«Quelli della Lega mi dicevano di stare attento, a me che vengo dalla Toscana, perché si sarebbero presi l’Italia…». Lorenzo Borgogni, ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica durante la gestione Guarguaglini dal 2002 al 2011, scambia due chiacchiere con Linkiesta prima di entrare nell’aula del tribunale di Busto Arsizio dove l’ex amministratore delegato Giuseppe Orsi è sotto processo per corruzione internazionale. Borgogni, sigaretta elettronica in bocca e accento toscano, non è un testimone qualunque. È la gola profonda da cui sono partite le ultime indagini sul colosso della difesa italiana, che ha raccontato del sistema di potere che un tempo governava il Bel Paese, quello di Bossi e Berlusconi, di Tremonti, delle cene di Arcore o degli Ossi a Calalzo di Cadore. È il testimone da cui parte il «grosso» del processo a carico dell’ex numero uno di Agusta Westland accusato di aver intascato una tangente sulla commessa per 12 elicotteri AW101 venduti al governo dell’India al prezzo di 550 milioni di euro, soldi, circa 10 milioni, che poi sarebbero transitati al Carroccio. «Ho dato solo alcuni spunti ai magistrati e ripeterò quello che ho già detto». Detto fatto. Sentito dal pm Eugenio Fusco, Borgogni – che è stato già querelato dalla Lega Nord e dall’ex segretario Roberto Maroni – ha ripetuto parte di quello che era già scritto nero su bianco nei verbali.
Di particolare c’è che lo ha spiegato per la prima volta proprio di fronte a Orsi, partendo dai “tavoli” per le nomine nelle aziende pubbliche, da Eni a Finmeccanica, che hanno contrassegnato la Seconda Repubblica del Cavaliere e del Senatùr. Caso vuole che il suo sia stato uno degli ultimi racconti di una Lega Nord che non esiste più. Perché proprio nel giorno dei ricordi e delle indagini, al Senato sono stati presentati tre diversi emendamenti da Gianluca Susta di Scelta Civica, Loredana De Petris di Sel e Roberto Calderoli della Lega, con l’obiettivo di abbassare la soglia per le elezioni europee al 3% (ora è al 4%). Le proposte di modifica – allegate al disegno di legge che introduce la parità di genere per il voto del 25 maggio – sono state dichiarate ammissibili. I partiti più piccoli vogliono ripresentarli in assemblea perché sostengono deve essere garantito il diritto di avere una rappresentanza in Europa. In realtà, c’è il timore di non superare la soglia del 4% e non entrare in europarlamento. Un altro mondo da quello raccontato da Borgogni a Busto Arsizio.
I CONCILIABOLI PER LE NOMINE PUBBLICHE
Borgogni ha ricordato di essere stato capo delle relazioni esterne di Finmeccanica dal 2002 per poi dimettersi dopo l’addio di Guarguaglini. La prima domanda di Fusco ha riguardato Marco Milanese, ex deputato del Popolo della Libertà, secondo la gola profonda «segretario particolare del ministro dell’Economia Giulio Tremonti dal 2004». Milanese sarebbe diventato, stando alle parole di Borgogni, il plenipotenziario per le nomine nelle aziende pubbliche statali nel 2008, solito valzer a cui si sta apprestando lo stesso governo Renzi nella primavera del 2014. Prima, nel 2002, lo era invece Aldo Brancher, ex deputato del Pdl, di Belluno, già coinvolto nell’indagine Antonveneta e Banca Popolare di Lodi sempre seguita da Fusco, anello di congiunzione tra Umberto Bossi e Silvio Berlusconi. «Brancher mi invitò a partecipare a questo tavolo – ha detto in aula Borgogni – a cui partecipavano Cesa per l’Udc, Ignazio La Russa, Forza Italia e Giancarlo Giorgetti per la Lega. Brancher dirigeva il tavolo, ma io mi rifiutai di partecipare, anche perché non capivo con quali competenze avrei dovuto esserci: mi limitavo a fornire loro delle informazioni sui consiglieri di amministrazione».
LA NOMINA DI ORSI E LE PRESSIONI DI LEGA NORD E CL
Parte del processo ruota intorno alla nomina di Giuseppe Orsi ai vertici di Finmeccanica il 4 aprile del 2011. Interrogato a riguardo, Borgogni ha spiegato di come con Guarguaglini si fosse già parlato della successione ai vertici di piazza Montegrappa nell’estate del 2010. I tre profili che l’ex presidente aveva segnalato erano quelli di Giuseppe Zampini, amministratore delegato di Ansaldo Energia, di Alessandro Pansa, all’epoca direttore generale ma ancora troppo poco «maturo» stando a quello che avrebbe detto Guarguaglini, e infine proprio Orsi, su cui però c’era scetticismo perché avrebbe avuto una gestione «poco trasparente» in Agusta Westland. Su questo Fusco ha chiesto conto a Borgogni delle assunzioni dei figli del parlamentare del Pd Nicola Latorre in Agusta o anche della figlia di Massimo Ponzellini, ex numero uno della Banca Popolare di Milano. In ogni caso, Tremonti, secondo Borgogni, aveva rassicurato Guarguaglini sulla nomina del nuovo amministratore delegato, ma il 2 aprile del 2011 dopo una riunione a Milano tra Gianni Letta, Giorgetti, Calderoli, Berlusconi e Tremonti, a prendere quel posto sarà proprio Orsi. Su questo passaggio si era già espresso Zampini, durante un interrogatorio con Fusco il 14 novembre del 2012, dove aveva parlato anche del ruolo di Roberto Maroni. E alla domanda del pm su un eventuale ruolo dell’allora ministro dell’Interno, Borgogni ha detto che quest’ultimo non era al tavolo ma «tramite Letta arrivavano notizie che Maroni e la componente di Cl, forse (Roberto) Formigoni premevano per la nomina di Orsi».
LA REPLICA DI SALVINI E DELL’AVVOCATO DI ORSI
«Vi ricordate le presunte “tangenti” che la Lega avrebbe preso da Finmeccanica per vendere elicotteri in India? Erano tutte palle, è emerso dal processo» ha scritto il segretario Matteo Salvini su Facebook. In realtà il processo va avanti. E lo stesso pm Fusco, di fronte alle proteste di Ennio Amodio, avvocato di Giuseppe Orsi, per l’interrogatorio a Borgogni, ha spiegato che le domande fatte servono per capire «se Maroni ha preso la tangente da 10 milioni di euro da Orsi». L’ex responsabile delle relazione esterne di Finmeccanica ha spiegato di aver raccolto «voci insistenti» riguardo a presunte tangenti pagate dal gruppo per ottenere l’appalto per 12 elicotteri dall’India. Ha sostenuto però di non aver svolto accertamenti sulla vicenda. In più alcune accuse alla Lega sarebbero state mosse da alcune lettera anonime giunte allo stesso Borgogni e ai magistrati. In sostanza, per Amodio quella di Borgogni si è rivelata una «pseudo testimonianza priva di basi non solo riguardo al processo ma anche per quanto riguarda le fonti del processo stesso». Ma il processo continua. E nelle prossime settimane sarà interrogato Zampini, altro accusatore della Lega Nord. E le elezioni europee si avvicinano, con il rischio, per la Lega di scomparire.