Facciamo così, indiciamo una moratoria, e per qualche mese non parlateci più dell’abolizione delle province. Questo cammello ce lo avete venduto troppe volte, e alla fine la politica, con la sua straordinaria capacità di dilazione, ci ha ancora una volta fregato. Delle province obsolete e sprecone ci avete parlato durante tutta la campagna elettorale promettendoci solennemente che erano uno spreco inutile e insostenibile, una metastasi di spesa da cancellare con un tratto di penna.
Eravate persino d’accordo: sia il Pd che il Pdl, vi sfidavate a duello su chi l’avrebbe fatto con maggiore decisione. Poi però avete voluto fare di meglio: avete portato il tema in parlamento, vi siete accapigliati, avete ridisegnato i confini, avete fatto imbufalire i vostri amministratori. Quindi avete iniziato a fare una melina unica in Europa, che ha prodotto lo stallo: in ogni partito ci sono, almeno, sia un grande nemico che un grande difensore delle province. I grandi leader, stranamente assenti, sul tema, questa volta si sono dimenticati di dire con quali dei due partiti scelgono di stare.
Così la cancellazione ventilata dal governo dei tecnici e annunciata come immediata, è diventata prima postdatata, poi è stata differita, quindi sostanzialmente sospesa, mentre il ministro Graziano Del Rio calcola e ricalcola gli impatti economici, dicendoci che il risparmio atteso da taglio di quei consigli è di quasi due miliardi di euro.
Sarà così? Difficile dirlo, se è vero che i rappresentanti dell’Upi (di tutti i partiti) ci dicono esattamente il contrario, e cioè che aumenteranno i costi. Mentre Matteo Renzi, probabile nuovo leader del Pd, ripete che non bisogna tornare indietro rispetto all’obiettivo della semplificazione amministrativa.
Alla fine sembra che la cancellazione immediata sia stata cancellata di fatto, se è vero che Sergio Rizzo sul Corriere della Sera, ci racconta dell’ultimo titanico braccio di ferro – in atto in queste ore – per posticipare la scelta finale fino alla primavera, termine entro cui, con nuove elezioni, i consigli sarebbero reinsediati per altri cinque anni (e quindi non più sopprimibili, perché legittimati da un voto popolare recente). E allora ecco la geniale guerra psicologica che il ministro Del Rio ha messo in campo, probabilmente per evitare questa deriva.
Nel momento in cui non può vincere le resistenze dei suoi partiti per via diretta, azzarda una nuova ed accattivante manovra di consenso sull’opinione pubblica: se si cancellassero le province – spiega Del Rio – si creerebbero le condizioni economiche per creare undicimila nuovi posti negli asili. Francamente non so chi sia in grado di capire come andrà a finire: temo nessuno. Per questo però, preferirei che si stendesse un velo pietoso. Facciamo che per qualche mese ci dimentichiamo delle province: ci fate un fischio solo quando avete deciso se cancellarle davvero, oppure no. Ma se non riuscite a decidere, non raccontateci più favole.