C’è chi lo definisce il “David Yergin italiano”, il massimo esperto a livello internazionale di petrolio, l’unico conoscitore degli idrocarburi dal punto di vista energetico in Italia o di shale gas, ascoltato negli Stati Uniti in tema di industria petrolifera, dall’Harvard University ai fondi d’investimento di Wall Street. Ma Leonardo Maugeri, nato a Firenze nel 1964, ora diviso tra Roma e il Massachussets, è molto di più che un semplice esperto di oro nero. Il suo nome è quello che in questi giorni continua a volteggiare di bocca in bocca, tra politici, manager e dirigenti come possibile sostituto dell’attuale amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni.
Il «professore», altra definizione degli addetti ai lavori, al momento tace, ma la scadenza per il rinnovo della nomine nelle aziende statali si avvicina. Ci sono ancora alcuni passaggi formali, ma a metà aprile il premier Matteo Renzi – assistito dai “consiglieri” Luca Lotti e Marco Carrai da mesi sul file – con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan dovranno prendere delle decisioni. E l’addio di Scaroni non rappresenta solo un cambio di passo nella struttura del potere politico italiano, lascito del sistema Berlusconi-Tremonti-Letta, ma potrebbe essere il vero banco di prova di quella che sarà la prossima politica estera dell’Italia. Eni, del resto, non è solo l’azienda di punta del Bel Paese. E’ sempre stata il ministero degli Esteri ombra, grazie alla politica energetica sviluppata con gli stati esteri e gli investimenti nei paesi di tutto il mondo, anche per le cospicue commesse vinte dalla controllata Saipem. Per questo motivo Renzi dovrà pesare e soppesare le scelte, coinvolgendo i massimi esperti dei nostri servizi segreti come della Farnesina o dello Stato Maggiore italiano.
Caso vuole che mercoledì 12 marzo il Copasir, Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, abbia ascoltato Leonardo Bellodi, vicepresidente con rapporti istituzionali e affari regolatori proprio del Cane a sei zampe. Di nomine non si è parlato, ma il parlamento ha comunque dato uno sguardo a quella che è la situazione attuale del nostro gigante petrolifero. Non è un segreto, nè a San Donato, nè nei cenacoli romani, che l’arrivo di Maugeri al posto di Scaroni sconvolgerebbe di non poco gli ultimi nove anni di gestione, sia dal punto di vista interno sia da quello esterno. Del resto, Maugeri in Eni ci è cresciuto. Arrivato giovanissimo nel 1994, fu tra i protagonisti della rinascita del gruppo dopo il ciclone Tangentopoli dove perse la vita Gabriele Cagliari, quando arrivarono Guglielmo Moscato, Vittorio Mincato e Franco Bernabè.
Assistente dell’Amministratore Delegato dal 1995 al 1998, poi responsabile degli Studi Strategici e dei Rapporti Internazionali dal 1999 al 2000, è diventato a 36 anni il più giovane Direttore centrale del gruppo petrolifero degli ultimi venti anni. Di quel gruppo storico di San Donato faceva parte anche Stefano Cao, altro nome caldo per la successione a Scaroni. E c’è chi fa notare che il contratto chiuso in questi giorni da Saipem con Gazprom, valore di 2 miliardi di euro, per la costruzione della pipeline di SouthStream, nasce proprio allora, quando fu sviluppata la tecnologia per l’altro gasdotto Bluestream. C’è qualcosa che lega Maugeri e Cao. Entrambi, chi per un motivo chi per un altro, furono allontanati dopo vari declassamenti, dall’attuale amministrato delegato in seguito alla nomina nel 2005, quando su Eni iniziò a mettere le mani Silvio Berlusconi e fu fatta fuori la vecchia gestione Mincato.
