Lontano dai palazzi romani, con pausa pranzo firmata Eataly consumata nel comitato elettorale per le primarie. Quella che va in scena a Firenze, nella centralissima via Martelli, è una segreteria Pd a immagine e somiglianza del nuovo padrone di casa. C’è da riprendere in mano l’agenda per il 2014 tra governo e legge elettorale, senza dimenticare un occhio alla due diligence del partito, ma stavolta la rivoluzione copernicana prosegue nella Capitale del Renzismo.
Qui a metà mattina sfilano i componenti della squadra democratica, accolti da uno stuolo di fotografi e giornalisti che tra loro scontano momenti di tensione. Pioggia di flash per Maria Elena Boschi, cappottino rosso e collo di pelliccia mentre Matteo Renzi arriva a bordo di una bici modello “Piede Libero”, prodotta da una cooperativa sociale di carcerati. «Faremo altri appuntamenti fuori Roma – chiosa il sindaco – è normale che la segreteria si muova e vada nei luoghi in cui si vota».
Non ci si vede al Nazareno ma nemmeno a via Forlanini, sede del Pd fiorentino. Il board democratico entra a Palazzo Ruspoli, nelle stanze del comitato Renzi con il marchio “Cambia verso” in bella vista. Lo stesso che innesca le polemiche dei cuperliani, anticipate venerdì sera da alcuni dirigenti del Pd regionale. Apre le danze la direttrice uscente di Youdem Chiara Geloni: «Fare la segreteria nel proprio comitato elettorale, oltre al “purché se ne parli”, che senso può avere?». La seguono a ruota militanti e osservatori sui social network: «È il segretario di tutti?».
Niente vessilli Pd, solo brand renziani. La protesta si accende poche ore dopo l’intervista di Stefano Fassina a Repubblica. Dalle colonne del quotidiano il viceministro dell’Economia punzecchia Renzi su metodo e merito della tabella di marcia: «Bisogna portare le proposte alla direzione del Pd, se no passiamo dalle riunioni che con Bersani erano sedute di autocoscienza a quelle che diventano un rito autocelebrativo». Renzi ribatte a distanza e lo fa in conferenza stampa rispondendo ad un giornalista che gli chiede di rimpasto nominando il collega di partito: «Fassina chi?». Prima i sorrisi poi il gelo, tant’è che in serata piovono le dimissioni del viceministro: «Le parole di Renzi su di me confermano che la delegazione del Pd al governo va resa coerente con il risultato congressuale».
Con buona pace degli spifferi correntizi la riunione fiorentina scorre a porte chiuse, iPhone e Macbook a vista sul tavolo. Al centro del dibattito la riorganizzazione del partito, le riforme istituzionali, il job act e i rapporti di forza nell’esecutivo. Il ritornello per il 2014 è chiaro: «Si tratta con chi ci sta». Il pensiero corre ai diritti civili «che non devono diventare arma di distrazione di massa» nei confronti della legge elettorale su cui Renzi annuncia: «In tre giorni è stato fatto quello che non era riuscito in tre anni, la prossima settimana proviamo a tirare la rete per partire con la procedura parlamentare». Svetta pure la richiesta di un patto coalizione su lavoro, diritti, volontariato e adozioni. Il tutto mixato dall’adagio del neosegretario: «Bisogna correre e non sprecare nemmeno un minuto».
Intorno alle 13 entrano alcuni inservienti con panini, pizze e bibite. Un normalissimo pranzo al sacco «autofinanziato e pagato 17 euro a testa» ma firmato Eataly, supermarket cinque stelle dell’amico-sostenitore Oscar Farinetti recentemente inaugurato a due passi dal comitato. Nel pomeriggio ancora riunione con intermezzi allietati dalle dichiarazioni dei protagonisti: «Nessuno sta lavorando per una crisi di governo ma per un’agenda forte perché l’esecutivo faccia le cose» assicura Debora Serracchiani cui segue la conferenza stampa presieduta da Renzi, questa volta con il logo del Pd ben in vista. L’ennesimo colpo mediatico messo a segno dal segretario-rottamatore, adesso anche itinerante.