«Volevamo smacchiare il giaguaro, siamo finiti noi come il più maculato dei giaguari». Circola questa battuta tra le fila del Partito Democratico, tra i deputati, senatori e segretari regionali che in questi giorni assistono all’esito degli ultimi congressi provinciali e si apprestano alla battaglia per la convenzione nazionale in vista delle primarie dell’8 dicembre. I risultati altalenanti sul territorio, abbinati agli scandali sulle tessere gonfiate, non mettono di buon umore i fedeli di Matteo Renzi, il sindaco di Firenze che tra poco più di un mese dovrebbe prendere in mano il partito. Diceva Giuseppe Fioroni qualche giorno fa: «Un congresso pieno di brogli ci consegna un segretario appannato, con molte ombre e poche luci».
Il motivo è appunto l’effetto «leopardato» che il Pd sta iniziando ad assumere dopo le assise locali, con macchie di renzismo, cuperlismo, civatismo e bettinismo distribuite un po’ qua e là lungo tutto lo stivale, spruzzate di colore che saranno difficili da amministrare nel futuro. Ancora adesso non è chiaro in che percentuale siano avanzati i sostenitori di Gianni Cuperlo, quanto quelli di Giuseppe “Pippo” Civati quanto i renziani. E oltre alle difficoltà burocratiche per calcoli effettivi sul territorio, c’è il problema che in molte città o cittadine sono stati scelti candidati di mediazione o meglio candidati unitari. E la domanda adesso è in fin dei conti questa: le macchie con chi si schiereranno nei prossimi mesi?
La situazione è al solito incandescente. E si proietta sulla nuova battaglia per la convenzione nazionale che anticipa il congresso. Il rischio, per dirla come alcuni senatori che sostengono Cuperlo, è che Renzi, non appena diventato segretario, possa subito essere soprannominato un «Matteo senza terra» o un «Renzi senza popolo». Nei fatti c’è la concreta possibilità che il rinnovamento possa avvenire solo al vertice, ma si blocchi invece sul territorio, con i vari colonnelli in ordine sparso ognuno a seguire la propria linea. E questo ragionamento emerge solo in parte per i risultati degli ultimi congressi provinciali, non decisivi in vista delle primarie aperte come ha anche ricordato Renzi, quanto per la prossima sfida sulle «convenzioni» che da qui al 17 novembre terrà in apprensione le anime del Nazareno.
Le procedure per l’elezione del nuovo segretario prevedono infatti un nuovo step, decisivo per gli equilibri interni del Nazareno. Quello per le convenzioni provinciali, cioè le votazioni delle mozioni congressuali nazionali a livello di circolo e provinciale, con l’elezione dei relativi delegati e riservata agli iscritti. Devono essere convocate tutte entro il 17 novembre in vista del 24 novembre, quando saranno scelti i tre candidati per l’8 di dicembre. Cuperlo ha già annunciato che per lui non ci sarebbero problemi ad allargare la competizione a quattro candidati. Ma pare ormai sicuro che l’escluso sarà l’europarlamentare Gianni Pittella, con una sfida a tre tra Cuperlo, Renzi e Civati.
Il regolamento parla chiaro: «I tre candidati che abbiano ottenuto il consenso del maggior numero di iscritti purché abbiano ottenuto almeno il cinque per cento dei voti validamente espressi e, in ogni caso, quelli che abbiano ottenuto almeno il quindici per cento dei voti validamente espressi e la medesima percentuale in almeno cinque regioni o province autonome». A questo punto però sono iniziati i calcoli. E c’è chi ha iniziato già a far battute: «Vedrete che Renzi s’impegnerà direttamente alle primarie sui tesserati, la convenzioni non gli interessano: l’8 dicembre le iscrizioni costano solo 2 euro, non 15…» spiega un bersaniano di ferro.
E infatti se Renzi finisse di poco sopra il 50% a livello di convenzione ma a 70 a livello di primarie? Il partito sarà gestibile oppure no? Calcoli “pelosi” e “macchinosi”, per un partito che proprio i renziani vogliono modificare alla radice, facendo saltare i circoli e affidando più potere agli amministratori locali. Non è un caso che sia iniziata già una guerra sui tesseramenti e sulle forze in campo. A gettare benzina sul fuoco si è messo pure Patrizio Mecacci responsabile della campagna di Gianni Cuperlo per le primarie, snocciolando i dati del congressi provinciali. «49 a 35» ha spiegato il cuperliano di ferro, beccandosi subito una smentita da parte di Francesco Bonifazi, deputato Pd vicino a Matteo Renzi: «Se davvero Mecacci pensa che sia finita 49-35 dica quali sono i 49 e quali sono i 35. Altrimenti taccia perchè con questo atteggiamento sta soltanto provando a rovinare il congresso. Ma non ci riuscirà». Veleni e insinuazioni continuano così a serpeggiare in via del Nazareno.
Ribadisce Mecacci: «Quando i dati li danno altri sono veri, quando li diamo noi sono falsi o tendenziosi. Sono dati pubblici e si possono consultare. Vorremmo anche un po’ di chiarezza su quello che stiamo facendo: nei materiali sulla comunicazione per l’8 dicembre il comitato di Cuperlo è l’unico che indica la parola ‘segretario’ nei suoi materiali, neanche il partito lo fa. Spero che sia chiaro per cosa si vota, si vota per il segretario del partito». E intanto anche Matteo Orfini, ex giovane turco, ora cuperliano, spiega: «Chiudiamo il tesseramento, così vota chi è gia’ iscritto. L’unica vera medicina praticabile è questa. Non vorrei che gli altri dicessero di no per continuare a lamentarsi di quello che succede», ha detto il deputato del Pd. «Trovo sbagliatissimo che Renzi dica ‘chi se ne frega tanto ci sono le primarie’, perchè questo menefreghismo è rivolto a centinaia di migliaia di militanti che consentono la vita del Pd», ha aggiunto.