C’è uno spettro che si aggira per l’Europa. Si chiama Giulio Tremonti, l’ex ministro dell’Economia del governo Berlusconi, tornato in pista nelle ultime settimane in vista delle elezioni europee. Secondo quanto filtra nel centrodestra, sarebbe proprio «lui» l’unica figura che potrebbe risollevare a livello europeo le sorti di Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia, già piegati nei sondaggi dall’avanzata del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo. Il senatore del Gal, eletto a palazzo Madama con la Lega Nord di Roberto Maroni, continua a tenersi defilato. Ma le voci di corridoio dei palazzi romani raccontano che in tanti in questi giorni stanno bussando alla porta dell’ex numero uno di via XX settembre. Da settimane Silvio Berlusconi, ex presidente del Consiglio ormai in caduta libera per i guai giudiziari, continua a interpellarlo per capire come muoversi nell’imminente campagna elettorale. I due si sono visti nelle scorse settimane in quel di Arcore, villa Certosa, questa volta di sabato, vago ricordo degli storici lunedì quando si decidevano le sorte del governo dell’asse del Nord con Umberto Bossi.
Il punto è abbastanza chiaro. E il ragionamento di Berlusconi sarebbe questo: Tremonti è l’unico con un profilo spendibile a livello europeo. Insomma, al posto di Giovanni Toti o Licia Ronzulli o persino della figlia Marina, il professore potrebbe essere un capolista con argomenti più solidi da spendere per conquistare maggiori consensi. In molti sono scettici, anche perché l’ultima volta alle elezioni Tremonti la spuntò con la sua Lista Libertà e Lavoro solo perché inserito nel simbolo del Carroccio. Ma da ministro dell’Economia, Tremonti ha già affrontato i capi di stato degli altri paesi membri dell’Ue, è presidente dell’Aspen Institute, rete internazionale di lobby a cui sono legati persino Romano Prodi e Mario Monti. E poi ha dalla sua una campagna anti euro che dura da ormai due anni. Tremonti lo diceva già nel 2012 nel libro «Uscita di Sicurezza», ma adesso è in uscita una sua nuova fatica «Italia calpesti e derisi», anticipata l’11 febbraio del 2014 dal Foglio, il quotidiano diretto da Giuliano Ferrara.
Tremonti lo ha scritto nero su bianco. E ha già fatto balenare nel suo articolo sul Foglio di come possa raccontare temi scottanti che potrebbero diventare di attualità a stretto giro di posta. Scrive Tremonti riguardo a quanto contenuto nel suo libro: « Ad esempio, si porta alla luce la storia di come l’Italia è entrata nell’euro, che prezzi sono stati via via pagati e che “impegni” sono stati allora assunti per entrarci ed in specie, e da ultimo, cosa c’è dietro il caso dei segretissimi derivati “per l’Europa”, i contratti stipulati dai governi italiani negli anni 90, prima per “cucinare” i nostri conti pubblici e poi per entrare nell’euro. Proprio come poi avrebbe fatto la Grecia». Non solo. A più riprese ha fatto balenare l’ipotesi di un referendum sull’Euro e sull’Europa, tema che è stato annunciato già dal leader del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo.
Del resto, Tremonti appare in questo momento come il simbolo naturale del fronte antieuropeista in Italia. Da contrapporre a quello più morbido nei confronti dell’eurozona del Partito Democratico di Matteo Renzi, con un Massimo D’Alema in grande spolvero a livello di Pse e già in rampa di lancio per un posto da commissario europeo. Ha buoni rapporti con la Lega Nord di Matteo Salvini, ha frequentato negli ultimi mesi pure Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, ha ricucito i rapporti con Berlusconi e ha sempre speso dolci parole con i grillini. Nel 2012 parlava così dei pentastellati: «Non è antipolitica, è politica pura, buona politica, quella cattiva sono i nazisti in Grecia. Sono persone giovani che parlano di cose concrete, con impeto e slancio». In sostanza ramoscelli d’ulivo per tutti. Basterà per entrare in Europa? E diventare il vero teorico anti Merkel?