L’Italia paga già per il controllo delle coste libiche

Il decreto che finanzia le missioni

Questo pomeriggio il presidente del Consiglio Enrico Letta convoca a Palazzo Chigi un vertice per mettere a punto la missione militare e umanitaria “mare sicuro”. Un’operazione da concordare con i ministri competenti per arginare l’emergenza immigrazione e incrementare i pattugliamenti da parte dei mezzi della Marina militare. «Puntiamo a triplicare la nostra presenza nell’area Sud del Mediterraneo – ha spiegato il ministro della Difesa Mario Mauro – Per contenere la crisi attuale, dovuta in parte alla situazione di “non-Stato” in cui si trova la Libia».

Un impegno meritorio del nostro governo, non c’è dubbio. Ma non l’unico, soprattutto in termini economici. Proprio a Tripoli, infatti, l’Italia concede già diversi finanziamenti per il controllo delle frontiere. Specie quelle marine. Una voce di spesa che, solo negli ultimi tre mesi dell’anno, equivale a circa 6 milioni di euro. I dettagli sono contenuti nell’ultimo decreto di rifinanziamento delle missioni all’estero, in questi giorni all’attenzione delle commissioni competenti di Montecitorio.

Le uscite principali sono legate alla missione della Guardia di Finanza. Sono trenta i militari che fino al 31 dicembre opereranno in Libia per svolgere attività addestrativa del personale della Guardia costiera locale. Come peraltro previsto dagli accordi tra i due Stati per fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani. In particolare i nostri finanzieri svolgeranno corsi di “qualificazione tecnico-marinaresca”, come spiega in dettaglio il provvedimento. L’impegno principale dei militari, però, sarà rivolto a «garantire la manutenzione ordinaria delle unità navali cedute dal governo italiano a quello libico». Si tratta di quattro motovedette. In origine erano sei, ma due sono affondate durante il recente conflitto. Costo dell’operazione 2.895.192 euro. Quasi un milione al mese.

Gli operatori libici potranno contare anche sull’ausilio di quattro unità della Polizia di Stato. Come spiega l’articolo 1, al comma 20, del decreto sul rifinanziamento delle missioni all’estero. Il piccolo contingente italiano sarà impiegato direttamente nella missione continentale European Union Border Assistance Mission in Libya autorizzata dal Consiglio Europeo il 22 maggio scorso. Dato l’esiguo numero dei partecipanti, stavolta i costi sono più contenuti. 91.403 euro da qui alla fine dell’anno. Decisamente più alto il finanziamento necessario per il personale militare presente oltremare. Se ne occupa il comma 13. Sono 100 unità dell’esercito e 15 mezzi terrestri, anche loro schierati all’interno della missione europea. L’obiettivo è sempre lo stesso: «Fornire alle autorità libiche sostegno per sviluppare – a breve termine – la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere terrestri, marine e aeree libiche e per sviluppare – a più lungo termine – una strategia più ampia di gestione integrata delle frontiere».

Un impegno diretto, quello italiano in Libia. Seppure in forte diminuzione. Il precedente decreto di rifinanziamento delle missioni aveva previsto una spesa ben più alta per lo stato africano. Almeno 7 milioni di euro per mantenere fino a settembre un contingente militare impegnato in attività di «assistenza, supporto e formazione». Quattro milioni e mezzo di euro erano stati destinato al ripristino «dell’efficienza» delle già citate quattro unità navali donate a Tripoli. All’epoca il governo Monti aveva persino previsto un’imponente fornitura di divise e accessori per l’igiene personale alle forze armate libiche. Cinture, cravatte, pigiami. Ma anche trentamila magliette e altrettanti slip di cotone, 80mila tubetti di dentifricio e 30mila confezioni di crema da barba.  

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