È bastato un post sul blog, l’ennesimo, per scatenare le polemiche. In un solo colpo Beppe Grillo mette il cappello a Cinque Stelle sulla protesta dei forconi e riaccende la luce sul rapporto con le forze dell’ordine indirizzando una lettera ai vertici di Polizia, Carabinieri ed Esercito. Il suo è un invito all’ammutinamento che presta il fianco a sottotesti politici di varia natura: «Vi chiedo di non proteggere più questa classe politica che ha portato l’Italia allo sfacelo, di non scortarli con le loro macchine blu, di non schierarsi davanti ai palazzi del potere infangati da corruzione e malaffare. Le forze dell’Ordine non meritano un ruolo così degradante».
La tempistica è eccezionale, sottolinea il gesto dei poliziotti che si levano il casco davanti ai manifestanti e cavalca una protesta che da diverse ore paralizza le città italiane. Il tutto diffuso coi galloni del leader politico, a pochi giorni dalla pubblicazione sul medesimo blog delle foto segnaletiche dei parlamentari “abusivi” accompagnate dalla richiesta che «siano fermati all’ingresso di Montecitorio». Nel frattempo il senatore Giarrusso ha firmato un’interrogazione parlamentare in cui il Movimento chiede al ministero dell’Interno la revoca della scorta e dei presidi fissi davanti alle residenze del «pregiudicato Silvio Berlusconi».
Ma gli appelli di Grillo ai membri della pubblica sicurezza non sono una novità. Nel novembre 2012 l’ex comico parlava così durante un comizio a Palermo: «Polizia e Carabinieri votano tutti per il Movimento 5 Stelle perché mi dicono che hanno due coglioni gonfi così di portare i politici a fare la spesa, accompagnarli ai concerti o a scopare le loro fighette». Pochi giorni più tardi lo stesso leader stellato commentava gli scontri di piazza contro l’austerity e invitava «il soldato blu a non difendere l’indifendibile, togliti il casco e abbraccia chi protesta, cammina al suo fianco». Tanto in privato quanto in pubblico Grillo ripete che «le forze dell’ordine provengono dal popolo di cui fanno parte» e nell’estate 2011 usa il blog per pubblicare il suo carteggio con l’allora capo della Polizia Antonio Manganelli, a cui chiede di introdurre un numero identificativo per ogni poliziotto e «una serie di incontri aperti ai cittadini con la polizia nelle varie città nei quali sia discusso ogni problema relativo alla sicurezza». La richiesta di “meetup” coi rappresentanti dell’ordine pubblico coglie nel segno: Manganelli telefona a Grillo e gli risponde in forma scritta. «Accolgo con interesse l’invito a discutere le proposte contenute nella sua lettera al più presto perché trovo prioritaria l’esigenza di ripristinare il corretto rapporto tra cittadino e poliziotto».
Pochi mesi più tardi, siamo nel settembre 2011, beppegrillo.it ospita un’intervista al segretario del Coisp, sigla sindacale balzata agli onori delle cronache nella vicenda Aldrovandi per aver sfidato la mamma di Federico manifestando sotto il suo ufficio in favore dei colleghi arrestati. «Siamo un sindacato che normalmente non viene etichettato gentile o molto tranquillo – spiega lo stesso Maccari sul blog editato dalla Casaleggio Associati – ma riteniamo di rappresentare lo stato d’animo che c’è oggi all’interno delle forze di polizia». Nel corso del video-articolo il poliziotto se la prende con la politica, passa in rassegna i tagli alla sicurezza e i privilegi in autoblu rivendicando l’attività quotidiana dei colleghi sul campo. Oggi però lo stesso Maccari respinge l’invito di Grillo su ordini e caschi: «È un esercizio di populismo puro, alla prossima manifestazione magari ci toglieremo anche i vestiti così vedremo se i politici ascoltano anche noi».
Il rapporto tra Movimento 5 Stelle e forze dell’ordine è più complesso di quanto la semplificazione del leader non dica. Non un canale diplomatico, nè tantomeno una fissazione di Grillo, che certamente su questo versante è più disinibito dei suoi portavoce. Quello delle forze armate rappresenta un bacino elettorale di peso da cui i grillini hanno pescato alle ultime politiche e che vogliono incrementare in vista delle prossime sfide, complice la crisi economico-sociale «che ci mette tutti a combattere dalla stessa parte». I messaggi che si registrano nei meetup e che i parlamentari ricevono sono quelli di agenti non sindacalizzati, “cani sciolti” o delusi che guardano con interesse al progetto Cinque Stelle. Uno di loro è stato eletto nelle file del Movimento al Senato, quel Marino Mastrangeli assistente capo della Polizia di Stato poi espulso dalla pattuglia grillina per via delle comparsate in tv.
Un esempio del delicato equilibrio elettorale che lega Movimento e forze dell’ordine si ha con la commemorazione di Nassiriya, quando la deputata grillina Emanuela Corda esprime solidarietà al kamikaze «che si suicidò per portare a compimento quella strage, anche lui è vittima». L’intervento scatena un terremoto mediatico, destando anche lo sconcerto dei colleghi pentastellati. Dichiarava a Linkiesta un senatore pasdaràn: «Quello della Corda è un clamoroso autogol che non ci possiamo permettere, abbiamo tantissimi appartenenti alle forze dell’ordine che ci hanno votato e ci sostengono, così rischiamo di perderli per una sciocchezza».
Nel giro di poche ore il gruppo Esteri del M5s prende in mano la situazione e la deputata viene messa davanti alle proprie responsabilità: di lì a poco Emanuela Corda torna in Aula, rettifica e si scusa. Ma la discussione interna prosegue nel cortile di Montecitorio, dove viene avvistata discutere con Alessandro Di Battista e Manlio Di Stefano sulle ragioni dell’incauta uscita. Questione di sensibilità istituzionale, ovvio. Ma più di qualcuno tra gli agenti in divisa è pronto a levarsi il casco per votare Cinque Stelle.