La domanda di autorizzazione a procedere è stata trasmessa alla presidenza della Camera dei deputati lo scorso 3 febbraio. Ma la Giunta di Montecitorio esaminerà la richiesta a partire da domani pomeriggio. Al centro del caso c’è la deputata di Forza Italia Michela Vittoria Brambilla – all’epoca dei fatti ministro per il Turismo dell’ultimo governo Berlusconi – e due discussi voli di Stato. Viaggi effettuati con un elicottero dell’Arma dei Carabinieri, a cui tuttavia il ministro non aveva diritto. Almeno secondo il tribunale di ministri di Milano che ipotizza i reati di abuso d’ufficio e peculato.
La vicenda non è recente. I voli di Stato risalgono al 9 dicembre 2009 al 13 marzo 2010. Due passaggi a bordo di un elicottero di servizio per andare da Calolziocorte – in provincia di Lecco – a Piazzola di Brenta (Pd) e Rimini. E ritorno. Per un costo totale a carico delle casse pubbliche di 7mila euro a tratta. Voli indebiti su aerei di Stato? Non per la difesa dell’ex ministro, che la scorsa estate ha presentato una memoria assicurando il carattere istituzionale dei due viaggi. Secondo i legali, a Piazzola sul Brenta Michela Brambilla aveva partecipato a una conferenza regionale sul turismo, mentre a Rimini aveva incontrato alcuni operatori turistici locali. Una spiegazione convincente per il pubblico ministero, che il 4 dicembre scorso ha chiesto l’archiviazione del caso.
Ora però il Tribunale dei ministri di Milano chiede alla Camera l’autorizzazione a procedere nei confronti dell’ex ministro. Nel lungo fascicolo trasmesso a Montecitorio viene riportata la direttiva che disciplina i voli di Stato, firmata il 25 luglio del 2008 da Silvio Berlusconi, all’epoca presidente del Consiglio. Una stretta agli “aerei blu” giustificata dalle necessità di risparmio. «Un quadro – si legge nel documento trasmesso dalla procura di Milano – in cui il volo di Stato o risponde ad esigenze di tutela del soggetto trasportato (artt. 1 e 3) o risulta inderogabile per consentire un efficace svolgimento dei compiti istituzionali non espletabili con altre modalità di trasporto». Non sarebbe il caso dei due voli al centro della vicenda. «Ritiene il collegio – si legge nel documento all’attenzione della Giunta per le autorizzazioni – che nei due voli all’esame non ricorra né l’uno né l’altro dei presupposti applicativi che si desumono dalla direttiva 25 luglio 2008».
Non le esigenze di sicurezza. Perché «le indagini preliminari hanno consentito di appurare che il ministro del turismo Brambilla non era sottoposto all’epoca ad alcuna specifica forma di tutela che imponesse il trasporto in elicottero». Ma i due voli non sarebbero giustificati neppure da inderogabili esigenze «di espletamento dei compiti istituzionali, stante l’inadeguatezza di qualunque altro mezzo di trasporto». Le indagini, infatti, avrebbero dimostrato l’assenza di qualsiasi impegno istituzionale presso il comune di Calolziocorte, dove l’ex ministro è residente. O almeno nessun impegno istituzionale «che imponesse una ristrettezza dei tempi tali da rendere inefficace per il corretto svolgimento delle sue funzioni l’effettuazione del viaggio con altro mezzo: ad esempio, con autovettura, indubbiamente meno dispendiosa rispetto all’utilizzo dell’elicottero».
Due voli illegittimi, insomma. Almeno stando al Tribunale dei ministri. Due passaggi in elicottero che potevano essere tranquillamente sostituiti da una corsa in autoblu. Voli ottenuti grazie alla «consapevolezza della assoluta assenza di controlli di merito», da parte della presidenza del Consiglio dei ministri. Accuse ancora da dimostrare. Alla giunta presieduta da Ignazio La Russa il compito di vagliare la richiesta di autorizzazione a procedere.