Altro che diventare ciechi. Grazie a una start up italiana, si potranno vedere video porno e fare del bene. E non solo a sé stessi. Come4 – “vieni per” è la traduzione letterale – è nata in Italia circa due anni fa. Con un obiettivo etico, prima di tutto. Perché non si tratta solo di pagare per accedere a dei video a luci rosse. Attraverso la piattaforma messa a punto da cinque ragazzi, si può dirottare l’obolo del video a iniziative benefiche e di sensibilizzazione. Il tutto strutturato sul modello non profit.
All’inizio però non è stato facile, come spiegano i creatori di Come4, Riccardo e Marco (i cognomi preferiscono non pubblicizzarli troppo): «Abbiamo cominciato presentando l’idea “alla garibaldina”, l’idea è piaciuta ma inizialmente, per il tema proposto e per le difficoltà legata ai diritti video on-line, abbiamo fatto fatica a reperire fondi. Così siamo passati al crowdfounding». Ma anche qui non è stato facile: «Due piattaforme non ci hanno permesso di raccogliere fondi. Finché abbiamo trovato posto su Ulule, primo sito europeo di crowdfunding, dove abbiamo fissato il tetto a 10mila euro, e l’abbiamo superato con 15mila euro raccolti». Prima di Ulule, quindi, la rete non è stata dalla parte di Come4. Facile intuirne il motivo: «Parliamo di un’iniziativa culturale, che è anche una provocazione. In questo mondo fatto di tante innovazioni, si parla di tutto tranne che del porno. Eppure, “Sesso” è la parola più cercata su Internet. Con quasi 1 miliardo di fatturato annuo, l’industria del sesso è uno dei più grandi mercati online. Purtroppo, è anche uno dei meno etici e trasparenti».
Un progetto nato dal basso, come si dice in questi casi, cercando di ottimizzare i costi a cominciare dal video promozionale auto-prodotto. I cinque ragazzi di Come 4 si definiscono «in ballo da due anni», hanno tutti un lavoro (dall’urbanista al ricercatore universitario in filosofia) e ora sono pronti ad alzare il tiro. Partendo da una modifica rispetto alle intenzioni inziali. Prima si voleva creare un sito tipo “tube”, con un archivio di video a luci rosse sullo stile di YouPorn, tanto per intenderci, ma si ponevano dei problemi di copyright, nonché di etica.
Già, l’etica. Attenzione al concetto, però: il problema non sta tanto nel guardare un porno in sé:«Il modello prevalente è finalizzato al business, e quindi mira sistematicamente a soggiogare la nostra immaginazione sessuale sotto norme di commercializzazione. Di conseguenza, invece di riflettere la pluralità naturale della sessualità umana, gran parte dei contenuti sessuali on-line favorisce una prospettiva unidimensionale che spesso è falsa, violenta, macho-centrata, e in molti casi “barely legal” (quasi legali, quindi a rischio pedofilia, ndr)». Da qui, la provocazione diventa obiettivo concreto: «Noi crediamo che, come comunità consapevole, in grado di fare meglio di questo, ed è giunto il momento di ripensare criticamente il rapporto tra pornografia e società on-line».
Il progetto così cambia: da sito “tube” a mailing-list pronta a partire entro l’inizio del 2014: «Manderemo via mail dei video, prima di tutto. Non si tratta però di materiale già presente in altri siti, ma saranno contenuti originali che abbiamo trovato in giro per l’Europa». Ma anche oggettistica legata al mondo della sessualità. Il tutto per supportare campagne di sensibilizzazione legate al rapporto tra sessualità e altri mondi come la disabilità, per esempio. Sarà questa la prima causa seguita da Come4: supportare la Asta Philpot Foundation. Anthony Philpot è molto famoso in Inghilterra. Nato a Leeds e disabile dalla nascita, nel 2006 venne a sapere di un bordello creato in Spagna e dedicato alle persone come lui affette da disabilità. Dopo esserci stato ed averci perso la verginità, ha raccontato il tutto in un documentario trasmesso dalla Bbc nel 2007 dal titolo “Per una sola notte”.
Ma gli obiettivi non finiscono qui. Dopo il mondo della disabilità, Come4 supporterà iniziative che indagano e favoriscono il dialogo tra il mondo della sessualità e quello dei carcerati. Ma non solo: tra i progetti c’è anche il bilancio trasparente, per mostrare e dimostrare a chi vanno i soldi. Il tutto con il massimo equilibrio e giudizio. «Ricordate quello di Kony 2012 (il video di raccolta fondi a favore delle vittime delle atrocità in Uganda a opera del signore della guerra Joseph Kony, ndr)? Dopo aver raccolto un mucchio di soldi è finito braccato dalla polizia mentre correva nudo per strada. Insomma, è impazzito. Noi vogliamo avere prima di tutto uno sguardo critico». E poi c’è l’ultima, grande sfida: superare le diffidenze di molti ambienti: «Nel nostro ambiente di lavoro siamo stati spesso ostracizzati, motivo per il quale qualcuno di noi continuerà a contribuire fattivamente alla causa togliendo però il proprio nome dal sito».