Così è…se traspare. Storie di finanza e (mancanza di) trasparenzaIl torello tra imprenditori, Cdp e Stato sui debiti Pa

Le mosse di Renzi e Padoan

Torello finanziario: mi occupo di ingegneria finanziaria da venti anni, ma di fronte al progetto per il pagamento degli arretrati della pubblica amministrazione non so trovare un termine tecnico per definire la proposta. Per chi invece non conosce il calcio, il torello è quando un piccolo imprenditore cerca di ricuperare la palla, i suoi soldi, che tre professionisti, l’amministrazione pubblica, le banche e la Cassa depositi e prestiti sono pronti a passarsi dall’uno all’altro. E lui è preso in mezzo, e siccome comincia anche a sentire le gambe deboli, rischia di non riuscire a vedere mai più la palla. Il torello giocato sui campi di calcio è una cosa di cui si scherza, ma il torello nella vita, e giocato di soldi, può essere uno dei giochi più crudeli.

Vediamo se ho capito il gioco. Tu sei un piccolo imprenditore che cerchi da anni di riprendere i tuoi soldi da una pubblica amministrazione, ma scopri che è più difficile che portare via la palla a Borja Valero: tra una finta di corpo, una veronica e un sombrero, non ti fa vedere un euro. Ed ecco il progetto Bassanini-Messori, ripreso da Renzi. Ora l’amministrazione, previo un bollo di garanzia statale, può passare la palla a un altro giocatore: la banca. Il nostro imprenditore potrà correre alla banca, con il suo credito, e far notare che c’è sopra la garanzia statale. A questo punto, ci vuole Crozza: ma ve lo immaginate voi uno che va in una banca italiana oggi e dice: signori, ho una garanzia statale? Cosa gli risponderanno? Provo a indovinare. Venite tutti, qui c’è uno che ha una garanzia statale? Forse no. Diranno che la garanzia statale è una figurina troppo comune da scambiare: “Celo! Qua ne abbiamo 400 miliardi. E tu cosa vorresti in cambio?” “Vorrei danaro, banconote…”. “Manca! Quella è una figurina rara! Ha mai sentito parlare di crisi di liquidità?”.

Insomma, la domanda è: perché mettere di mezzo le banche? Non sono già abbastanza in mezzo? I loro destini non sono già abbastanza legati a quello del settore pubblico e del debito pubblico italiano? Non abbiamo forse bisogno, come abbiamo detto più volte, e proprio a proposito di Letta, che è necessario separare i destini di imprese, banche e stato? L’unica garanzia pubblica che potrebbe funzionare sarebbe legata a un intervento di legge che riconoscesse una priorità (seniority) ai crediti della pubblica amministrazione, rispetto al resto del debito pubblico. Senza questo, una struttura in cui i crediti vantati presso le amministrazioni pubbliche vengano dirottati presso le banche conduce a due esiti. O i crediti vengono scontati a un tasso che tiene conto anche della forte concentrazione del portafoglio delle banche verso l’emittente pubblico, e in questo caso i nostri imprenditori riceveranno un pallone sgonfio. Oppure, in altri casi le banche potranno semplicemente “bucare il pallone”. Potranno sequestrare questi crediti per chiedere di ”rientrare” alle imprese, che probabilmente saranno ridotte all’osso dalla traversata nel deserto, e in questa maniera le spazzeranno via. Il nostro capitalismo di relazione tanto benedetto dai nostri vecchi banchieri, come Bazoli al FT, è un gioco di società da salotto per gente ricca, e non ha pietà per le piccole aziende deboli.

E che dire del terzo giocatore, la CDP? La CDP sta pronta a assistere le banche, se le amministrazioni non pagano, assorbendo i crediti e ristrutturandoli con un allungamento del debito a 20 o 30 anni. Pare di capire che la CDP si offre come unico acquirente dei crediti in default delle aziende pubbliche. Perché questa posizione di monopsonio? E a quale prezzo e condizioni saranno fatte queste ristrutturazioni?  La storia della riserva di caccia e dei crediti a lungo termine alle pubbliche amministrazioni più che una nota tranquillizzante ricorda una minaccia per quelli come me che hanno seguito la vicenda dei derivati degli enti pubblici. I casi tipici di ingresso delle banche nella gestione del debito degli enti pubblici con l’offerta di derivati sono infatti scaturiti da situazioni in cui gli enti erano bloccati in mutui a lungo termine con la CDP a tassi largamente fuori mercato. Perché non aprire il mercato di questi titoli pubblici in sofferenza alla competenza di altri operatori, come “fondi avvoltoio”, o simili? Perché non usare anche questo per lo sviluppo del mercato di titoli? Inoltre, resta il rischio che la capacità della CDP di assorbire questo tipo di crediti (tra 3 e 5 miliardi) non sia sufficiente a garantire le banche in uno scenario di crisi sistemica.

Infine, che dire del fatto che Renzi abbia sposato questa soluzione? La fenomenologia di Renzi suggerisce che mentre andava a Palazzo Madama o a Monte Citorio, abbia scelto la giacca, abbia abbinato la cravatta, e poi abbia chiesto: cosa c’è di pronto per il problema dei debiti della pubblica amministrazione? Probabilmente gli hanno detto di una proposta che non era piaciuta al governo precedente, ed ecco il coniglio che esce dal cappello. È un po’ un vizio di fabbrica, come quando, appena arrivato a Palazzo Vecchio, ha annunciato la soluzione del problema dei derivati del Comune. Cosa c’è di pronto? La strada dell’autotutela e di quello che sul nostro blog abbiamo chiamato la via dell’“ingegneria giudiziaria”. Allora la fretta fu pessima consigliera. Alla dichiarazione di Renzi si dice che le banche misero un “claim”, portando di fatto il contenzioso a Londra. E a Londra, il Comune è stato di fatto graziato dalle banche poco prima che i giudici inglesi calassero la mannaia. Quella che sulla stampa venne pubblicizzata come una chiusura consensuale e una vittoria del Comune, fu in realtà una capitolazione.

Ora pare che Renzi stia facendo lo stesso errore di approssimazione. Chiedere cosa c’è di pronto, e riporre la fiducia nel primo rimedio miracoloso proposto. Si fermi un attimo e si faccia le domande che qui ci siamo fatti noi, e scoprirà che può essere tutto molto più semplice. Si faccia anche qui una “bad bank”. Facciamocela a parte, mentre le banche si fanno la loro, e senza soprattutto sovrapporla alla loro. Si fa un veicolo, dove gli imprenditori portano i loro crediti certificati e riscuotono denaro, finanziato al passivo da titoli dedicati. Se vuole, lo stato conceda pure una garanzia sulle attività del veicolo (ma, come nel progetto CDP, non varrà niente, a meno dell’introduzione di qualche “seniority”). Se vuole, la CDP intervenga insieme agli altri investitori sottoscrivendo le passività di questo veicolo, a condizioni di mercato. Sarebbe un’operazione semplice, con un nome noto: cartolarizzazione. E sarebbe più efficace del “torello finanziario”.

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