BUSTO ARSIZIO – Scuote la testa Giuseppe Orsi quando nell’aula del tribunale di Busto Arsizio il “consulente” Guido Ralph Haschke ricorda che fu lui a pagare un pranzo a Lugano a fine aprile 2011, a pochi giorni di distanza dalla nomina a presidente di Finmeccanica (il 4 aprile, ndr): «Orsi disse che non voleva usare la sua carta di credito». È solo uno dei passaggi della prima giornata di testimonianze di fronte al pm Eugenio Fusco da parte del manager italo-americano rispetto alla commessa di 12 elicotteri di Agusta Westland in India del valore di 560 milioni di euro al centro della quale, secondo l’accusa, ci sarebbe una tangente da 51 milioni pagata a diversi intermediari.
Orsi, indagato per corruzione internazionale e false fatturazioni, in prima fila insieme con l’avvocato Ennio Amodio, ha ascoltato per quasi cinque ore l’udienza dove Haschke – da venerdì scorso ai domiciliari vicino a Varese – ha ricostruito i rapporti con Agusta Westland, la nascita del bando di gara in India poi vinto dall’azienda di elicotteri italiana, soprattutto la rete tra lui e Christian Mitchell, l’altro consulente inglese che avrebbe partecipato alla preparazione della gara d’appalto. Erano mesi che l’ex presidente e amministratore delegato non si mostrava in pubblico, dopo l’arresto, il carcere e la capitolazione nel febbraio 2013.
Abito scuro, cappotto blu, l’ormai deposto numero uno di una delle aziende più importanti in Italia e nel mondo ha chiesto alle telecamere di non riprenderlo durante il processo. Alla fine si è limitato con i giornalisti a commentare l’ipotesi di annullamento della commessa da parte degli indiani («Spero non sia vero») e a ricordare che dopo 40 anni in Agusta ora, a 68 anni compiuti il 24 novembre, non gli è rimasta che la «pensione». Pensare che fino a un anno fa Orsi era considerato uno degli manager più potenti in Italia, intercettato con l’allora presidente dello Ior Ettore Gotti Tedechi a discutere di politica di relazione e potere. E Orsi resta tutt’ora un uomo con una fittissima rete di relazioni internazionali, basti pensare alla lunga fila di testimoni richiesta dalla difesa, premiato negli anni persino con un’onorificenza che gli concesse la Regina Elisabetta II d’Inghilterra: Commander of the Britisch Empire.
Durante l’udienza Orsi non ha mai smesso di ascoltare Haschke – che caso vuole si trovasse a Roma all’inizio di aprile 2011 nei giorni in cui l’ingegnere piacentino diventa numero uno di Finmeccanica – prendendo appunti, parlando con l’avvocato e spesso anche sorridendo. Solo nel secondo pomeriggio c’è stato un momento di tensione proprio con Fusco. Succede quando il pm domanda in quale veste Haschke avesse partecipato a un incontro in Agusta Westland con Orsi. L’ex presidente di piazza Montegrappa si lascia scappare un «sì» dall’altra parte dei banchi, mentre Haschke spiega di esserci andato in qualità consulente per software di simulazione aerea. Fusco sbotta. «Ho sentito un sì. Chi l’ha detto?». Orsi ammette subito l’errore: «Mi è scappato». Ma il pm rincara la dose attaccando il legale Amodio: «Lei che ha fatto il codice di procedura penale faccia rispettare le regole del processo al suo assistito».
È l’unico momento di tensione di un’udienza che non segnala colpi di scena a favore di accusa e difesa. Non è un caso che al termine Amodio definisca la testimonianza «neutrale», perché Haschke «ha parlato di cifre ma ha parlato di un contratto di ingegneria. Ha parlato di incontri ma non ha mai parlato di incontri in cui si sia concordato qualcosa per intervenire sulla gara e alterarne il risultato». L’attesa è per venerdì 6 dicembre quando Fusco finirà di ascoltare Haschke. «È sempre prudente per la difesa aspettare la seconda puntata» dice Amodio «magari il pm ha tenuto in serbo delle frecce più avvelenate e ci colpisce alla fine».
Tra il pubblico anche Roberto Speroni, europarlamentare della Lega Nord, suocero dell’ex capogruppo della Lega Nord Marco Reguzzoni. «Sono qui perché amico di Orsi, non per la Lega» ha spiegato. Eppure di Carroccio si è parlato durante l’udienza quando è stata rievocata la dichiarazione di Luciano Zampini, all’epoca presidente di Ansaldo Energia, sulla famosa tangente di 10 milioni di euro data alla Lega per aver fatto eleggere Orsi a capo di Finmeccanica. La vicenda era stata raccontata anche da Lorenzo Borgogni, ex capo relazioni esterne della gestione Guarguaglini, ma secondo Amodio proprio il fatto che l’accusa alla Lega sia caduta fa pensare a una semplice «ipotesi». Come in sostanza le teorie del pm Fusco. Ma il processo è solo all’inizio.