È il peggiore font del mondo, è il font più amato del mondo, è il font più fastidioso del mondo. La storia del Comic Sans è uno scherzo vecchio ma, in media, ogni cinque minuti su Twitter c’è ancora qualcuno che se ne lamenta. E specialmente quest’anno che il font compie 20 anni — è stato disegnato nel 1994, anche se la pubblicazione risale al 1995 — è il caso di fare un discorsetto a riguardo.
(Una nota necessaria: c’è chi dice che la parola font sia maschile e chi dice che sia femminile. Entrambe le campane hanno le loro ragioni. Alcuni dicono che arrivi dal francese fonte e che quindi bisognerebbe dire la font, altri dicono che, usandola noi come calco dall’inglese ed essendo traducibile in “carattere tipografico”, bisognerebbe dire il font. Io lo uso al maschile perché l’ho sempre sentito dire così, perdonatemi se voi siete tra quelli a cui suona strano.)
Il Comic Sans è un carattere tipografico progettato e disegnato nel 1994 da Vincent Connare, un designer che dal 1993 al 1999 ha lavorato per Microsoft. Oltre ad aver creato il Comic Sans, Connare è anche autore di un altro font molto noto, il Trebuchet, e ha collaborato anche alla creazione del Verdana. I suoi caratteri tipografici sono diventati immensamente popolari grazie alla scelta di Microsoft di includerli nel pacchetto di font base di Windows. Sono, senza dubbio, alcuni tra i caratteri più diffusi al mondo. Con la disperazione di molti.
Una cosa va detta del Comic Sans: non è nato come carattere tipografico. È nato come risposta a una necessità ben precisa: dare voce a un cane a cartoni animati. Rover è il nome del cane in questione, ed è l’assistente (immaginatevelo come Clippy di Word) di un fallimentare programma di Microsoft chiamato Microsoft Bob. Il programma doveva essere un’interfaccia grafica semplificata che aiutasse chi non aveva mai preso in mano un computer a capirne le metafore e a usarlo al meglio. Rover, il cane, faceva da guida all’utente, aiutandolo e suggerendo possibilità e risposte. Quando gli sviluppatori di Microsoft mostrarono a Connere i prototipi di Microsoft Bob, il designer si rese subito conto di un problema: dalla bocca del cane uscivano dei balloon e i testi dentro ai balloon erano scritto in… Times New Roman. Ora, il Times New Roman è un carattere tipografico nato per un quotidiano (il The Times, poi ci torniamo) e non è certo adatto per dare la voce a un cane a cartoni animati. Connere torna nel suo ufficio, tira giù dagli scaffali i suoi fumetti (nello specifico ne cita due: Watchman di Alan Moore e Il ritorno del cavaliere oscuro di Frank Miller) e si mette a lavorare a quello che sarebbe diventato il Comic Sans. Copia le lettere che più gli sembrano interessanti dai balloon scritti a mano dei fumetti e disegna un font che permetta al cane cartoon Rover di parlare, be’, come un cane cartoon.
Connere finisce una prima bozza del Comic Sans e la porta agli sviluppatori di Bob. Ma c’è un problema: i ballon per i testi di Rover sono stati creati per il Times New Roman e il Comic Sans ha lettere e spaziature troppo grandi per entrarci con facilità e, alla fine, Microsoft Bob esce senza il font disegnato da Connare. Magra consolazione, il Comic Sans viene usato per il logo di Microsoft Bob.
Connare, insomma, ha progettato il Comic Sans per quello specifico uso, senza aspettarsi molto altro. Ma come tutti sappiamo, le cose sono andate diversamente. Microsoft chiede a Connare di completare il Comic Sans (all’inizio esistevano solo le lettere maiuscole) e lo include nel programma di montaggio video MS Movie Maker. Ma è solo quando l’azienda decide di inserirlo nella versione definitva di Windows 95 che il Comic Sans diventa veramente popolare. E che inizia la piaga Comic Sans.
La storia del Comic Sans è emblematica, dimostra una cosa difficile da spiegare ma facile da intuire: ogni carattere tipografico è il tono di voce di un testo scritto. Dentro a un font si possono leggere molte cose, come in un opera d’arte. Ma esattamente come i colori freddi di un quadro trasmettono un senso di quiete e i colori caldi trasmettono un senso di energia, le forme di un carattere tipografico comunicano. Ci danno delle informazioni sul tono del testo: serio, leggero, moderno, tradizionale, deciso, sussurrato e così via.
Torniamo al Times New Roman, uno dei caratteri più conosciuti al mondo perché per anni è stato il font che Microsoft Word offriva come predefinito. È un carattere che trasmette serietà (è il font ufficiale dei documenti degli Stati Uniti, per dire) ma non è nato solo con quello scopo. È nato nel 1931 per rendere più leggibile il The Times, il giornale per cui è stato creato, e migliorare la struttura delle colonne di testo del quotidiano. I caratteri tipografici, esattamente come l’architettura, stanno in quel difficile spazio che esiste tra ciò che è forma e ciò che è funzione.
Esattamente come il Times New Roman, il Comic Sans ha un ruolo, dichiarato o sperato. È un font nato con uno scopo preciso che è sfuggito di mano prima al suo creatore e poi anche a noi. E ora più che giudicarlo per quello che è, è sensato giudicarne l’uso che ne facciamo.
Non sei tu, sono io
In un’intervista al sito fonts.com, Connere parla del perché secondo lui il Comic Sans è diventato così popolare: «le persone normali, che non sono né tipografi né designer, scelgono il Comic Sans perché gli piace. È semplice. Il Comic Sans non è complicato, non è sofisticato, non è un carattere vecchio come uno di quelli da giornale. È divertente — ed è per questo motivo che piace alla gente». Pure troppo, dicono quelli che odiano il Comic Sans, stufi di vederlo usato nelle email, nei cartelli, sulle etichette e, come testimonia il blog Osservatorio Comic Sanspersino negli annunci mortuari.
Ma a chi odia il Comic Sans va ricordata una cosa: la colpa non è sua, non è un font peggiore di altri, non ha niente di intrinsecamente sbagliato. La colpa è nostra, che lo usiamo praticamente sempre a sproposito. Abbiamo tante scuse, certo. Nessuno ci ha mai insegnato a usare caratteri tipografici diversi a seconda di cosa volevamo dire e non avevamo modelli da copiare. Era l’alba dell’era digitale, era il primo momento in cui chiunque poteva stampare qualsiasi cosa e non avevamo (e spesso ancora non abbiamo) idea di cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato. Persino Microsoft Bob, il programma che doveva insegnarci a usare i computer, ci parlava con il tono di voce sbagliato. E poi, forse, eravamo semplicemente alla ricerca di un po’ di calore umano, un carattere che permettesse di ritrovare un pezzetto della scrittura a mano libera che usavamo fino a un secondo prima anche dentro ai computer. D’altra parte, per fare il Comic Sans, Connare ha copiato delle scritte fatte a mano.
Ma anche se ormai il Comic Sans è uno scherzo vecchio, su di lui rimane un marchio d’infamia. Senza nessuna colpa, è diventato il cattivo, il nemico, lo sbagliato. Quando invece, quelli sbagliati eravamo noi. L’unico veramente innocente è il povero Rover, che dopo 20 anni continua a parlare come un giornale del 1932 invece che, più appropriatamente, come il cane a cartoni animati che è.
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