L’ultima notte di Enrico Letta a palazzo Chigi. A sentire gli spifferi di Montecitorio è ormai una certezza: la staffetta con il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi è imminente. Questione di ore, tanto che tra i renziani c’è chi starebbe spingendo per evitare che “il bagno di sangue” si consumi giovedì durante la direzione dei democratici. Secondo i ben informati, all’alba di martedì 12 febbraio, quando Letta e Renzi si incontreranno, potrebbe esserci, la resa dei conti definitiva. Eppure, in una giornata contrassegnata da battute e scherzi sul nuovo governo Renzi, tra totoministri e nomine, resta comunque un “ma”, una congiunzione legata proprio alle scelte di Letta.
Il presidente del Consiglio ha rilanciato nelle ultime ore l’azione di governo (“proporrò un patto di coalizione a tutti i partiti”). Non solo. Continua a ribadire che “quelli che vogliono la crisi escano allo scoperto”. L’impressione, però, è che il destino del nipote di Gianni sia ormai segnato. Certo, tra i lettiani si continua a ribadire che “non si dimetterà, che andrà fino in fondo, tanto da arrivare alla sfiducia alla Camera”. Ma pure tra le maglie del Nuovo Centrodestra, fino a pochi giorni fa sostenitori dell’esecutivo, si “dà il treno renziano ormai spedito verso destinazione, con il capo stazione Napolitano a osservare i movimenti interni al Pd”.
Il punto vero, ormai sotto gli occhi di tutti, è che dalla nave di Enrico Letta stanno iniziando a scendere in molti. Come Scelta Civica, con Andrea Romano, il capogruppo che ha chiesto al premier di fare un passo indietro: “Metta a disposizione il suo ruolo” per “favorire l’apertura di una nuova fase politica”, ha spiegato. Così pure tra aree della minoranza del Pd, che da ormai una settimana chiedono al governo un cambio di passo oppure, appunto, un “cambio del conducente”.
Ma quello che è davvero cambiato è l’atteggiamento del Corriere della Sera, il giornale dei cosiddetti poteri forti e dell’establishment italiano su cui imperversa in questi giorni una battaglia tra il renziano Diego Della Valle e il presidente di Fiat John Elkann. Fino a qualche settimana fa il quotidiano di via Solferino pareva sostenere Letta, mentre invece adesso, dopo la bomba di Alan Friedman contro Napolitano sull’operazione Mario Monti del 2011, pare aver virato proprio verso il rottamatore fiorentino. Tra i centristi gira una battuta: “Sarà il governo di Rcs”. Anche per questo motivo il governo Letta sembra avere il destino segnato. “Sulla mia sorte agirà la provvidenza” ha detto il democratico pisano.
Napolitano media tra le parti. Le elezioni anticipate non convengono a nessuno. Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, continua a tacere. E solo Renato Brunetta, il capogruppo, smentisce ipotesi di governo con Renzi: “Faremo opposizione”. Il percorso verso il nuovo esecutivo potrebbe inquadrarsi in questo modo. Dopo le dimissioni di Letta, Napolitano potrebbe aprire la crisi di governo e avviare le consultazioni al Colle, magari già questo fine settimana.
Dal cilindro dovrebbe uscire proprio Renzi, che pare abbia già rassicurato Napolitano sui numeri parlamentari durante l’ultima cena. Ci sarebbe infatti una pattuglia di dissidenti del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo pronta a sostenere l’attuale sindaco di Firenze. Non solo. Anche Sel di Nichi Vendola, sebbene con qualche preoccupazione, avrebbe già assicurato il suo voto di fiducia. Molto dipenderà dalla composizione del nuovo esecutivo. Non si è parlato d’altro martedì 11 febbraio a Montecitorio. Le candidature – come soprattutto le autocandidature – sono diverse forse troppe, con una corsa ad accreditarsi verso il primo cittadino di Firenze.
A quanto pare Renzi potrebbe riproporre lo schema di Romano Prodi nel 2006, con due vicepresidenti del Consiglio, all’epoca Francesco Rutelli e Massimo D’Alema. L’idea del segretario sarebbe quella di confermare Angelino Alfano come vice insieme proprio a Letta. Il destino dell’attuale premier è però circondato da troppe incognite. C’è chi lo vorrebbe al ministero dell’Economia al posto di Fabrizio Saccomanni, come già anticipato da Linkiesta. Chi lo preferirebbe alla Farnesina, chi con un ruolo di prestigio in Europa: le trattative delle ultime ore verterebbero proprio sul suo futuro. Al Viminale al posto di Alfano potrebbe arrivare Marco Minniti, attuale Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega ai servizi segreti. Renzi vorrebbe poi piazzare a palazzo Chigi diversi suoi fidati, da Maria Elena Boschi, già in pista per il ministero delle Riforme dato l’ottimo rapporto con Napolitano, al fidatissimo Luca Lotti, in pole per il dicastero dei rapporti con il parlamento, fino a Matteo Richetti, in pole per gli affari regionali.
Al momento gli unici a ricevere rassicurazioni sarebbero gli esponenti ciellini dell’esecutivo, da Maurizio Lupi alle Infrastrutture a Beatrice Lorenzin alla Sanità. Incerta la posizione di Mario Mauro al ministero della Difesa: potrebbe sostituire Maria Chiara Carrozza all’Istruzione. Spazio anche alla minoranza del Pd. Sul ministero del Lavoro potrebbe planare Guglielmo Epifani, ex segretario, ma c’è chi vorrebbe il professore Pietro Ichino di Scelta Civica. Oscar Farinetti, presidente di Eataly, sarebbe già pronto a ricoprire il ruolo di ministro dell’Agricoltura. Non solo. Anche Cecile Kyenge, ministro dell’Integrazione dovrebbe farsi da parte (pare abbia un posto assicurato alle europee) per lasciare spazio a Khali Chaoki. Emma Bonino, radicale, non sarebbe gradita al segretario e potrebbe perdere la poltrona alla Farnesina. Per lo Sviluppo Economico i nomi sono quelli di Paolo Gentiloni, già ministro alle Comunicazioni di Prodi nel 2006 e di Graziano Delrio, attuale ministro per il Territorio. Ma l’economia è il vero rebus da sciogliere. Si parla di Lorenzo Bini Smaghi, ma si ricordano i cattivi rapporti con il presidente della Bce Mario Draghi. C’è chi vuole un politico. La lista di Renzi è comunque quasi pronta, ma ha bisogno di qualche limatura. Solo Letta può dare il via libera.