Ristrutturazione del debito. Una strada brutale, che rischia di gettare il Paese in un caos finanziario ben peggiore di quello attuale. È questa la via che potrebbe decidere di intraprendere l’Ucraina. Lo ha detto espressamente il nuovo ministro delle Finanze Oleksandr Shlapak. «Stiamo pensando a una ristrutturazione», ha detto Shlapak. Traduzione: un default controllato. Parole che testimoniano quanto sia elevata la fragilità finanziaria del Paese. Nonostante siano stati posti in essere circa 12 miliardi di euro, lo spettro di un fallimento sovrano è sempre più concreto sopra i cieli di Kiev.
Dopo la quasi guerra civile, dopo gli echi di Guerra fredda, ora è arrivata la prospettiva di un default su una parte del debito pubblico. In pratica, un quadro che potrebbe portare l’Ucraina a essere dipendente dagli aiuti internazionali. O meglio, ancora più dipendente di quanto non sia oggi. L’eventuale ristrutturazione del debito ucraino vuol dire insolvenza. E insolvenza si traduce in mancato accesso ai mercati obbligazionari per un imprecisato numero di anni. I negoziati tra il governo guidato dal primo ministro Arseniy Yatsenyuk e il Fondo monetario internazionale (Fmi) si prospettano lunghi e perigliosi. Ecco quindi perché, come aveva già avvisato Standard & Poor’s, è facile che il Paese si dichiari insolvente su una parte del debito esistente. Uno scenario, quello del default, già presentatosi nel settembre 1998 e gennaio 2000.
Il debito pubblico ucraino è pari a circa 73,23 miliardi di dollari a fine gennaio 2014, secondo i dati pubblicati da Nomura. Di questi, 60,08 miliardi di dollari sono il debito pubblico puro, mentre la restante quota è quella relativa all’indebitamento secondario, quello garantito dallo Stato. Una cifra non enorme, in termini relativi. Quello che semmai preoccupa è la mole del debito con l’estero. Sempre secondo i dati elaborati da Nomura (ma con riferimento a fine febbraio, ndr), questo vale 37,57 miliardi di dollari, compresi circa 28 miliardi di debito puro. La posizione debitoria con l’estero non sembra essere insostenibile, a prima vista, ma per via degli alti rendimenti promessi negli anni passati, sta strozzando il Paese. Inoltre, questi debiti devono, e dovranno, essere pagati in valuta estera, proprio quando l’Ucraina sta fronteggiando una significativa erosione delle riserve valutarie estere, ora sotto quota 15 miliardi di dollari. A questo quadro già poco sereno si aggiunge anche la ridotta capacità di accesso al mercato obbligazionario dovuta alla precaria situazione politica. L’incertezza impedirebbe all’Ucraina di poter piazzare i propri bond in valuta estera con tassi d’interesse sostenibili. Una spirale mortale. E nessuno a Kiev è pronto a fare un salto carpiato per finire nelle mani dei creditori internazionali. Il problema è che, volenti o nolenti, ci finirebbero comunque.
L’Ucraina, e si sapeva anche prima degli scontri in Piazza Indipendenza a Kiev, ha bisogno di almeno 15 miliardi di dollari. È questa la quota che era stata negoziata con il Fondo monetario internazionale nel lontano 2008. Il programma di sostegno, come noto, era stato stoppato nel 2011. Ma questa è anche la cifra dei prossimi rimborsi in valuta estera che dovranno essere onorati da qui fino al 2016. Una parte arriverà dall’Unione europea, che fornirà «almeno 11 miliardi di euro» di aiuto nei prossimi due anni, come ha reso noto il presidente della Commissione Ue José Manuel Barroso. Di questi 3 miliardi di euro arriveranno dal budget europeo dei prossimi anni, 1,6 miliardi da prestiti Mfa (Macro financial assistence), 1,4 miliardi da un pacchetto di convenzioni e sovvenzioni specifiche. Ancora: altri 8 miliardi di euro potranno arrivare dalla European investment bank e dalla European bank for reconstruction and development. Infine, potrebbe essere attivato una linea di credito da 3,5 miliardi di euro grazie al programma Neighbourhood investment facility. A questi poi bisogna aggiungere il miliardo di dollari promesso dagli Usa. Ma la questione è più profonda.
Le risorse pronte a essere allocate serviranno alla ricostruzione, mentre bisogna occuparsi del debito esistente. L’obiettivo è alleviare il fardello sulle spalle dell’Ucraina. E per farlo, c’è una via quasi obbligata. La strada che porta alla ristrutturazione del debito è nota. In questo caso si tratterebbe, verosimilmente, di un reprofiling. In sostanza, un riscadenzamento dei bond selezionati. De facto, ciò che è successo con la Grecia nel marzo 2012, quando si selezionò un gruppo di obbligazioni e si riscadenzò la maturity, applicando un haircut (una svalutazione al valore nominale, ndr). Secondo Shlapak la discussione non riguarda gli Eurobonds, che sono bond emessi da un Paese in una valuta diversa da quella nativa. Nel caso dell’Ucraina, in dollari. Già a dicembre la Russia aveva esortato Kiev a non ristrutturare gli Eurobond, ma anzi aveva promesso un investimento da 15 miliardi di dollari. Detto, fatto. Infatti, le prime emissioni, cruciali per le casse ucraine, sono state oggetto dell’interesse di Mosca. Ma ora il vento è cambiato.
«Stiamo valutando tutte le opzioni di ristrutturazione, tranne quella degli Eurobond». È questa la posizione ufficiale dell’Ucraina, secondo quanto ha detto Shlapak al Wall Street Journal. Qualunque sia l’opzione finale, tuttavia, non ci sono dubbi su un aspetto. Un reprofiling del debito, anche solo di una sua parte, porterebbe il Paese a dichiarare un default. Queste sono infatti le linee guida dell’International swaps and derivatives association (Isda), l’organo di autoregolamentazione finanziaria in questi casi, che già ha curato l’evento creditizio (la ristrutturazione, ndr) della Grecia. E se i parallelismi con la Grecia non terminassero e dalle parole si passasse ai fatti, i creditori dell’Ucraina potrebbero intentare una serie di cause, come è successo anche ai tempi del default argentino del 2001, capaci di imprigionare il Paese per anni, limitandone le probabilità di una ripresa che a oggi sembra sempre più lontana. Finita (per ora?) la battaglia sulle strade, potrebbe quindi iniziare la guerra – tanto finanziaria quanto legale – sul futuro del debito ucraino. Dalla padella alla brace.