ODESSA – Odessa dista circa 450 km in linea d’aria da Kiev. Ma mai come in questi giorni tra la perla del Mar Nero e la capitale ucraina la distanza sembra essere incommensurabile. Due mondi, due volti dello stesso Paese che oggi come dieci anni fa, durante la Rivoluzione arancione, appaiono differenti e inconciliabili. Due facce della stessa medaglia di cui solo una finisce sotto i riflettori dei media internazionali, mentre l’altra è costretta a fare da spettatrice. Kiev è ritornata come nel 2004 a essere al centro dell’attenzione, è qui che si gioca la partita più avvincente e spettacolare, Odessa guarda un po’ incredula e si chiede cosa succederà alle tende sulla Maidan, la piazza dell’Indipendenza diventata simbolo della Rivoluzione arancione e oggi culla del nuovo movimento di protesta contro il presidente Victor Yanukovich.
Il capo di Stato, che oggi è partito alla volta della Cina per una visita di tre giorni all’insegna degli accordi economici (Pechino sta diventando un partner fondamentale per Kiev, alla ricerca di liquidità per far fronte alla crisi e rimpinguare le malandate casse dello Stato), ha preso tempo. Dopo gli scontri episodici dei giorni scorsi e la grande manifestazione di domenica che ha ricordato i fasti del 2004, quando fu ancora lui il protagonista in negativo dopo i brogli alle presidenziali che diedero il via ai fermenti arancioni, ha deciso di evitare il muro contro muro.
Ma è chiaro che sia la Maidan che il Municipio, ancora occupato dagli attivisti, saranno prima o poi sgomberati. Se necessario anche con le maniere forti. Anche da Odessa si seguono gli sviluppi della situazione nella capitale con apprensione, ma con altro spirito: qui non ci sono state e non ci sono grandi manifestazioni a favore dell’Europa, la gente non è scesa in piazza a chiedere le dimissioni del presidente che non ha firmato l’Accordo di associazione con l’Europa. Bruxelles è lontana, Mosca più vicina. Non solo per questioni storiche, culturali e linguistiche che risalgono indietro nei secoli, ma anche per come si è sviluppata negli ultimi vent’anni non solo la città, ma tutta questa zona del Paese che si allarga sino alla Crimea: le regioni del sud dell’Ucraina, come quelle dell’Est, sono rimaste dopo il crollo dell’Urss e l’indipendenza da Mosca sempre più legate più alla Russia che non all’Europa.
A Odessa, al pari dei grandi centri industriali come Donetsk e Kharkiv, domina un realismo un po’ pessimista, che contrasta con l’idealismo filoeuropeo dei manifestanti di Kiev e delle regioni occidentali. Per gli odessiti Bruxelles non è la panacea di tutti i mali del Paese, l’Europa non salva da mala amministrazione e corruzione, basta guardare agli esempi geograficamente più vicini a partire dalla Romania e dalla Bulgaria. A Odessa campeggiano i manifesti giganti del movimento Scelta Ucraina, filorusso e antieuropeo, che mettono in guardia da un avvicinamento del Paese all’Ue.
Il leader, Victor Medvedchuk, è un po’ la longa manus di Vladimir Putin in Ucraina, visto che tra i due il rapporto personale è molto stretto (il presidente russo è il padrino di battesimo della figlia del politico ucraino), e soprattutto perché è sempre stato legato ai poteri forti vicini a Mosca, sin dai tempi del presidente Leonid Kuchma. Nonostante in realtà Scelta Ucraina sia un partito molto marginale (non raccoglierebbe nemmeno l’1% a livello nazionale), l’attività di lobby di Medvedchuk ha dato comunque i suoi frutti. Ma lo scetticismo verso l’Europa, a Odessa, come negli altri centri delle regioni meridionali e orientali, non si tramuta certo in un amore sviscerato verso il Cremlino, la cui presenza è vista dalla popolazione comunque sempre ingombrante.
Tantomeno il supporto verso il presidente ucraino è incondizionato: la gente d’Ucraina, dal Mar Nero ai Carpazi, dal Donbass alla Galizia, conosce bene i suoi polli e il duello Yulia Tymoshenko-Victor Yanukovich non è mai stato idealizzato, tanto che per le centinaia di migliaia di manifestanti scese in piazza a Kiev le priorità sono quelle di una politica estera più europeista e di una politica interna differente da quella proposta da Yanukovich e dal primo ministro Mykola Azarov: il cambiamento non passa così dalla liberazione di Yulia Tymoshenko, di cui maggior parte degli ucraini ha un’opinione differente da quella che si ha in Occidente ma attraverso un’altra rivoluzione. Il problema fondamentale per l’Ucraina è però proprio l’inadeguatezza della classica politica che non offre solide alterative, con sempre l’oligarchia a controllare tutto da dietro le quinte. Ecco perché a Odessa si vedono con il beneficio del dubbio i moti rivoluzionari di Kiev guidati dall’ex pugile Vitaly Klitschko, dallo scialbo tecnocrate Arseni Yatseniuk e dal nazionalista un po’ antisemita Oleg Thyanibok.