Fine anno 2013 di grande lavoro per le banche d’Europa. Il termine “window dressing” che da sempre denota la pratica di abbellimento contabile di fine anno di banche e assicurazioni sembra troppo blando per descrivere quello che aspetta le 130 banche che si sottoporranno al check-up generale da parte della BCE nella sua nuova veste di autorità di regolamentazione. Al ballo della notte di San Silvestro di quest’anno le banche più che coprire le finestre dovranno sanare o almeno ridimensionare i difetti fisici per convincere la giuria del “comprehensive assessment”. E i difetti fisici più gravi si chiamano crediti in sofferenza e titoli tossici: in termini tecnici, “non performing loan” e “level 3 asset”.
Sembra che nella regolamentazione tre sia il numero perfetto: tre pilastri. Anche la procedura complessiva di valutazione prevede tre fasi: i) supervisory risk assessment; ii) asset quality review e iii) stress test. Su ognuna di queste dovremo ritornare con più dettaglio. Per ora, ci basta descrivere le problematiche generali, e discutere quanto questo esercizio potrà realizzare, o almeno avvicinare, un mercato bancario europeo.
Nel supervisory risk assessment verranno affrontati i rischi chiave dei bilanci bancari, “includendo liquidità, leva finanziaria e funding”. Su questo le linee guida BCE restano sul vago, prospettando un modello di valutazione del rischio che verrà sviluppato congiuntamente da EBA e autorità nazionali. È interessante però rilevare che le linee guida fanno riferimento a “analisi qualitative e quantitative basate su informazione backward-looking e forward-looking”. L’informazione backward-looking è quella ricavata dall’analisi di serie storiche del passato. Quella forward-looking è invece estratta dai dati correnti di mercato: per essere chiari, è quella che da noi è usata negli scenari probabilistici proposti da un ufficio della CONSOB e contestati da un altro ufficio della CONSOB stessa. Conforta invece la competenza della massima autorità di regolamentazione europea nel ricordare l’importante distinzione tra i due tipi di informazione che rappresenta l’aspetto distintivo della finanza. A questo proposito, basta ricordare un lavoro di David Bates, che trovò (ex-post) nei mercati delle opzioni una premonizione del crollo di borsa del lunedì nero del 1987. In particolare, provò che nell’anno precedente la crisi, “l’assicurazione contro il crash prezzata nelle opzioni put out-of-the money cominciò a mostrare un prezzo inusualmente elevato… nel corso dell’anno precedente il crash”. In altri termini, se di quel crash non si è mai trovata traccia nella informazione storica, ce n’era nell’informazione forward-looking nascosta nelle opzioni. Nello stesso modo, venendo a questo secolo, dai derivati di credito è possibile ricavare informazione anche su rischi che nelle serie storiche non si sono mai rivelati. Un esempio? Un declassamento del debito pubblico italiano a spazzatura.
Il secondo pilastro è l’asset quality review, il cuore dell’esercizio. L’obiettivo di questa fase è la valutazione dell’“adeguatezza degli accantonamenti per rischi di credito”, la valutazione appropriata del collaterale e “la valutazione di strumenti complessi e attività ad alto rischio”. Da questi fini traspare l’interesse particolare della procedura per il rischio di credito e per i prodotti opachi. Sembra quindi che il concorso di bellezza tra le banche europee si giocherà su tre fonti: i) concentrazione delle esposizioni al rischio; ii) crediti in difficoltà (NPL, per Non-Performing-Loan) e iii) titoli tossici (“Level 3 asset”).
Su questi aspetti, e in particolare su NP e “Level 3 asset” sarà opportuno ritornare con analisi di dettaglio in puntate future. Per ora, possiamo richiamare i noti punti di forza e debolezza di qualche sistema bancario, con qualche nota di cautela di nostra produzione. Per la concentrazione del rischio, abbiamo riportato in un recente intervento un nostro personale modello di “risk assessment” che indica in Italia, Olanda e Portogallo i sistemi bancari più esposti al proprio rischio sovrano. Tutti sappiamo poi dell’esposizione del sistema bancario spagnolo al settore immobiliare. Una cosa che invece ho imparato la settimana scorsa a una conferenza londinese di Moody’s sullo “stress testing” è l’esposizione massiccia del sistema bancario tedesco al rischio “global shipping”.
