Portineria MilanoSul carro di Renzi: alfaniani, indagati e contenti

Garantisti per forza

Angelino Alfano, leader del Nuovo Centrodestra, ne ha fatto una battaglia politica prima di entrare nel governo di Matteo Renzi:

«Noi non accetteremo mai al ministero della Giustizia un giustizialista. Noi alla Giustizia vogliamo un garantista». 

C’è da capirlo. Perché Ncd è uno dei partiti che vanta il numero più alto di indagati, rinviati a giudizio, ex condannati o circondati da indagini giudiziarie in Italia. Dalla Lombardia alla Calabria, dal Piemonte alla Sicilia, la carica degli alfaniani sotto indagine è vasta e non sembra temere la scure del nuovo presidente del Consiglio. Anzi, nella sua prima tornata di nomine, quella di sottosegretari e viceministri, Renzi ha comunque scelto anche dal suo partito degli indagati: come sottosegretario alla Cultura Francesca Barracciu del Pd – esclusa dalla corsa a governatrice in Sardegna perché indagata per peculato – e Umberto Del Basso, anche lui del Pd, nuovo sottosegretario alle Infrastrutture, finito nelle inchieste sui rimborsi in Campania.

L’ultimo arrivato in casa Ncd è Maurizio Lupi. Come ha anticipato La Nuova Sardegna, la Procura della Repubblica di Tempio Pausania ha avviato una inchiesta sulla nomina del commissario dell’Authority del porto di Olbia. A finire fra gli indagati c’è appunto il ministro dei Trasporti. Lupi fu già coinvolto in un’indagine quando era assessore del comune di Milano, ma fu prosciolto perché il «fatto non sussiste». Altro giro, altra regione, ma stesso dipartimento: Infrastrutture e Trasporti. Poi Giuseppe Castiglione, di Ncd, confermato sottosegretario alle Politiche Agricole, arrestato nel 1999 per turbativa d’asta nell’inchiesta su un ospedale di Catania insieme con il suocero Giuseppe Pino Firrarello, già senatore di Forza Italia: Castiglione è stato assolto nel 2004. C’è pure il caso del nuovo sottosegretario Antonio Gentile, già scoppiato nelle scorse settimane. Il figlio Andrea è finito sotto indagine in un’inchiesta sulla sanità calabrese. E il quotidiano “L’Ora della Calabria” si è ritrovato a non poter pubblicare la notizia sull’edizione cartacea, causa un improvviso guasto alle rotative, anticipato dallo stampatore. Per capire l’imbarazzo o più che altro la «pericolosità» della situazione, basta ascoltare la registrazione di una telefonata tra l’editore quotidiano, Alfredo Citrigo e Umberto De Rose, presidente di Fincalabra e stampatore de quotidiano: la procura di Cosenza ha aperto un’inchiesta. 

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Ma il dicastero delle Infrastrutture si segnala pure per un altro sottosegretario sotto indagine: è appunto Umberto Del Basso de Caro, giù consigliere del Partito Democratico in regione Campania e finito sotto indagine per peculato sull’uso dei rimborsi in consiglio regionale. Senza dimenticare il caso del senatore Roberto Formigoni, presidente della Commissione Agricoltura, rinviato a giudizio sugli scandali della Sanità in Lombardia quando era governatore, è di appena una settimana fa l’inchiesta sul senatore Bruno Mancuso. Da ex sindaco Sant’Agata di Militello, provincia di Messina, è finito indagato nell’ambito di un’inchiesta per associazione a delinquere finalizzata alla turbativa di liberi incanti, abuso d’ufficio e falso. Piero Aiello, invece, senatore calabrese, è indagato dal luglio del 2013 per voto di scambio, aggravato dalle modalità mafiose in un’inchiesta della Dda di Catanzaro che ha portato all’arresto di 65 persone. Il reato di voto di scambio si riferisce alle elezioni regionali del 2010 quando secondo l’accusa,  Aiello avrebbe ricevuto sostegno dalla cosca Giampà di Lamezia Terme. 

E che dire di Giovanni Bilardi, altro senatore calabrese, con un posto in commissione Difesa e pure un altro in quella di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali. Gli esponenti del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo lo scrissero nero su bianco per chiedere le sue dimissioni: «Il senatore Giovanni Bilardi, già consigliere regionale per la Lista “Scopelliti Presidente”, della quale è stato coordinatore e capogruppo, è indagato dalla Procura di Reggio Calabria per peculato, falso e truffa». Anche Renato Schifani, presidente di Nuovo Centrodestra ed ex presidente del Senato, è stato al centro di indagini per concorso esterno in associazione mafiosa. Nel novembre del 2013 i magistrati hanno chiesto più tempo per le indagini. Schifani si è sempre dichiarato estraneo e più volte ha auspicato che la richiesta di archiviazione venisse accettata: ha sempre ribadito la sua «totale estraneità a rapporti collusivi con esponenti mafiosi».

Situazione simile a quella di Antonio D’Alì, anche lui senatore di Nuovo Centrodestra, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, perché secondo i pm avrebbe intrattenuto a partire dagli anni novanta, rapporti diretti o mediati con il boss Matteo Messina Denaro: nel 2013 è stato assolto. Antonio Azzollini, altro senatore, presidente della Commissione Bilancio, è sotto inchiesta per truffa ai danni dello Stato e associazione a delinquere per i lavori nel porto di Molfetta. Anche Vito Buonsignore, potente europarlamentare, è stato al centro di diverse indagini della magistratura. Ha ricevuto due anni di condanna per corruzione, abuso e turbativa d’asta per un appalto per l’ospedale di Asti: la condanna è stata confermata in cassazione. Sulla scalata Unipol, dopo essere stato condannato in primo grado, è stato assolto in appello lo scorso dicembre. 

La lista di indagati si amplifica nelle regioni. La Calabria fa da capostipite, ma pure in Lombardia alcuni consiglieri sotto indagine stanno creando qualche problema al governatore Roberto Maroni in vista del rimpasto di giunta. Nuovo Centrodestra infatti vuole un rimpasto, perché ha più consiglieri di Forza Italia. L’ex segretario della Lega Nord, però, non vuole inquisiti in squadra. E tra i dieci consiglieri bisogna pescare il nome giusto, perché i pezzi da novanta, come Francesco Colucci, Luca Del Gobbo e l’ex assessore ai Trasporti Raffaele Cattaneo sono finiti sotto indagine per peculato o falso ideologico nella vicenda delle firme false alle elezioni del 2010. Insomma, problemi che si aggiungono a problemi. Ma il garantismo viene prima di tutto. 

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