«Sardegna chi?» Dentro il Movimento è tutta una corsa a scaricare l’isola che fu di Berlinguer e Cossiga e che oggi assurge a pietra dello scandalo per le ambizioni elettorali pentastellate. L’impossibilità di presentare una lista alle prossime regionali ha seminato tossine velenose e «le scorie sono ancora evidenti», sussurra a Linkiesta un senatore M5s. Negli ultimi giorni a soffiare sul fuoco ci pensa Antonello Zappadu, celebre per gli scatti a Berlusconi e Topolanek nella piscina di villa Certosa e oggi attivista grillino. In un’intervista al Fatto Quotidiano il paparazzo attacca: «Bisognava isolare gli infiltrati, neofascisti, massoni. Grillo sapeva bene cosa stava succedendo in Sardegna, doveva venire qui e fare il carabiniere e invece li ha lasciati fare».
Così accade che tra le fila del Movimento in giro per l’Italia impazzi una gara a chi si smarchi per primo dallo tsunami isolano. Gli appuntamenti elettorali dei prossimi mesi sono decisivi: amministrative, regionali ed europee in un colpo solo. Con la nuova tornata il Movimento vuole riscattare le precedenti performance sfruttando il vento in poppa di scandali, giunte decapitate e cattiva politica lasciati sul campo dagli avversari. Prima di riempire le urne c’è l’ostacolo dell’organizzazione dal basso, il mantra della democrazia diretta che crea non pochi crucci ai gruppi locali tra personalismi, meetup e fazioni. La linea dei diarchi Grillo-Casaleggio è quella di lasciare autonomia organizzativa a livello locale per intervenire solo nella certificazione delle liste, passepartout necessario all’utilizzo del simbolo. Le regole sono le solite e Beppe Grillo le rammenda via Twitter: «Alle Comunali il Movimento non appoggerà nessuna lista locale». Il diktat è sulle alleanze, al resto pensi il territorio anche perché, spiega un deputato del Nord Italia, «se ci fosse troppo controllo da parte loro diventerebbe un’ingerenza».
In Piemonte è saltato il consiglio regionale a trazione leghista e in casa stellata il leitmotiv è un urlo: «Elezioni subito, siamo pronti per governare». La patria del Barolo e dei Gianduiotti è culla longeva per il Movimento che già alle regionali del 2010 sparigliò. Senza un briciolo di credito tra stampa e avversari, i Cinque Stelle si rivelarono ago della bilancia nella sconfitta di Mercedes Bresso intascando il 4% (90.086 voti) e due consiglieri. Davide Bono e Fabrizio Biolè, che nel novembre 2012 è passato al gruppo Misto. Oggi con la sentenza del tar la base festeggia e ostenta un ottimismo che viene temperato dal polso di Davide Bono, uomo chiave del Movimento in Regione, nei mesi scorsi finito tra gli indagati per la vicenda rimborsi. La circostanza ha fatto storcere il naso a più di un attivista: «Ma come, anche tu?». Oggi, dichiara Bono a Linkiesta, «la mia posizione è stata stralciata dall’inchiesta e per correttezza attendo l’archiviazione».
«Il gruppo di lavoro è coeso» assicura Marco Scibona, senatore M5s originario di Bussoleno. «Il bene comune è il nostro faro e se la gente lo capisce abbiamo la possibilità di cambiare anche il Piemonte, altrimenti si proseguirà verso il baratro». I primi sondaggi danno il Movimento al 25%, quanto basta per stappare le bollicine regionali, magari un Brachetto. Invece la prudenza è d’obbligo e Scibona a colloquio con Linkiesta predilige i passi felpati: «Adesso tutti si schierano col Movimento, molti tentano di salire sul nostro carro ma nel 2010 eravamo soli». La conferma giunge da Davide Crippa, deputato M5s di Novara, che aggiunge: «Ci sono personaggi in cerca di visibilità, dobbiamo fare attenzione e il buon senso porterà la sintesi». Oltre al rischio infiltrazioni il termometro piemontese segnala un alto tasso di litigiosità interna, «ma è un valore aggiunto – minimizza Scibona – c’è confronto tra posizioni diverse senza un diktat unico».
