Portineria MilanoNomine, tra inchieste e riciclati Renzi rischia il caos

AZIENDE PUBBLICHE

Continua a diminuire la sabbia nella clessidra che misura i termini di scadenza delle nomine nelle grandi aziende statali. Manca poco. La tensione sale. E il caos sul risiko è totale. Il giro di boa ufficiale per sapere chi saranno i prossimi vertici di Eni, Finmeccanica, Poste, Terna o Ferrovie dello Stato sarà metà aprile, quando «i cacciatori di teste» di Spencer Stuart e Korn Ferry comunicheranno la lista dei pretendenti. Per legge, come stabilisce la direttiva Saccomanni del 2013, il premier Matteo Renzi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan dovranno attenersi a regole molto stringenti (qui il regolamento). 

Oltre alle questioni di tipo legale, «rinvii a giudizio per gravi reati o condanne anche in primo grado» a cui si sono aggiunte nuove direttive «sull’onorabilità» nell’ultima settimana, (che mettono in teoria fuori dai giochi diversi manager ndr), come spiega il regolamento, «al termine dell’istruttoria, nella quale saranno valutate le candidature pervenute, verrà quindi sottoposta al ministro una lista ristretta di nominativi unitamente ad una relazione di sintesi sui criteri di selezione adottati in relazione alle peculiarità della singola società e sui profili dei candidati proposti». La battaglia è ancora molto lunga. E vecchi e nuovi lobbisti si muovono con i piedi di piombo, nostalgici forse del periodo del Cavaliere Silvio Berlusconi, quando a prendere le decisioni erano il gran ciambellano Gianni Letta e l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti: si capiva dove andare e nel caso si passava da Luigi Bisignani, gran faccendiere della Repubblica. 

Ora invece c’è una sorta di vuoto di rappresentanza anche se proseguono le trattative sottobanco e c’è chi, tra i dirigenti, è già pronto a riciclarsi all’occorrenza, spostandosi da un’azienda all’altra con grande rapidità. Mentre Renzi continua a confrontarsi con i fidati Luca Lotti e Marco Carrai, nelle grandi aziende ci si confronta ogni giorno con un borsino altalenante. C’è chi parla di caos e di incapacità di gestione, aspetto che lo stesso Paolo Scaroni di Eni specificò qualche mese fa ribadendo che le aziende hanno bisogno di stabilità. Il piatto forte è sempre quello di Eni, il colosso petrolifero italiano, dove vacilla proprio la poltrona di Scaroni da amministratore delegato, mentre il presidente Giuseppe Recchi è già in pista per Telecom.

A San Donato scommettono che Scaroni sarà fuori dai giochi sin dalla prossima settimana, il 31 marzo per l’esattezza, quando a Rovigo arriverà la sentenza per il processo Enel Bis che vede imputato il manager vicentino (era ad all’epoca ndr) per disastro ambientale doloso. Il pm ha chiesto 5 anni di carcere. E questo processo, che potrebbe intersecarsi nel risiko delle nomine, potrebbe pesare pure sull’attuale ad di Enel, Fulvio Conti, anche lui imputato insieme con Scaroni. C’è chi sostiene che alla fine le grane giudiziarie non saranno determinanti – l’ad di Eni è pure indagato dalla procura di Milano per corruzione internazionale, ma questo dettaglio – si sostiene da più parti – potrebbe non essere decisivo, con interpretazioni diverse da parte di palazzo Chigi o del ministero dell’Economia: al momento la direttiva non vieta a Scaroni di essere nominabile. 

Sarà anche per questo che il nome di Scaroni continua a essere piazzato pure in altre aziende statali. Qualche settimana fa c’è chi lo quotava pure per Finmeccanica, al posto di un Alessandro Pansa sempre più traballante. In realtà c’è chi lo vedrebbe bene per un ritorno in Enel da presidente, ma «senza deleghe operative» si precisa. Insomma, un onore delle armi. Ipotesi e suggestioni. Di certo c’è poco. La matassa Eni è molto intricata, ma alla fine le ipotesi in campo continuano a diminuire. Il nuovo amministratore delegato dovrebbe essere Claudio Descalzi, attuale direttore generale. Si tratta, a quanto pare, di una scelta di continuità gradita sia all’interno sia all’esterno dell’azienda. 

Il nodo, insomma – a meno di colpi di scena come il giovane Lorenzo Simonelli di General Electric dato da Dagospia come possibile ad – è il presidente. Il ticket di qualche mese fa era appunto con Scaroni, ma l’idea sembra sia stata accantonata dallo stesso manager vicentino. Quindi sulla poltrona più alta, ora occupata da Recchi, circolano tre nomi. Quello di Leonardo Maugeri, il professore statunitense ex Eni esperto di energia, quello di Stefano Cao (ex numero uno di Saipem), oppure quello di Francesco Caio, attuale commissario per l’agenda digitale, nominato da Enrico Letta nel 2013. 

Caio è un nome molto caldo in queste ore, anche perché la sua permanenza all’agenda digitale si concluderà lunedì 31 marzo. L’esperienza non è stata delle migliori, ma come ogni manager di stato, l’attuale amministratore delegato di Avio e con un passato alle Poste gestione Corrado Passera, anche Caio potrebbe ottenere qualche ruolo in altre aziende pubbliche: Eni ma soprattutto Finmeccanica. Al colosso della Difesa di piazza Montegrappa sembra non ci siano dubbi sulla permanenza di Gianni De Gennaro, apprezzato molto dagli Stati Uniti e dal presidente Barack Obama appena transitato da Roma. Per il posto di Pansa si fa il nome di Giuseppe Giordo di Alenia. In Enel invece potrebbe arrivare come amministratore delegato Francesco Starace, attuale numero uno di Enel Green Power. Voci, solo voci, ma forse qualcuno, come diceva Antonio Di Pietro, alla fine c’azzecca.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter