BERLINO – Per i tedeschi è stato come svegliarsi un giorno da bambini e scoprire che Babbo Natale non esiste. O peggio ancora: che ruba. Quando la scorsa settimana un’inchiesta giornalistica ha denunciato la frode del club dell’automobile tedesco, l’Adac, nel concorso per l’auto dell’anno (da non confondere con il premio europeo Auto dell’anno, ndr), nessuno si aspettava che di lì a poco sarebbe crollato per sempre un mito. Il presidente del secondo club più potente al mondo ha ammesso stamane che per anni il concorso è stato truccato e i numeri gonfiati. Responsabile diretto sarebbe stato il capo della comunicazione, Michael Ramstetter: voleva rendere il premio più significativo e famoso nel mondo, secondo quanto ha confessato rassegnando le dimissioni.
Michael Ramstetter, capo della comunicazione di Adac e direttore della rivista di settore Adac Motorwelt
Per capire le dimensioni dello scandalo sono necessarie alcune premesse: con una imponente sede centrale a Stoccarda e 19 milioni di membri, l’Adac, l’equivalente dell’Aci in Italia, è il secondo club automobilistico al mondo, dopo quello statunitense. Il suo capo della comunicazione, Ramstetter, è allo stesso tempo direttore della rivista Motorwelt, la bibbia degli automobilisti, che vanta 16 milioni di lettori, molti più di Der Spiegel. Il club è formato da una associazione per gli utenti e 40 filiali che sono società di capitali: il fatturato complessivo del 2012 ha superato il miliardo di euro. Sono circa 8.500 i dipendenti in tutto il Paese.
Con un potere simile, questa organizzazione è raramente oggetto di scandali che possano metterne in discussione il ruolo. Almeno fino ad ora. In occasione della consegna del premio «Angelo Giallo» — il colore simbolo — che si consegna all’auto più amata dai tedeschi per il 2014, i voti raccolti tra i lettori di Motorwelt sono stati vistosamente truccati. Infatti solo in 3.409 avrebbero scelto la Golf di Volkswagen contro i 34.299 dichiarati dall’influente pubblicazione.
Dopo alcuni giorni di veementi smentite, Ramstetter ha internamente ammesso i suoi errori ed è stato licenziato con effetto immediato. Alla Süddeutsche Zeitung ha ammesso questa mattina di aver fatto «una porcata»: «Ho gonfiato i numeri per anni. Per questo traggo ora le conseguenze delle mie azioni».
Il premio Angelo Giallo dell’Adac
Ma lo scandalo non finisce qui. Il prestigioso premio esiste dal 2005 e non è certo un mistero che la sua consegna influenzi anche il mercato. Per questo l’Adac ha annunciato un’inchiesta interna. Una commissione analizzerà tutti i dati del sondaggio dalla prima edizione del premio nel 2005. Non sarà un compito facile perché, a quanto pare, molti dati sarebbero stati distrutti ad arte dopo la consegna del riconoscimento.
Per l’Adac, l’affaire è una catastrofe di immagine: l’organizzazione vive della fiducia dei membri e dell’opinione pubblica nei suoi test e nei suoi consigli agli automobilisti. Lo ha ammesso il presidente dell’Associazione Karl Obermair questa mattina: «La credibilità e la fiducia sono i nostri valori fondamentali: proprio per questo gli eventi ci colpiscono profondamente». Nell’ammettere gli errori ha annunciato che comparirà di fronte alla stampa e ai rappresentanti del mondo dell’automobile tedesco per chiedere scusa. Lo stesso Obermair, la scorsa settimana, di fronte a 400 ospiti invitati, aveva descritto le accuse della stampa come «speculazioni senza senso» e aveva parlato di «scandalo per il giornalismo».
Solo dopo la consegna del premio, messo sotto torchio dal presidente in persona, Ramstetter avrebbe mandato alla dirigenza un file excel con i veri numeri del concorso truccato. Poche ore ore più tardi veniva licenziato. Il presidente assicura ora che nessuno, ai vertici, avrebbe mai potuto immaginare cosa succedeva con il concorso. La stampa tedesca crede però che la frode fosse a conoscenza dei piani alti, altrimenti non si spiegherebbe la fuga di notizie alla Süddeutsche Zeitung.
Lo scandalo è la prova di fuoco anche per il nuovo ministro dei trasporti, l’ultraconservatore bavarese Alexander Dobrindt che ha invitato il potente club a «mettere tutte le carte in tavola», solo cosí «potrà riconquistare la fiducia perduta». Per altri invece questa storia è solo all’inizio, il muro di silenzio sull’associazione si è rotto ed è lecito aspettarsi ulteriori scandali.