Come la mettiamo con la concorrenza dei partiti? «Il lavoro delle altre liste ci aiuta, dove si muovono fanno danni». E Crippa rilancia: «Con il deficit che ha lasciato a Torino, Chiamparino non è certo un esempio di buon amministratore locale». Gli fa eco Davide Bono: « Chiamparino è facilmente attaccabile. Banche, sindacati e poteri forti si stanno compattando intorno a lui». Intanto il Movimento prova a ripartire dalle macerie di Cota: «Vogliamo vincere e pensiamo che non sia impossibile, adesso abbiamo una base di partenza». Oltre al radicamento sul territorio e all’incremento dell’attivismo locale, nel taschino Cinque Stelle c’è il serbatoio elettorale della Val Susa, qui alle scorse politiche gli uomini di Grillo totalizzarono percentuali bulgare (dal 40% in su) per poi trasferire in Parlamento la battaglia No Tav, di cui oggi l’M5s è il principale referente politico.
I presupposti ci sono, l’organizzazione pure e Davide Bono spiega: «Non conosco le dinamiche sarde ma la nostra è una realtà forte, una regione storica per il Movimento e la macchina organizzativa è già in moto, pensi che una prima riunione “elettorale” l’abbiamo fatta a ridosso della sentenza del Tar». La road map pare puntellata per scongiurare logoramenti interni: «Prima il programma e poi le candidature», che faranno anticamera nel blog di Grillo con le primarie online.
A maggio in Abruzzo si voterà per Europee, regionali e amministrative, con i capoluoghi Teramo e Pescara a rinnovare i consigli comunali. Carlo Spatola Maio è tra i coordinatori della campagna elettorale in riva all’Adriatico: «Non abbiamo i problemi della Sardegna, a livello regionale abbiamo ricostruito l’unità dopo un periodo burrascoso, ma oggi non ci sono dissidenti e contano i gruppi certificati». Eppure, confessa a microfoni spenti un parlamentare M5s, «c’è un gruppetto nel Movimento che agisce da disturbatore alle riunioni, nei meetup e sui social network. Abbiamo sempre cercato di fare assemblee aperte in vista delle prossime regionali, poi c’è chi si lamenta perché era assente o perché pretendeva di intervenire via web». I segni della fatica sono evidenti, il viaggio continua tra logistica casareccia e dialettica interprovinciale.
A Pescara è arrivato il primo manifesto elettorale (600×300) della storia del Movimento, finanziato con una colletta degli attivisti per un costo di 270 euro. «Se non con la tua coscienza, prima o poi farai i conti con me», è la frase che campeggia accanto al volto di un bambino. Il lavoro locale è al giro di boa: le liste delle quattro circoscrizioni provinciali con i candidati per le regionali sono state inviate a Milano dove lo staff dovrà vagliarle e certificarle. Un sospiro di sollievo: «L’organizzazione dal basso, seppur tra mille limiti e difetti, ha funzionato, ora bisogna trovare un candidato governatore». E qui sorgono i problemi: i Cinque Stelle avevano per le mani un paio di nomi forti per fare il salto di qualità, entrambi sfumati al fotofinish.
Prima l’ex procuratore capo di Pescara Nicola Trifuoggi, che all’ultimo si è tirato indietro. Poi Maria Rita D’Orsogna, docente universitaria attiva contro la petrolizzazione ma residente a Los Angeles e non disposta a trasferirsi. «Proviamo a pescare tra i candidati delle quattro liste che abbiamo mandato a Casaleggio». Dall’Abruzzo allargano le braccia sapendo che la candidatura del cittadino qualunque, onesto e sconosciuto, finora non ha portato soddisfazioni al Movimento, le amministrative e regionali dei mesi scorsi ne sono la prova. Prestigio e medianicità restano elementi chiave per incassare consensi sul territorio: consolidare quel 25% che oggi profetizzano i sondaggi non è impresa scontata.
Intanto prosegue la corsa alle Europee. Lo staff milanese sta lavorando a un meccanismo di selezione dei candidati che eviti gli errori delle parlamentarie. Lo sanno i deputati, che a microfoni spenti osservano: «I fatti delle scorse elezioni parlano da soli, servono correttivi che rendano la selezione più stringente, in Europa ci giochiamo tutto e dobbiamo arrivarci preparati». Nelle stanze milanesi di via Morone, quartier generale della Casaleggio Associati, stanno pensando a un doppio turno: il primo su base regionale e il secondo per la circoscrizione di appartenenza. Una sorta di filtro per mandare avanti gli attivisti che riscuotono un ampio consenso nella base, evitando «pellegrini e dissidenti o peggio candidati di passaggio che usano il Movimento come un bus». La strada è segnata, pur con qualche mal di pancia come quello del senatore dialogante Luis Orellana: «Gli anonimi membri dello staff sono iscritti al M5s? Magari sono troll, se uscissero dall’ombra mi toglierei ogni dubbio». Luci e tenebre, aspettando la primavera elettorale nel cielo nuvoloso delle Cinque Stelle.