; e poi materiale relativo al giudizio sull’esclusione della lista “Per la Lombardia” di Roberto Formigoni (attuale presidente della commissione Agricoltura della Camera ndr) dalla competizione elettorale per il voto lombardo del 2008 e il tentativo di organizzare un’ispezione presso gli uffici della Corte di appello di Milano finalizzata alla riammissione della lista. E, secondo gli inquirenti, «il senatore Verdini e l’ex senatore Dell’Utri, unitamente all’allora deputato Nicola Cosentino», avrebbero avuto «il loro peso nelle relazioni politiche ed esterne che si assumono funzionali al raggiungimento dei progetti illeciti».
I due senatori, unitamente ad altri imputati, sarebbero indagati per aver «costituito, organizzato e diretto un’associazione per delinquere, diretta a realizzare una serie indeterminata di delitti di corruzione, abuso d’ufficio, illecito finanziamento, diffamazione e violenza privata; associazione caratterizzata inoltre dalla segretezza degli scopi, dell’attività e della composizione del sodalizio e volta altresì a condizionare il funzionamento di organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, nonché di apparati della pubblica amministrazione dello Stato con l’obiettivo di rafforzare sia la propria capacità di penetrazione negli apparati medesimi mediante il collocamento in posizioni di rilievo di persone a sé gradite, sia il proprio potere di influenza che la propria forza economico-finanziaria».
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