Sulla questione dei titoli in sofferenza (NPL) il luogo comune è che noi in Italia siamo i più restrittivi. È confermato da una recente ricerca della banca centrale austriaca. Siamo più severi sui requisiti primari (quelli sul mancato pagamento e sulla valutazione dell’incapacità di pagare) e su quelli secondari (rifinanziamenti, collaterale, default parziale, estensione del default dal titolo all’emittente). Dall’altro lato, lo studio riporta per Austria, Germania e Portogallo hanno una distorsione al ribasso rispetto agli standard internazionali, e quelli cui si ispira l’EBA nelle recenti linee guida. Cosa può andar male? Il diavolo può stare nella forbearance, cioè nelle ristrutturazioni dei debiti. Rimandando al futuro un’analisi delle ragioni economiche di questo comportamento (che non sono né univoche, né ovvie), è chiaro che la convenienza di una ristrutturazione è tanto maggiore quanto maggiori sono i costi di bancarotta. Dato lo stato fallimentare del nostro sistema fallimentare, e anche a causa dell’approccio virtuoso e rigoroso della Banca d’Italia che abbiamo appena ricordato, è lecito attendersi che la tentazione di forbearance sia più alta per le banche italiane che per quelle di altri paesi. Se questo è vero, potremmo trovare sotto il tappeto tanti più debiti condonati di quanti ce ne aspettiamo.
E infine ci sono i tossici: i titoli di livello 3. Anche capire i tossici richiede un intervento dedicato. Diciamo per ora che sono titoli difficili da comprendere: titoli la cui valutazione (il mark-to-market) non può essere fatta con riferimento a dati di mercato. Grandi comunità di tossici vivono nei portafogli di banche tedesche, in particolare Commerzbank e Deutsche Bank. Anche questa la sapete già. Ma in un recente articolo su Reuters un analista di Macquaire punta il dito anche contro due banche portoghesi: BPI e BPC. E poi ci potranno essere sorprese di tipo più folcloristico che quantitativo. Non tutti i tossici vengono dai bassifondi. Non tutti sono pacchetti di mutui a clienti NINJA (No-Income-No-Job-or-Assets). Ci sono anche tossici di lignaggio. Un esempio? Le partecipazioni di Intesa e Unicredit in Banca d’Italia. Sono titoli di grande prestigio, ma non c’è dubbio che siano tossici. Saccomanni ha recentemente riportato che il capitale di Banca d’Italia vale tra 5 e 7 miliardi. E invece vedete che effetto hanno avuto su Brunetta, che nei suoi sette punti per trovare i soldi per l’IMU quantificava in 4 miliardi il solo ritorno fiscale da parte delle banche per la rivalutazione delle quote.
In conclusione, questo anno di valutazione sarà un importante inizio. Il sistema bancario europeo comincerà a conoscersi. La prima sfida sarà affrontare l’enorme disomogeneità dei dati. La scelta dell’Europa è per ora di sovrapporre le proprie definizioni a quelle diverse usate in ogni paese, e in ogni banca. Questo comporterà duplicazioni e costi, e uno scollamento tra i dati su cui le autorità valutano le aziende e quelli sui quali le aziende prendono le decisioni. Il passo successivo potrebbe essere quello che la Banca d’Inghilterra sta implementando in questo periodo: un dizionario che consenta di tradurre le definizioni usate nelle banche in quelle richieste dalla banca centrale. Ma questo è ancora prematuro. Le banche dovranno prima conoscere i loro nuovi regolatori, e dovranno conoscere un template europeo, e speriamo che questo sforzo di costruire una lingua unica abbia più fortuna dell’esperanto. Ma anche quando i dati si parleranno, rimarranno comunque importanti elementi di segmentazione del mercato: le diverse leggi fallimentari sono un esempio. E finché il mercato rimarrà così segmentato, da queste procedure non potremo attenderci quello che qualcuno pare vederci: la fine del credit crunch e il ritorno a prestare soldi all’economia. Per ora l’attesa del gran ballo provocherà quindi solo un grande lavoro di tonificazione del fisico, ma non per correre: per posare con i muscoli gonfi e lucidi.