La sabbia nella parte alta della clessidra sta finendo. Tra due settimane Silvio Berlusconi, a meno di rinvii dell’ultimo minuto, non sarà più senatore. E dopo il voto sulla decadenza il 27 novembre, nel momento esatto in cui il Cavaliere varcherà per l’ultima volta la porta di palazzo Madama, diventando così un cittadino comune, lo sguardo di tanti italiani volgerà alle procure della Repubblica italiana, che per quasi vent’anni si sono contraddistinte per indagini a tutto campo sull’ex presidente del consiglio. Anche perché inevitabile si alzerà il polverone dell’opinione pubblica “forcaiola”, poco addentro ai lenti meccanismi della macchina giudiziaria italiana, ma desiderosa di vedere l’ex premier dietro le sbarre.
Da Milano a Roma, da Napoli a Bari la domanda è sempre la stessa. «Lo arrestano?» si domandano da giorni deputati, senatori, boiardi di Stato e ciambellani dei palazzi del potere, pronti ad assistere a un capitolo tutto nuovo della saga berlusconiana. Tanto nuovo che tra le colombe del Popolo della Libertà c’è chi adotta questo refrain per convincere i lealisti a mollare Berlusconi al suo destino prima del consiglio nazionale di sabato: «Lo arresteranno subito, è finito, passate con noi». Berlusconi lo va dicendo da giorni a tutti i suoi interlocutori: «Mi arresteranno appena firmata la mia decadenza». Lo avrebbe detto anche ai giovani «falchetti» incontrati l’altra sera a Roma.
La fine, insomma, sembra vicina. Ma a quanto pare non arriverà per l’ultima condanna definitiva sul caso Mediaset, che diventerà esecutiva nel 2014, bensì su altri fronti giudiziari che potrebbero aprirsi nelle prossime settimane. Come spiega un autorevole esponente di centrosinistra, più che mai garantista, «ci sarà la gara tra i magistrati a mettergli le manette per primo, anche per appena 48 ore, per ritagliarsi una prima pagina di un giornale, ci proveranno, per fargliela pagare». Lo stesso Berlusconi teme da mesi che le procure si accaniscano su di lui in modo indiscriminato appena uscito dal Parlamento. Perché sono tanti i procedimenti in corso e chissà quanti ancora ne potrebbero saltare fuori. Non è un caso che in questi giorni, tra le fila di centrodestra, c’è chi ricorda il discorso che il Cavaliere tenne a Brescia prima delle elezioni comunali, quando si paragonò a «Enzo Tortora» o i paragoni con Julia Tymoshenko. Segno, secondo alcuni, che il mandato d’arresto nel cassetto alcuni pm lo hanno già. E il Cav e suoi legali se lo aspettano.
Sarebbero due i processi che spaventano il Cavaliere e dove ci potrebbero essere gli estremi di un mandato di arresto, che potrebbe essere richiesto nei casi di rischio di reiterazione del reato, inquinamento delle prove o fuga all’estero. Stiamo parlando del filone di Finmeccanica a Napoli dove è imputato Valter Lavitola e del Ruby ter a Milano.
La procura partenopea, dove Henry John Woodcock e Enzo Piscitelli indagano a trecentosessanta gradi sulla vita di Valterino, tra compravendita di senatori e quant altro, è quella che spaventa per davvero Berlusconi. Il Cavaliere lo avrebbe ripetuto diverse volte negli ultimi mesi: «L’inchiesta su Finmeccanica può fare male». Del resto, in quell’indagine che ha portato all’arresto di Paolo Pozzessere, ex direttore commerciale della holding di Stato, accusato di corruzione internazionale, sono diverse le variabili che potrebbero portare la procura a chiedere un approfondimento sul ruolo avuto da Berlusconi nella gestione delle commesse per lo stato di Panama. La vicenda è molto delicata. Di mezzo c’è il presidente dello Stato dell’America Centrale Riccardo Martinelli, agli atti con una vacanza in Sardegna a villa Certosa, negli ultimi giorni tirato in ballo perché avrebbe visitato proprio Lavitola mentre era ai domiciliari.
Valterino smentisce tutto, ma la situazione è in continua evoluzione. E se l’inchiesta sull’ex senatore Sergio De Gregorio, al momento, non spaventa, la prossima udienza è il 14 febbraio, alla fine lo spauracchio più grande per il Cav è rappresentato, al solito, dalla procura di Milano. Prima di tutto per l’esecuzione della condanna arrivata nel processo Mediaset per frode fiscale e, in seconda battuta, pronta ad aprire la stagione di un altro processo all’ex presidente del Consiglio, il Ruby-ter. Il prossimo 3 dicembre arriverà il deposito della sentenza del processo Ruby-bis, da cui, scaturirà un possibile «e sempre più concreto» procedimento Ruby-ter vista la trasmissione di ulteriori atti dal tribunale alla Procura per le posizioni di alcuni testimoni e riguardanti lo stesso Silvio Berlusconi.
È probabile che nell’ambito di un possibile “Ruby-Ter” all’ex presidente del Consiglio vengano contestati, oltre all’eventuale ipotesi di reato di falsa testimonianza, il reato di corruzione in atti giudiziari, per i 2.500 euro al mese versati da Berlusconi alle “olgettine” che hanno testimoniato durante i processi, anche loro a rischio arresto. In aula, a parte le cosidette pentite del bunga-bunga, tutte hanno raccontato di cene eleganti e normali, confermando la circostanza che il Cavaliere versasse loro un assegno da 2.500 euro al mese. Versamenti, quelli alle ospiti da Arcore, tutti da chiarire. Un’accusa, quella di corruzione in atti giudiziari, che se contestata potrebbe far scattare per lo stesso Berlusconi addirittura un’ordinanza di custodia cautelare. Vista l’immunità di cui il Cav non potrà più godere, potrebbe farlo finire agli arresti. La stessa accusa per Berlusconi potrebbe trovare riscontri probatori addirittura più concreti di quelli che hanno portato alla condanna dell’ex presidente del Consiglio nel processo principale scaturito dall’affaire Ruby, in cui è stato condannato a sette anni per concussione e prostituzione minorile.