Il caso Electrolux mette a nudo le conseguenze dell’elevata pressione fiscale sui bassi redditi da lavoro in Italia e suggerisce la migliore politica industriale per il paese.
Il caso in breve: come riporta il Corriere della Sera, la produzione di Electrolux in Italia è fuori mercato a causa dell’elevato costo del lavoro. Sempre secondo la stessa fonte, per sopravvivere e mantenere tutti gli attuali 6.500 posti di lavoro sarebbe necessario ridurre il costo medio orario del lavoro di circa il 20%, da 24 euro a circa 19-20 euro, e la giornata lavorativa da 8 a 6 ore. Per far notizia, il Corriere titola che gli stipendi passerebbero da 1400 euro a 700 euro, riferendosi probabilmente allo stipendio netto di un operaio. È ovvio che nessuno in Italia può vivere decentemente con un reddito di 700 euro al mese (anche se l’orario di lavoro venisse ridotto di 1/4 come riportato nell’articolo), per cui la notizia è di quelle che indignano.
Per qualche misteriosa ragione, però, in Italia i conti sui redditi da lavoro si fanno sempre al netto delle imposte dirette, il che impedisce di puntare l’indignazione dalla parte giusta, ovvero dalla parte dell’eccessiva tassazione del lavoro in questo paese. In Italia il cuneo fiscale (la frazione di costo del lavoro che finisce nelle casse dello stato) che grava sui bassi salari è, secondo Eurostat, di circa il 45%. Ora facciamo il seguente esercizio (domanda per lo studente undergraduate di economia del lavoro): quale livello del cuneo fiscale permetterebbe all’operaio di mantenere il suo posto a 1400 euro e ad Electrolux di restare competitiva?
Facciamo due conti, molto approssimativi, senza alcuna pretesa, giusto per rendere l’idea. Prendiamo il “Caso 3: Operaio” della seconda tabella di questa simulazione (che non so quanto sia affidabile, ma a occhio e croce suona non lontana dalla realtà). Questo operaio assomiglia molto all’operaio Electrolux di cui parla il Corriere. Ignorando la tassazione indiretta sul lavoratore (che non rileva in questo caso, se non per altre vie che ignoriamo per semplicità), l’operaio nella tabella porta a casa 16.200 euro all’anno (pari a 1350 euro al mese per 12 mensilità). Ma il costo per il datore di lavoro è pari a circa 36.000 euro all’anno, pari ad un cuneo fiscale del (1-16200/36100) = 55%, superiore al dato medio Eurostat riportato sopra. Ci fidiamo più di Eurostat che di questa simulazione, ma andiamo avanti.
Ora, per restare competitiva Electrolux deve ridurre del 20% il costo orario e del 25% le ore lavorate, ovvero deve ridurre il costo del lavoro al 0,80*0,75 = 60% di quello attuale, cioè 21.600 euro all’anno. Se teniamo fermi i 1.350 euro mensili dell’operaio, si salvano capra e cavoli con un cuneo fiscale pari a (1-16200/21600) = 25%. Questo, tornando ai dati Eurostat sopra riportati, è di pochissimo inferiore al livello del Regno Unito, dove pure i percettori di bassi redditi come l’operaio di cui stiamo parlando non scontano la minore pressione fiscale con assenza di servizi sociali (i lettori che vivono in UK possono dirci come funzionano sanità pubblica e scuola pubblica in quel paese). Evidentemente, si può fare.
Stabilimento Electrolux in Inghilterra durante gli anni Trenta (Foto Getty Images)
Mi sarebbe piaciuto se Debora Serracchiani, che oltre a essere Presidente del Friuli-Venezia Giulia fa parte della nuova Segreteria nazionale del PD, avesse provato a ragionare lungo queste semplicissime linee, invece di sbrodolarsi in questo modo:
ci convochino immediatamente per valutare assieme le proposte da rilanciare alla multinazionale: il Governo non faccia il notaio della volontà svedese. È inaccettabile che il Governo assista inerte mentre accade quello che si temeva e che abbiamo denunciato. Per il Friuli-Venezia Giulia la chiusura di Porcia è una prospettiva che non prendiamo in considerazione
Non ha bisogno di essere convocata, signora Serracchiani. Lei fa parte dell’alta dirigenza di un partito che ha le redini del governo e che si candida a governare presto il paese. Un moderno partito di sinistra, per giunta. Si metta quindi assieme ai suoi colleghi a progettare una drastica detassazione dei redditi da lavoro, a partire da quelli più bassi. Vedrà che in questo modo Electrolux resterà competitiva in Italia, e lei imparerà che davvero ridurre le tasse (anche e primariamente quelle sul lavoro) è la migliore politica industriale che si possa fare oggi in questo paese.
*Professore associato dell’Università di Bologna. Originariamente pubblicato con il titolo “Electrolux e la tassazione del lavoro”