Non ha il fascino rinascimentale di Cracco né l’esperienza superstellata di Barbieri ma, se ragioniamo sull’imprenditoria, gli altri due giudici di Masterchef Italia sono dei “bambini” rispetto a Joseph Bastianich: tremila dipendenti, 250 milioni di dollari come fatturato annuo, socio di Oscar Farinetti in Eataly New York (80 milioni di dollari incassati nel 2013), tra poco a Chicago e poi a Los Angeles. “Joe”, 45enne dei Queens newyorkesi – figlio d’arte (la mamma Lidia, emigrante istriana, è una delle leggende viventi della ristorazione a stelle e strisce) – ha un passato e forse un futuro a Wall Street: lì ha fatto il bond trader prima di dedicarsi interamente all’attività di famiglia nel ’93 e sogna di quotarvi il gruppo tra qualche anno.
Lancia piatti come dischi volanti, sta diventando popolare quanto Dan Peterson con il suo slang italo-americano e non ha peli sulla lingua. Dice sempre che “gli chef giudicano i piatti, io invece sono un ristoratore e giudico gli chef” e ha confermato che caccerebbe Silvio Berlusconi dal suo ristorante, perché non gli piace. Il problema è che non può essere in tutti contemporaneamente – ne ha venti tra New York, Las Vegas e Los Angeles – e quindi l’ex-premier può farcela. Per Linkiesta ha accettato di parlare del “suo” mestiere, Quello di “restaurant man”, titolo di un’autobiografia di successo.
Mr. Bastianich, da circa sei mesi ha aperto a Cividale del Friuli – davanti a una delle sue aziende vinicole – il primo locale in Italia: Orsone. Come sta andando?
Il primo bilancio è molto positivo per il momento. Penso abbia colpito il pubblico perché ha uno spirito davvero internazionale: unisce l’anima italiana della cucina con una visione manageriale americana. Ma essendo il primo ristorante del gruppo in Europa, gli obiettivi sono alti, quindi dobbiamo lavorare ancora tanto.
È più difficile fare buona ristorazione nel nostro Paese o negli States? Ci sono opinioni diverse in materia.
In Italia forse è più difficile: le abitudini sono molto diverse da quelle americane. E poi bisogna ammettere che gli italiani sono abituati a mangiare bene, anche a casa e soprattutto in famiglia dove hanno sempre la mamma, la zia o la nonna esperta. In più, ci sono elementi come le tasse, i costi del personale e la burocrazia che non sono facile da gestire. Richiedono tempo e attenzione più che da noi.
Orsone, il locale italiano di Joe Bastianich, a Cividale del Friuli
In Italia, quasi tutti i più bravi cuochi lavorano per griffe di moda, hotel, case vinicole. Gli chef patron sono pochissimi. Quali sono i motivi
Non sono uno chef ma continuo a pensare non sia facile coniugare l’anima creativa che di solito li caratterizza con quella che fa quadrare i conti e li fa vivere.
Lei è sbarcato in Italia. In compenso, ci sono sempre più nostri ristoratori che si muovono perché sognano di aprire all’estero, soprattutto per sfuggire alla crisi interna. Hanno ragione?
Per me lavorare in Italia è la realizzazione di un sogno, tanto più che le origini della mia famiglia sono qui. Ma capisco che decidere di investire in questo Paese sia più semplice per alcuni che per altri. Io dico sempre: visto che ognuno rischia del suo, è giusto che faccia quello che reputa migliore per lui. Non ha senso giudicarlo.
È socio di Farinetti in Eataly a New York. Sinceramente si aspettava un simile successo di pubblico e un così ampio ritorno economico?
Scegliendo un grande partner come Oscar, io e i miei soci eravamo sicuri che Eataly avrebbe avuto un notevole riscontro. Ma nessuno, onestamente, era preparato a cifre così importanti. Insomma, avevamo elevate aspettative ma l’operazione di New York le ha decisamente superate. Siamo grati a Farinetti.
L’Eataly a Manhattan, nei pressi del celebre Flatiron Building
In Italia, molti sono convinti che Farinetti cederà il gruppo o al massimo uscirà dalla gestione diretta per dedicarsi alla politica attiva. Cosa ne pensa?
Stimo molto Oscar, non solo come socio e imprenditore ma anche come uomo. Penso che farà la scelta giusta al momento giusto.
Il primo consiglio che darebbe a una persona che intende aprire un locale?
Prendere un milione di dollari e bruciarlo in mezzo alla strada! Se si sentono pronti a farlo, allora hanno la stoffa per continuare…Contrariamente a quanto tutti pensano, la ristorazione non è poi così redditizia, è veramente difficile fare soldi. Bisogna amare veramente questa vita e essere un “oste”. Per me la ristorazione è un modo di vivere, non un lavoro: del resto sono cresciuto in una famiglia che l’ha sempre fatta.
Vista la sua esperienza, è più complicato trovare o gestire buoni cuochi, buoni direttori di sala o buoni camerieri?
Non penso sia così difficile trovare grandi professionisti, se hai talento e gestisci una buona attività. Saranno le persone talentuose a voler lavorare con te, non tu a cercare. Garantisco che la maggior parte di chi lavora nella ristorazione lo fa per passione ed è infaticabile. I buoni ristoranti sono l’espressione di quello che si chiama “lavoro di squadra”, dove ognuno ha il proprio ruolo. Personalmente sono fiero del mio team: una squadra forte e talentuosa, con grande entusiamo per ciò che fanno.
Nel dibattito eterno sui costi dell’alta cucina che secondo molti finiscono per allontanare la clientela dai ristoranti, qual è la sua opinione?
Io penso che il ristoratore debba sempre considerare fondamentale l’equilibrio tra la qualità dei piatti e il costo della materia prima per il rispetto del cliente e il conto economico del locale. Poi essendo la cucina un’arte è anche vero che non sempre è alla portata di tutti.
Ha anche varie aziende vinicole in Italia. Come vede il mercato del vino? Sono finiti i tempi in cui produrlo era un grande affare?
Quello del vino è un mercato sempre più ricco di vini ben fatti ed è una cosa positiva perché la qualità generale aumenta ma di conseguenza è più difficile distinguersi. Non sono d’accordo con la seconda domanda: ritengo che produrlo non sia mai stato un grande affare: richiede attenzione, fatica, tempo e denaro. Non bastasse sei sempre soggetto ai rischi della natura. Sostanzialmente lo si fa per passione della campagna e del vino stesso, per lasciare qualcosa di duraturo ai nostri figli.
Mr. Bastianich, con Masterchef lei sta vivendo in prima persona il periodo in cui tutti gli italiani sembrano “malati” di cucina e vini. Da osservatore straniero, ma conoscendo bene come siamo, quale è il suo giudizio?
Positivo. Gli italiani ora sono più appassionati di prima. Semmai spero che tutta questa attenzione faccia riflettere bene su quanto, e come, mangiamo o beviamo.