Dire che sarà il Salone della ripresa è eccessivo. Ma che il 53° “Nautico” di Genova che si apre mercoledì 2 ottobre segni un’inversione di tendenza è corretto. Non fosse altro che per la durata ridotta dell’evento: addio ai nove giorni – insostenibili ormai per gli espositori sopravvissuti alla strage – e benvenuti ai cinque attuali. Il tutto con un layout che si annuncia più lucido di quello visto dodici mesi fa, quando gli spazi esterni lasciati vuoti dai cantieri erano stati riempiti in modo fantasioso: dalle gru per l’edilizia ai mezzi dei Vigili del Fuoco. Mancavano solo le cartomanti, insomma. Il nuovo format nasce anche da una ritrovata armonia tra l’Ucina – l’associazione del settore che fa parte di Confindustria – e la Fiera di Genova che era stata messa a dura prova per l’esito poco brillante (sic) dell’ultima edizione. Tra accuse vicendevoli e la (finta) minaccia dei cantieri di spostarsi in location vicine e lontane, si è trovata una soluzione valida almeno sulla carta. Ancora Genova quindi, ma rivista quasi in toto. Partendo dal Red Wall, nuovo ingresso principale: un muro lungo 145 metri e alto 11. Il rosso è il colore guida del percorso espositivo: un evidente segno di rottura, che pensiona il classico blu che fa tanto yachting style.
«Il Salone 2013 è molto diverso da quelli che l’hanno preceduto – ha detto Sara Armella, Presidente di Fiera di Genova – quest’anno debutta una formula evoluta di evento, a partire dal contenitore, interamente rivisitato che invita a una nuova modalità di visita e di fruizione. Un appuntamento più attuale e, speriamo più efficace, sia nei suoi allestimenti sia nella gestione dei tempi e degli spazi espositivi. Per arrivarci ci siamo basati sull’esperienza cinquantennale e su quanto proposto da Ucina nonché sulla ricerca che abbiamo affidato ad Eurisko su visitatori e operatori. L’obiettivo è mantenere inalterata la leadership della rassegna». In verità, la mission è scontata: il primo salone del Mediterraneo resta (e resterà, a meno di tsunami) quello di Genova visto che il Boat Show di Montecarlo si limita scientificamente ai superyacht e il Festival de la Plaisance di Cannes – per quanto in crescita e seguito dagli italiani – si è imposto di non superare una certa taglia. A Genova c’è di tutto: l’offerta ampia (dal gommoncino ai Baglietto), un marina enorme (difatti, in parte è vuoto) e una città importante alle spalle che inizia finalmente a non “sopportare” il Nautico ma a farne un’occasione di sviluppo, almeno per una settimana.
La planimetria del Salone della Nautica di Genova
Domanda scontata: che salone sarà? Quello della tenuta, più che della riscossa. «Mi piacerebbe poter dire che le oltre 100 novità testimoniano la ripresa del settore ma purtroppo non è ancora il tempo per annunciare l’uscita dalla crisi» sottolinea Anton Francesco Albertoni, presidente di Ucina–Confinustria Nautica. In effetti, i numeri fanno paura. L’Ufficio Studi dell’associazione ha stimato che nel 2012 il fatturato complessivo dell’industria nautica italiana (cantieristica, riparazione e rimessaggio, accessori e componenti e motori) è sceso a circa 2,5 miliardi di euro, in contrazione di circa 27 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Un valore che fa ancora più impressione se paragonato a quello del 2008 – ultimo anno positivo – pari a oltre 6 miliardi di euro. A livello di addetti, nel 2012 si è registrata una contrazione di 5,6 punti percentuali per un valore finale attestatosi intorno alle 19 mila unità. Il settore si è salvato dall’azzeramento solo grazie all’export. visto che il Made in Italy piace ancora agli armatori europei e affascina quelli arabi o russi. Il mercato interno? Non esiste più. «E questo è il vero dramma per le tante imprese che, per caratteristiche strutturali e dimensionali, non sono in grado di cogliere i vantaggi di un mercato sempre più globale e dai confini mondiali» precisa Albertoni.
La ripresa quindi non può che partire dal Mare Nostrum. Sperando non solo che gli armatori italici abbiano qualche euro in più da spendere ma che li vogliano spendere per la loro passione senza essere fermati cinque volte in un week end. E qui entra in campo il nemico numero uno della nautica, Sua Maestà il Fisco che non ha mai guardato di buon occhio le barche, figuratevi quando il Governo Monti ha deciso di usare la scure. Il 2012 è stato probabilmente l’annus horribilis della nautica, al di là della fuga verso i porti francesi o croati in primis. Da qualche mese, si respira un’aria nuova, non freschissima ma almeno non mefitica, e Albertoni lo sottolinea: «Il percorso di semplificazione e innovazione iniziato con l’Agenzia delle Entrate ha già dato importanti frutti: il mantenimento del leasing nautico; la revisione del redditometro, non più penalizzante per le barche come in passato; la fissazione di regole certe per le unità private da diporto in uso commerciale e la cancellazione del nulla osta per la vendita delle unità all’estero».
A testimoniare che si inizia a capire che (forse, perdonateci) un armatore non è per forza un pericoloso criminale – udite udite – in un congresso istituzionale del Salone vedremo all’opera Attilio Befera, Direttore Generale dell’Agenzia delle Entrate. «Un segnale di apertura e rinnovato spirito di collaborazione, di alto valore simbolico, che non possiamo che accogliere positivamente» conclude il presidente di Ucina, che dal suo punto di vista ha ragione. A noi lasciateci il diritto al mugugno, quello che avevano – in cambio di una paga più bassa – i marinai della Repubblica di Genova. Guardacaso.
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