Portineria MilanoDi Pietro rimette la toga per candidarsi alle europee

Di nuovo in Tribunale

Napoli – «C’è Tonino, c’è Tonino…» Al tribunale di Napoli lo cercano tutti. Vogliono vedere Antonio Di Pietro, lo storico pubblico ministero di Mani Pulite, quello che allora era il salvatore della patria, il magistrato di Tangentopoli, leader di un partito, l’Italia dei Valori, franato sulle troppe case di famiglia (erano 56, ndr), dopo un’inchiesta di Report che ha lasciato macerie. Ma, nella bolgia del tribunale campano, tra avvocati di passaggio, carabinieri e semplici spettatori, in pochi forse ricordano del figlio Cristiano candidato in Molise, dello scandalo sulla gestione dei fondi elettorali, del familismo spinto all’interno dell’Idv, con incarichi, per mogli, ex mogli, mariti e nipoti. «C’è Tonino, c’è Tonino…». Questo importa. Di nuovo con la toga, di nuovo nel suo ambiente “naturale”, come lo hanno conosciuto in Italia, all’inizio degli anni Novanta.

Non è una novità: Di Pietro sta cercando di rifarsi una verginità politica. Sta pensando alle elezioni europee di maggio. Vuole candidarsi. Non si è capito con quale partito. Pare proprio l’Idv. Vuole ritornare dove arrivò nel 1997, a pochi anni di distanza dopo la sbornia mediatica di Tangentopoli. «Servo ancora» confida ai fedelissimi. E allora si presta alle telecamere. Parla con l’avvocato Niccolò Ghedini, discute con i giornalisti, saluta persino Walter Lavitola, il grande protagonista del processo De Gregorio sulla compravendita dei senatori nel processo Berlusconi. Il tribunale di Milano è a centinaia di chilometri di distanza, come il tempo in cui stava dall’altra parte della staccionata, quando interrogava il leader del Psi Bettino Craxi. Ora difende il suo partito. «Bisogna capire se c’è stata la corruzione parlamentare» sostiene almeno dieci volte di fronte ai cronisti.

Di questo processo neppure il Cavaliere è preoccupato. Andrà a prescrizione nell’ottobre del 2015. Dimostrare la «compravendita» non sarà facile, lo stesso Henry John Woodcock lo sa. Le perdite di tempo si susseguono di udienza in udienza. Renato Brunetta ricorda che nella scorsa legislatura sono stati 180 parlamentari a cambiare casacca. Del resto, due giorni in aula e tutto è già stato rinviato al 17 febbraio. Il primo giorno il presidente del collegio era Loredana Acierno,  moglie dell’ex procuratore di Bari, Antonio Laudati, sfiorato dal «caso escort» a Bari: non poteva presiedere per regolamento. Così sembra di stare in “Ricomincio da capo”, il film con Bill Murray dove ogni giorno si celebra il giorno della marmotta, dove tutto riinizia allo stesso modo. Tonino non ci bada più di tanto. O forse, a lui l’eterno ritorno va più che bene. 

Tonino ha il capello tirato all’indietro, freme al suo posto, ascolta, dialoga con i cronisti. È la star del processo. Dopo l’arringa di Ghedini sulla contumacia del Cavaliere prende la parola come avvocato dell’Italia dei Valori per contestare le eccezioni della difesa. «Impossibile che Berlusconi non sapesse che il processo è in corso. Che stava ai giardinetti? Non ha letto i giornali?» spiega. Il presidente del collegio lo redarguisce. «Avvocato invito anche lei, come tutti ad attenersi a rilievi di cattarere tecnico». Sottinteso: non facciamo arringhe politiche. Ma lui aggiunge benzina sul fuoco. «Su, Silvio, smettila di prendere in giro la giustizia italiana! C’è un limite oltre il quale non si può andare» scrive sul suo blog.  Un po’ magistrato, un po’ politico. Di Pietro in questi anni non si è dato mai per vinto. 

Nel 2012 sosteneva che l’Idv fosse finita. Ci vedeva bene. In questi ultimi mesi se l’è presa con tutti, soprattutto con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ha persino dato ragione a Craxi, il “suo” imputato per eccellenza , quando il leader del Psi tirò in ballo l’attuale Capo dello Stato nella gestione dei fondi del Pci. Nel giugno del 2013 aveva lasciato l’assemblea del partito in lacrime. Chiese a Beppe Grillo di unire l’Idv al Movimento Cinque Stelle, anche se il comico genovese aveva candidato Milena Gabanelli, conduttrice di Report, alla presidenza della Repubblica. A fine gennaio si era persino inventato barista in Sardegna dove sostiene il candidato del Pd Francesco Pigliaru. Nello spot diffuso dalla pagina youtube dell’Idv sardo si può ancora adesso assistere a una scena degna del Forcafè di formigoniana memoria: due uomini seduti al bancone del bar parlano della loro sfiducia nella classe politica: “A votare ci vai?”, chiede uno -con marcato accento sardo – ; l’altro risponde: “Ma sono tutti uguali“. E il primo, rivolgendosi al barista dice: “Oh, Tonino, c’è un partito che si impegna per la legalità e per l’ambiente?”. Il Tonino che si gira è il barista che non ti aspetti: “Certo che c’è: si chiama Italia dei Valori. Fidati”, dice Di Pietro. Cosa non si fa per un posto in Parlamento. 

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