Chi conosce bene i corridoi del gruppo petrolifero racconta che entrambi furono accompagnati alla porta «perché troppo intelligenti», capaci di contraddire le scelte di Scaroni e del suo cerchio ristretto, dove spuntano il direttore delle relazioni istituzionali Stefano Lucchini e Marco Alverà, responsabile commerciale dell’azienda, prima a Mosca e ora di stanza a Londra, lo stesso Bellodi. Maugeri è attualmente chairman of the U.S. Investment Fund Ironbark Investments e professore all’Harvard University. E’ stato consigliere di amministrazione di Polimeri Europa SpA (società dell’Eni nel settore petrolchimico), di Italgas e della Fondazione Mattei, ha insegnato al Mit (Massachusetts Institute of Technology), vanta collaborazioni con il Wall Street Journal, Foreign Affairs, Newsweek, Science, Forbes, Oil & Gas Journal: è anche editorialista de Il Sole 24-Ore
Secondo chi lo conosce Maugeri non avrebbe mai teorizzato la totale dipendenza della bilancia energetica nazionale italiana dalla Russia, vero e proprio “capolavoro” di Scaroni e Berlusconi. Questione di stretta attualità, dopo le rivolte in Ucraina e l’imminente referendum per l’indipendenza della Crimea. «Con Maugeri» – si lascia andare un esperto del settore – «forse, sarebbe andata diversamente, non ci sarebbe stata questa subalternità di Eni al sistema Gazprom e a una gestione talvolta un po’ opaca». Del resto, Maugeri ha sempre mostrato interesse a sviluppare rapporti in varie direzioni oltre a quelle tradizionali di Russia, Nordafrica e Golfo, come per esempio il Caucaso o l’Asia Centrale. In un’intervista dello scorso anno al quotidiano online Formiche parlava già del declino energetico del Cremlino: «Putin ha usato le materie prime per riaffermare la Russia come superpotenza, ma le materie prime non bastano più. In ogni caso, il loro uso in termini politici richiede intelligenza e flessibilità a seconda dei periodi storici»
Scaroni a sua volta è indagato per corruzione internazionale dalla procura di Milano nello scandalo delle tangenti algerine di Saipem ed è molto diverso da Maugeri. Il primo è vicentino, grande amico di Luigi Bisignani, Gianni Letta e Berlusconi, il secondo è un «ragazzone grande e grosso», toscano di origine, ma ormai cittadino del mondo, che dal sistema di potere italico si è sempre tenuto lontano. «Non è mai stato vicino alle casse di Eni», spiega un vecchio manager della gestione Mincato: «Per questo è il nome più appropriato per la successione». In realtà, il modello Eni-Gazprom di Scaroni appare secondo alcuni analisti condannato non tanto dal declino dell’era Bisignani-Letta-Berlusconi, quanto piuttosto dalla geostrategia del futuro: Putin sta diventando sempre più ingombrante, il Medio oriente e l’Asia centrale offrono soluzioni energetiche a buon mercato, persino sul futuro dell’Iran è possibile intravedere qualche forma di disgelo, Israele permettendo.
Da quel che si sa la successione a Scaroni non sarà una passeggiata. L’ex Enel è più combattivo che mai, da diverse settimane interviene sui giornali italiani e internazionali e continua a fare pressioni per la riconferma, sia su Renzi sia sul suo garante Silvio Berlusconi. C’è chi sostiene che alla fine sarà deposto, che Maugeri magari potrebbe arrivare in Eni come presidente, con Claudio De Scalzi, attuale direttore generale, come amministratore delegato. Renzi sostiene che come azionista di riferimento “prima farà la strategia e il programma”, poi definirà la “mission” di ciascuna azienda. E poi, in base a quello, sceglierà il management che deve eseguire. Ma su Eni i nomi sono pochi, Maugeri è uno di questi. E forse potrebbe far spostare il pendolo dei rapporti diplomatici dell’Italia dalla Russia agli Stati Uniti. Del resto, dall’altra parte dell’oceano continuano a non vedere di buon occhio la vicinanza di Scaroni a Vladimir Putin.