Se chiedeste ad un gruppo di persone di visualizzare nella propria mente l’aspetto estetico di un nerd da videogame, qualcuna probabilmente inciamperebbe nello stereotipo del ragazzo grassoccio, brufoloso, poco interessato all’igiene personale, e – last but not least – dalla socialità turbolenta. La canadese Jade Raymond, produttore esecutivo e manager di Ubisoft, è nata per abbattere questi cliché.
Talentuosa e bellissima, nei suoi 38 anni Raymond ha comunque avuto di meglio da fare che dedicarsi a smantellare i luoghi comuni: ad esempio, produrre alcuni dei videogiochi di maggior successo della storia, come The Sims Online e Assassin’s Creed (solo quest’ultimo, per capirci, ha venduto 8 milioni di copie nei primi due anni). Ora Raymond, di origini miste – 50% canadese, 25% cinese, 25% australiana -, laureata in informatica alla McGill University di Montreal, sta per lanciare la sua prossima scommessa, forse la più ambiziosa: sul successo di Watch_Dogs, il nuovo probabile blockbuster firmato Ubisoft, il direttore esecutivo della compagnia è pronta a scommettere moltissimo.
Ambientato in una Chicago futura ma non troppo, dove un supercomputer controlla il funzionamento di ogni componente tecnologico della città, il videogioco pone l’utente al centro di una vasta guerra d’informazione nei panni di Aiden Pearce, un famoso hacker che combatte contro il sistema di sorveglianza che occlude l’intera società. Il gioco valorizza l’esperienza primaria dei player, un concetto caro a Raymond, come ha spiegato ad Adweek: «I giocatori – così come le persone – vogliono esprimere se stessi, giocare a modo loro, creare le loro storie e condividerle».
Come prevedibile, in un’industria dove le donne al comando (ma anche ai piani più bassi) si contano sulle dita di una mano, Jade Raymond ha trasceso il proprio ruolo lavorativo per assurgere, volente o nolente, ad emblema di una categoria. «Una nuova icona moderna nel mondo dei videogiochi» di cui si apprezzano, oltre a bravura e bellezza, le doti di personalità e carisma: solare e sorridente in ogni intervista, Raymond dispone addirittura di una nutrita schiera di fan – che si considerano parte dello Jade’s Empire, l’impero di Jade – che danno vita ad un sito non ufficiale ricco di fotografie, aneddoti e curiosità e ad un’affollata pagina Facebook a lei intitolata.
Dietro alle luci dei palcoscenici Raymond resta però, prima di tutto, una grande appassionata di videogiochi. Tra i suoi preferiti ci sono alcune pietre miliardi del gaming recente, titoli in cui l’azione rappresenta sempre l’elemento centrale, come Resident Evil 4 (2005), Prince of Persia: le sabbie del tempo (2003), Tekken 3 (1997), e Kurushi (1997); Everquest, invece, è il gioco che l’ha tenuta incollata per più tempo allo schermo: 10 ore al giorno per tre mesi consecutivi. Il personaggio che più ama di più, ha ammesso lei stessa, è Donkey Kong, il gorilla protagonista dell’omonima serie di videogiochi sviluppata da Nintendo negli anni ’80 e guest star nella serie Mario. Raymond è una da divertimento spiccio in una sale giochi, più che da fronzoli grafici e ricercate esperienze multilivello, ed è questo che molti adorano di lei.
L’interesse attorno al suo personaggio, tuttavia, arriva ad un costo. Nel 2007, circolò sul web un fumetto pornografico che la ritraeva nuda in uno scenario ispirato al videogioco che l’ha resa celebre, Assassin’s Creed, aggiungendo dettagli osceni che al tempo Ubisoft definì «offensivi» ed «estremamente dannosi per la sua carriera». L’immagine venne rimossa dai siti dove era stata caricata, ma questo non pose un freno alla sua diffusione, né alle speculazioni sulla sua avvenenza fisica. Pochi mesi prima, era circolata la voce (falsa) che Raymond avrebbe posato per la copertina di un famoso giornale per uomini e un blogger conosciuto, Mike Fahey, aveva scritto: «Spero che un giorno annuncerà un nuovo gioco in cui l’utente possa muovere la camera attorno ad un modello 3D di lei stessa. Pagherei un centinaio di dollari per giocarci».
L’attenzione morbosa nei suoi confronti non ha impedito a Jade Raymond di continuare per la sua strada, consapevole delle difficoltà date da un ambiente tradizionalmente maschilista. La sua carriera è proseguita tra grandi e grandissimi successi, nuove scommesse e paragoni importanti. Ma la “Marissa Mayer dei videogiochi” ha sempre rifiutato ogni etichetta. Almeno, ogni etichetta non coniata da lei stessa. «Sono sempre stata una ragazzina piuttosto strana», ha raccontato a GQ in un’intervista pubblicata nell’ottobre 2013. «A otto anni, in terza elementare, mi sono iscritta a un corso per programmare robot, leggevo libri di fantascienza, facevo la volontaria in biblioteca. Essere una nerd mi piaceva al punto che, quando il dentista mi mise l’apparecchio per i denti, fui l’unica bambina a uscire dal suo studio gridando di felicità: finalmente potevo essere anch’io come uno dei protagonisti de I Goonies, che avevo visto al cinema». Perché Raymond lo sa: non è necessario essere brutti per essere nerd.