Una firma di tutto riposoSono ciellino e sento Lou Reed: che? Nun ze pò?

La morte del musicista newyorkese

Parto da una nota personale: la morte di Lou Reed mi ha davvero colpito pesantemente, lo ascolto dai tempi del liceo, sono andato a sentire il concerto dei Velvet Underground nell’estate del 1993 ad Assago, e ho sentito lui dal vivo almeno altre 6 o 7 volte. La sua morte mi ha lasciato un forte senso di malinconia. Ma non voglio parlare di quel che penso di Lou Reed. Voglio parlare della reazione semi-folle ad un tweet di Roberto Formigoni, che alle 18:42 del 28 ottobre ha scritto:

È morto Lou Reed. Lo confesso, il suo rock mi ha sempre coinvolto. RIP

— Roberto Formigoni (@r_formigoni) October 27, 2013

Oserei dire che il tweet non è passato inosservato: è stato ritwittato oltre 120 volte (al momento in cui scrivo) ed ha ricevuto un’ottantina di risposte, non esattamente benevole, a volere usare un benevolo eufemismo. A parte insulti di varia intensità ed efficacia, il tema centrale è che un politico ciellino come Formigoni non può essere coinvolto dal rock di Lou Reed, perché i messaggi di Lou Reed sono culturalmente e ideologicamente agli antipodi rispetto alla posizione di Formigoni stesso.

Può essere che sia così. O forse no. E allora? A me sembra che la musica sia una cosa universale, di cui nessuno può appropriarsi. Lou Reed tratta di temi universali e non vedo perché Formigoni non possa essere coinvolto dai suoi testi e dalla sua musica. Forse la musica è una prosecuzione della politica con altri mezzi, ma la spocchia intellettuale di questi atteggiamenti è abbastanza sconcertante: chi è dentro nella testa di Formigoni (o di chiunque altro) per decidere se è legittimo il suo rimpianto per la morte di Lou Reed?
Ecco che il massimalismo radical-chic trova nuovi temi polemici per marcare il territorio culturale. Aspettiamo con ansia il sacrosanto appello di intellettuali che chieda a Formigoni di cancellare quell’orrido tweet. Bleah.

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