Nessun taglio ai tassi d’interesse da parte della Banca centrale europea. Almeno non ora. Se ne riparlerà a marzo, o forse aprile. La Bce vuole capire ancora meglio se e come la dinamica di calo dei prezzi all’interno dell’eurozona continuerà. Preoccupa la deflazione, preoccupa la frammentazione finanziaria, ma non ci sono ancora le condizioni per una nuova sforbiciata al costo del denaro. Sarà forse il prossimo il mese adatto per vedere le nuove mosse dell’Eurotower. Per ora, solo forward guidance, indicazioni prospettiche.
Il maggiore pericolo rimane la deflazione. Come ha ricordato in conferenza stampa dal presidente della Bce, Mario Draghi, continua il periodo di bassa inflazione e l’obiettivo è quello di non permettere che si tramuti in deflazione vera e propria. Su un altro versante, quello della frammentazione finanziaria resta elevata la tensione, nonostante la situazione sia migliorata negli ultimi dodici mesi. Ne è prova la divergenza tra i tassi d’interesse a cui vengono erogati i prestiti alle imprese nel cuore dell’eurozona e quelle nel resto dell’area, Italia compresa. I tassi di queste ultime zone sono ancora troppo elevati, così come sono ristretti i rubinetti del credito. E più si va avanti, più il calo della domanda spinge le imprese ad abbassare i prezzi, alimentando la deflazione.
Il maggiore problema della Bce è che non sa come agire per migliorare la situazione all’interno della zona euro. Da un lato c’è lo spauracchio della deflazione nei Paesi della periferia, dall’altro c’è una persistente e problematica questione relativa al funding delle imprese della stessa area. In assenza di misure volte a migliorare i canali di accesso al credito, per la periferia dell’eurozona potrebbe essere difficile uscire dall’attuale stagnazione. E lo scenario deflattivo potrebbe essere ben più dannoso di tanti altri, in quanto potrebbe minare ai tesoretti di famiglie e imprese, che finirebbero in una morsa quasi mortale.
Le opzioni sul tavolo possono essere diverse. La più banale è un taglio del tasso d’interesse di rifinanziamento. E questo dovrebbe arrivare in marzo. Secondo Royal Bank of Scotland è possibile che si scenda fino allo 0,1%, con una sforbiciata di 15 punti base. Stessa opinione per Barclays, Commerzbank e Goldman Sachs. Più cautelativa Nomura, che non pone un intervallo temporale entro il quale la Bce deciderà di agire sul tasso principale: «Dipenderà dai dati che saranno accumulati nel corso del prossimo mese». In pratica, ciò che ha detto Draghi. Mancano ancora troppe informazioni per eventuali azioni. Ma, come spiegato dal numero uno dell’Eurotower, «la Bce è pronta a intervenire, se necessario, con tutti gli strumenti ammessi dai trattati». E questo significa, senza troppi giri di parole, che è plausibile che la Bce possa ricominciare a comprare bond governativi sul mercato obbligazionario secondario. Plausibile ma poco probabile, dato che questa azione non sarebbe giustificata da un livello di tensione abbastanza elevato.
Poi, c’è la possibilità di tagliare il tasso d’interesse sui depositi, portandolo sotto lo zero. Un tasso negativo che, nell’ottica della Bce, potrebbe essere utile a costringere le banche dell’eurozona a non parcheggiare la liquidità presso l’Eurotower. Così facendo, ovvero tramite la disincentivazione, potrebbero aprirsi nuove vie, nuovi territori, del tutto inesplorati. Dalla Zero interest rate policy (Zirp), la politica monetaria basata sui tassi prossimi allo zero, alla Negative interest rate policy (Nirp), la politica monetaria di tassi negativi, il passo è difficile. Cosa fare nel caso non ci siano miglioramenti? Fino a che punto si può spingere la Bce? Certo, si può anche lanciare un’altra operazione di rifinanziamento a lungo termine (Long-term refinancing operation, o Ltro), come effettuato tra il dicembre 2011 e il febbraio 2012, ma questo non risolverebbe gli squilibri tra cuore e periferia. Anzi, potrebbe esserci un ulteriore outflow dalle banche più in difficoltà, che quindi preferirebbero di usare i depositi presso la Bce ugualmente, verso quelle considerate più sicure. Si amplificherebbe così il divario fra le due aree dell’eurozona.
Infine, c’è un’altra possibilità, quella del mini Quantitative easing (Qe). Si tratta di una misura che però deve essere studiata nel dettaglio. Se si decide di comprare asset, quali classi preferire? Draghi ha escluso che la Bce possa iniziare a comprare equity, almeno a questo punto della crisi dell’euro area. Piuttosto, potrebbe decidere, nei prossimi mesi, di entrare sul mercato delle Asset-backed security (Abs), titoli emessi a seguito di una cartolarizzazione e con al loro interno crediti di varia natura. Ma dato che i problemi maggiori sono nell’eurozona periferica, e che in questi mercati le Abs hanno poca rilevanza, l’impatto di una misura di tal genere potrebbe essere ininfluente.
C’è poi la questione della sterilizzazione della liquidità del Securities markets programme (Smp), lo speciale programma di acquisto di bond governativi che ha sostenuto diversi Paesi, compresa l’Italia, negli ultimi anni. Dopo diverse operazioni di sterilizzazione andate male, nell’ultima settimana c’è stato un miglioramento. Un segnale positivo, ma che non lascia spazio all’ottimismo. E sterilizzare, per la Bce, significa drenare la liquidità dalle dalle varie zone per renderla più omogenea. Tuttavia, al fine di migliorare la condizione del settore finanziario, Draghi ha specificato che la fine delle operazioni di sterilizzazione è una delle opzioni contenute nel bouquet dell’Eurotower. Anche perché, va ricordato, il canale di trasmissione delle politica monetaria della Bce è ancora rotto. Proprio come un anno fa. Proprio come due anni fa. Il sistema bancario dell’eurozona è sottoposto, ancora una volta, a rischi al ribasso, anche in ottica di Asset quality review (Aqr). E se il sistema del credito non funziona, non è nemmeno possibile sostenere una ripresa economica che appare fragile, disomogenea e discontinua, oltre che vulnerabile alla crisi delle economie emergenti.
Le carte in mano a Draghi stanno diminuendo drasticamente, ma lui continua a tranquillizzare gli investitori. «Guardiamo al medio termine, non solo al breve. Le evoluzioni possono essere molte», ha spiegato in conferenza stampa. Eppure, nel caso che si tratti di un taglio dei tassi, o di un nuovo Ltro, l’impressione è che si stia perdendo sempre più tempo, con il rischio di un peggioramento, oltre che di un prolungamento, della stagnazione e delle divergenze all’interno dell’eurozona. In altre parole, ancora venti di crisi.