Il problema degli stabilimenti italiani del settore del “bianco” è quello del costo del lavoro? In parte, ma non solo: ancora più preoccupante è la scarsa efficienza, anche rispetto a competitor come la Repubblica Ceca. Questo emerge da una ricerca del Centro studi della Fondazione Ergo-Mtm, secondo cui gli stabilimenti italiani delle aziende degli elettrodomestici devono recuperare efficienza, e possono farlo nella misura del 30 per cento.
L’analisi ha messo a confronto l’Italia con Germania, Spagna e Repubblica Ceca, con rilevazioni su 13 stabilimenti, dove lavorano 11mila persone.
Il primo passo dello studio è stato trovare il costo del lavoro annuale degli operai nei diversi Paesi e dividerlo per le ore nette di presenza (media delle ore lavorate annualmente e come definite da contratto al netto dell’assenteismo).
È emerso che il costo orario nel settore del bianco in Italia è di circa 20 euro all’ora, molto diverso dal dato di 24 euro circolato nei giorni caldi della crisi dell’Electrolux. Il valore è inferiore a quello della Spagna (circa 23 euro) e della Germania (34 euro). In Repubblica Ceca è invece di soli 9 euro all’ora.
Il costo del lavoro orario, secondo i ricercatori della Fondazione Ergo-Mtm, non basta però alle aziende per decidere se delocalizzare o meno. Più importante è ragionare sul costo per ora lavorata produttiva (Colp). Ed è questo il risultato più preoccupante della ricerca, perché in questo confronto l’Italia (38 euro/ora) perde il proprio vantaggio competitivo verso la Spagna (35 euro/ora), a causa del gap di efficienza. La Repubblica Ceca (16 euro/ora) è ancora più distante perché – a sorpresa – anche la sua efficienza è migliore di quella italiana. La Germania, invece, sul fronte della produttività – almeno nel settore del bianco, a differenza di altri campi come quello automobilistico – non risulta particolarmente attrattiva in termini di costo per ora lavorata produttiva.
Come si arriva a questi dati? Lo studio ha preso in considerazione il “tempo standard” che si riesce a produrre con ciascun operaio. È stata presa in considerazione una metrica internazionale chiamata Mtm (Methods-time-measurement), che tiene conto del tempo impiegato per migliaia di operazioni e altre variabili legate all’organizzazione (minuti netti lavorati per turno, perdite di efficienza, perdite di qualità per rilavorazione e altre).
«La Spagna – dice lo studio – ha ottenuto il miglior risultato di efficienza (65,8%), e ciò significa lavorare bene e con una buona organizzazione che riduce al minimo le varie forme di perdita. Segue poi la Repubblica Ceca (58,7%), che non risulta quindi competitiva solo grazie al livello di costi, ma anche per livello di efficienza riscontrata. L’Italia in questa classifica ottiene un quarto posto (54,5%), dopo la Germania (56,4%)».
Non ci sono quindi speranze per le industrie italiane, al di là di sussidi pubblici per tenere in vita artificosamente le aziende del bianco? La ricerca dà un po’ di speranza, segnalando che il potenziale di miglioramento dell’efficienza per l’Italia è molto consistente: +30% in tre anni in termini di efficienza, portando la propria efficienza dal 54,5% al valore world-class pari al 70,5 per cento.
L’aumento principale verrebbe dall’eliminazione delle perdite (9,10 punti di recupero di efficienza sui 16 totali). Si tratta del tempo non produttivo perso a causa di fattori tecnici, come le fermate degli impianti, mancanza di energia e guasti, o organizzativi, come la mancanza di materiali, materiali difettosi, mancanza di personale. Gli altri modi per recuperare efficienza sono un miglior sincronizzazione tra le stazioni di lavoro in sequenza (bilanciamento delle linee), il minor tempo perso per rilavorare prodotti difettosi e il minor tempo speso per movimentare i materiali e coordinare le risorse.
Con un livello di efficienza world-class (lo stesso a cui si è ispirata la Fiat e soprattutto la Chrysler negli ultimi anni, seguendo il modello originariamente messo a punto dalla Toyota) l’Italia, secondo lo studio, riuscirebbe a colmare il gap competitivo verso la Spagna, posizionandosi al primo posto tra i Paesi dell’Europa occidentale. La Repubblica Ceca rimarrebbe invece lontana.
Secondo la ricerca, «per migliorare il “costo del lavoro produttivo” è necessario agire sull’organizzazione del lavoro modificando turni di lavoro, pause, perdite di efficienza, metodo di lavoro. Ipotizzando che il trend macro-economico porterà ad un appiattimento dei livelli del costo del lavoro in Europa, si può concludere che la sfida competitiva non si giocherà più sul costo del lavoro, ma sulla capacità di raggiungere livelli di efficienza e di efficacia eccellenti, per questo è fondamentale che l’Italia torni a giocare».